CASERTA. Pasquetta e la rogna dei “campetti” che ogni anno si fa finta di non vedere…
22 Aprile 2025 - 18:08

Caserta (pm) – Per definire la Reggia, le iperbole si sprecano: capolavoro vanvitelliano, gioiello architettonico, location magnifica, unica o stupenda a seconda dei casi. E’ più che giusto, ci mancherebbe. E poi la rivendicazione di essa come bene Unesco, immancabile nei discorsi di tutti i politici, che ci infilzano poi l’affermazione immancabile di Caserta come città a vocazione turistica, come il cacio sui maccheroni.
Per i comuni casertani, si può capire, per il semplice motivo che non hanno nessun dovere specifico di valorizzazione del monumento e lo avvertono come lo avvertono. Ma per la classe politica che governa la città, questa retorica che sfiora l’imbonimento è intollerabile. Perché il compito di essa non è dire, ma fare, fare concretamente e con dei risultati. Invece, cambiano le giunte perché cadono per via politica o per ragioni di ordine pubblico come questa di Carlo Marino (il quale, per inciso e a nostro giudizio, schermendosi con un annunciato appello al TAR esibisce una pericolosa inconsapevolezza, quasi non si sia mai accorto di quello che di clamoroso capitava a Palazzo Castropignano dove lui stava bel bello da nove anni e che ha condotto alla misura dello scioglimento) e piazza
Per i campetti, da alcuni anni documentiamo quello che succede nella piazza monumentale ed all’intorno nel giorno di Pasquetta e siamo costretti, nell’attesa che le cose finalmente cambino, a constatare sempre le stesse usanze, le stesse abitudini, lo stesso malcostume, che hanno fatto il loro tempo e oggi non sono più comprensibili per una comunità socialmente avanzata.
Partiamo dalla considerazione che piazza Carlo di Borbone è un bene storico-architettonico inscindibile con la Reggia, per ragioni che non dobbiamo certo motivare talmente sono evidenti. I suoi spazi con prati e siepi hanno una funzione estetica ed ornativa e non sono certo il parco urbano per lo svago ed il tempo libero nella natura di tutti i parchi pubblici cittadini. E senza dire che anche per questi o per i giardini comunali esistono ovunque limitazioni d’uso.

gli ampi prati, rispettato
In questa evidente, elementare, ovvia prospettiva l’allora sindaco Del Gaudio emanò una sua sacrosanta ordinanza, la n.39 del 2013, con la quale si stabilivano i divieti di calpestare le aiuole e di introdurre i cani di affezione, sotto comminatoria di apposite sanzioni. Solo che, nel corso di tutti questi lunghi anni, tali prescrizioni sono rimasta lettera morta, a segno del degrado civile e della incoscienza della città e della incapacità amministrativa di chi dovrebbe governare il capoluogo. All’opposto, una puntuale azione di comunicazione, di vigilanza e di controllo della direzione della Reggia, ha debellato il fenomeno dell’invasione del parco reale da parte di gitanti vari e comitive, che fino a non pochi anni fa erano stati capaci di organizzarvi persino la classica “braciata” di carne o di fare il bagno nelle fontane.
Puntualmente, ieri e purtroppo, abbiamo assistito alle scampagnate di sempre sui prati della piazza e sotto le alberature che la contornano , quelle tipiche della gita fuori-porta, con tutte le manifestazioni pittoresche che le accompagnano.
Gente stese al sole a dorso nudo. Le partite di pallone. Le rincorse in bicicletta. Le mangiate e le bevute in comitiva al suono della musica o delle chitarre sui mesali –che molti edulcorano in plaid – stesi a terra occupati da ruoti e teglie e marènne ben nutrite. Immancabili i cani sguinzagliati dappertutto, perché nella vulgata animalista che cosa hanno da meno degli uomini perché non siano liberi di andare dove vogliono?
E per paradosso queste scene sono avvenute, ancora una volta, sotto gli occhi delle forze di polizia in servizio di controllo. Evidentemente o non credevano di dover controllare, se ancora siamo in uno stato di diritto, o il populismo e la demagogia ormai hanno corrotto i più elementari principi della convivenza civile, per cui se ne sono guardati bene pensando alla cagnara, alla reazione in massa che se ne sarebbe scatenata.
Naturalmente il problema è di lunga data e andrebbe affrontato nei modi debiti, ma con fermezza. Come ha fatto la Maffei per il bosco ed il parco reali, a dimostrazione del fatto che volendo si può. Temiamo, invece, che, durante il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica che il prefetto ha tenuto in vista di tale giornata, ai fini dell’ottimale impiego delle risorse di uomini disponibili, opportunisticamente non se ne sia neanche parlato. Per quanto aspetto noto ed atteso.
Penseremo male, ma i fatti ci fanno credere che siamo nel pieno della politica dello struzzo, a cui si sono dati da tempo le istituzioni pubbliche quando sono alle prese con questioni ardue. Giacché qualunque soluzione adottata può scatenare facili polemiche e contestazioni avventate e strumentali, quelle che ormai nessuno è in grado più di arginare in questo clima di democratismo, si rifugiano nella indeterminatezza e nella vaghezza e pazienza per la certezza del diritto. La loro sola speranza è che non capiti nulla.