CASERTA. Ricchi, ricchissimi, praticamente….senza mutande. Carlo Marino “Bella Ciao” come Lino Banfi, lascia Marcello De Rosa nel “Pepe Nero” e corre a Falciano del Massico da Zannini e Magliocca. Vuol fare il presidente della Provincia

27 Ottobre 2021 - 11:54

Non si tratta di un’ambizione nuova, visto che l’ultima volta ci ha già provato riportando una sconfitta bruciante, frutto anche del voto trasversale che il consigliere regionale già allora del centrosinistra Giovanni Zannini sviluppò a favore di Magliocca. L’altro ieri sera, l’esilarante scenetta che ricorda uno dei film più noti del filone divenuto genere apprezzato anche da grandi registi come Quentin Tarantino della commedia sexy all’italiana

 

CASERTA – (g.g.) Da anni scriviamo di essere totalmente d’accordo con il grande maestro della regia Quentin Tarantino, uno dei registi viventi che considera il filone della cosiddetta commedia sexy all’italiana, una sorta di stilema di un cinema divertente, brioso, denso di vera comicità e anche meno banale di quanto appaia. Insomma, un vero e proprio genere.

Lo condividiamo nel senso che comprendiamo bene il ragionamento esposto da un grande intellettuale non afflitto dall’incultura del conformismo. E dunque questa nostra particolare passione ha immediatamente evocato in noi certe scene fondamentali, certe modalità più volte utilizzate in queste pellicole proprio come parte di uno “stile generale”, di un registro tipico della grande scuola della commedia, della grande scuola della farsa teatrale, se ci pensate bene, allo stesso modo con cui Eduardo Scarpetta utilizzava delle trovate standard che adattava a tante sue commedie, legate da un unico filo conduttore, cioè il nome del protagonista, sempre, immancabile Felice Sciosciamocca.

E menomale dunque che tutto serve nella vita. Anche se, a voler essere proprio precisi, il Carlo Marino di lunedì sera e le due cene svoltesi in contemporanea a 35, 40 chilometri di distanza, sono il parente povero, molto più scadente degli esilaranti personaggi, il più delle volte interpretati dal grande Lino Banfi, costretti a un vero e proprio tourbillon di trasferimenti immediati da una camera d’albergo all’altra, da una camera alla hall dell’albergo tra corse a perdifiato, cadute, ribaltamenti, così come succede nel secondo episodio del film “Ricchi, ricchissimi…praticamente in mutande“, quando un esilarante Banfi che recita la parte di un imprenditore arricchito con la produzione dei salumi, si innamora di una finta nobildonna tedesca dietro alla quale invece si nasconde una truffatrice veneta, che lo lascia, per l’appunto, in mutande dopo averlo irretito con il gioco delle carte e con sexy ammiccamenti.

Però, proprio a questo abbiamo pensato, proprio all’industriale Mario Zamboni, quando ci hanno raccontato della serata trascorsa dall’appena riconfermato sindaco di Caserta Carlo Marino, che vive, ultimamente, in una sorta di nuvoletta incantata, in uno spazio sconosciuto al suo carattere, di solito freddo e calcolatore, in un’euforia che si esprime in stati d’animo e in codici di azione per i quali non è collaudato.

Prima scena: ristorante Pepe Nero, cena per festeggiare la vittoria elettorale di Caserta con tanti invitati, soprattutto neo consiglieri comunali, aggiunti alla schiera di un ormai consolidato cerchio magico del sindaco. A quel tavolo c’è anche un jolly d’eccezione, che per, Carlo Marino, evidentemente, è un ospite d’onore: il sindaco di Casapesenna Marcello De Rosa.

Chi segue questo giornale, sa bene che l’entusiastico sostegno, l’attivismo con cui De Rosa ha seguito la campagna elettorale per le comunali di Caserta, facendo tutto quello che era nelle sue possibilità perchè Marino rivincesse, nasconde, ma poi fino ad un certo punto, perchè lui lo ammette tranquillamente, l’obiettivo di essere il candidato del centrosinistra alle elezioni provinciali, fissate per venerdì 18 dicembre.

Marcello De Rosa ha investito proprio su Carlo Marino. Cioè su colui che la volta scorsa la fece sotto al naso a lui e a qualche altro pretendente, andando a sfidare Giorgio Magliocca al tempo candidato del centrodestra e vincitore a sorpresa, grazie all’aiuto ricevuto da Giovanni Zannini, il quale, approfittando del particolare sistema elettorale che prevede due schede distinte e separate, una relativa al voto per il presidente, un’altra a quello per il consiglio provinciale, sostenne la propria lista collegata a Carlo Marino, ma votò disgiunto per Magliocca con il quale già aveva realizzato le prime intese trasversali, legate ad una indubbia affinità caratteriale, di mentalità e di atteggiamento rispetto all’agire in politica. Un rapporto, consolidatosi, negli anni successivi, al punto da convincere Magliocca a lasciare il centrodestra e ad iscriversi al partito di Zannini.

La scena del Pepe Nero era come quella in cui il cavalier Zamboni lasciava la hall dell’albergo dove, a un tavolo, era seduta la insopportabile moglie, l’ancor più insopportabile figlia e altri ospiti, per scappare nella camera della bellissima nobildonna tedesca. Insomma, l’uomo è cacciatore, moglie brutta, adescatrice bella, il resto vien da sè. Ma la moglie va mantenuta, perchè serve, soprattutto per conservare una dote economica. E allora ascensore, scale, spericolati spostamenti.

L’altra sera Carlo Marino le corna le ha messe a Marcello De Rosa. Questi era venuto a Caserta apposta per lisciargli ancora una vota il pelo e per fargli capire che tutto l’aiuto morale e materiale datogli durante la campagna elettorale, avrebbe dovuto essere riscontrato ora o mai più, con l’appoggio alla sua candidatura a presidente della provincia.

Scusa, Marcello, vado un attimo in bagno. In un baleno, telefonino attaccato all’orecchio, Carlo Banfi detto Marino infila la porta di uscita, entra in un’auto con cui solca la notte per almeno 20 minuti, fino ad arrivare all’altro capo della provincia, precisamente a Falciano Del Massico, quartier generale di Giovanni Zannini, ma soprattutto feudo incontrastato dell’imprenditore Pasquale Capriglione, patron delle cooperative sociali che in questo periodo vanno molto di moda dopo lo scandalo giudiziario verificatosi a Salerno, con coinvolgimento degli uomini più vicini a De Luca.

Lì c’era un’altra cena. Perchè Zannini, nonostante i consigli che molti gli stanno dando, consumava il rito dell’ennesima mangiata pantagruerica, l’ennesima cena pre-notturna, circondato da un gruppo di adoranti, di cui Capriglione è centuria avanzata e guardando tutti gli affidamenti, tutte le gare da lui vinte nei comuni dove ci sono sindaci attaccati a Zannini con il vinavil, si capisce anche il perchè.

Nella sala arriva Marino. Saluta e si apparta con Zannini e Magliocca, presente, ovviamente, a sua volta. Non è improbabile che abbia riferito su ciò di cui aveva parlato fino a mezz’ora prima con Marcello De Rosa. Ecco qua, abbiamo capito: Magliocca vuole ricandidarsi fortissimamente a presidente, ma anche Marcello De Rosa vuole candidarsi. Magliocca, a cui non ha mai fatto difetto l’autostima, ritiene addirittura che attorno al suo nome, possa coagularsi una sorta di comitato di salvezza nazionale. Anzi, non di salute nazionale, ma internazionale, con tutte le sigle dei partiti abolite, il Pd, Italia Viva, perchè no, la Lega, Fratelli d’Italia, in modo che queste contribuissero in sottordine, in punta di piedi, ognuno appoggiando e facendo eleggere un paio di propri candidati ma consentendo a Magliocca di ottenere una sorta di plebiscito alla bielorussa maniera.

Ovviamente, noi, che il buon Giorgio lo conosciamo da anni, sappiamo che ogni tanto lui parte con questi pensieri tra l’onirico e il fantascientifico, ma poi, come si suol dire, si ripiglia.

In un braccio di ferro tra il sindaco di Casapesenna e Giorgio Magliocca, occorre un terzo nome. Questo è il pensiero fabbricato da Carlo Marino, il quale probabilmente, prima gasa Marcello De Rosa durante la campagna elettorale, poi allarga le braccia e gli dice della irriducibilità e della determinazione di Magliocca, al quale facendo il Lino Banfi della situazione che salta da una cena all’altra, formula la stessa narrazione a parti rovesciate.

Ricostruiamo il filo del pensiero cucito dal sindaco di Caserta l’altra sera: chi meglio di me, chi meglio del sindaco appena rieletto a Caserta, reduce da un patto di ferro stipulato con Giovanni Zannini, può essere l’uomo in grado di mettere d’accordo tutti, compreso il Pd di cui fa parte e che per giunta rappresenta a capo della sezione regionale dell’Anci?

Un piano con un epilogo alla Carlo Marino, cioè con l’approdo ad una rivincita postuma e a freddo che questi andrebbe a prendersi su quel Magliocca lì che, con una certa abilità, anni fa, lo battè contro ogni pronostico.

Oddio, non è che Zannini sia rimasto molto convinto, guardando Carlo Marino lasciare il salone delle feste di Falciano del Massico per tornare magari trafelato di nuovo a Caserta senza ovviamente riferire nulla del suo allontanamento improvviso. Però, per Zannini, già rappresenta un problema il Pd pronto a fare sicuramente pressioni su De Luca e anche sul figlio di questi, il quale ha sicuramente un’affinità che lo mette naturalmente, cioè biologicamente, in sintonia con Zannini, sensibile come lui ai cerchi magici, ma da vice capogruppo alla Camera del Pd, non potrebbe tirare la corda più di tanto, per sostenere la candidatura a presidente della provincia di uno che il presidente lo fa ancora oggi, ufficialmente come espressione del centrodestra e che, ancora oggi, è un iscritto a Forza Italia, titolare peraltro di una carica in uno degli organismi nazionali del partito fondato da Berlusconi.

Ecco perchè quella di Marino è una opzione di cui tenere conto, rafforzata dalla circostanza, tutt’altro che irrilevante, che lui, il sindaco, al colmo dell’euforia, dell’allegria, pervaso da quel senso di invincibilità che gli fa pensare, probabilmente non in maniera infondata, di essere il più dritto del mondo, un intoccabile assoluto, scevro da ogni rischio reale di incorrere negli strali concreti della magistratura. Tanto dritto da aver fatto bere al popolo bue la balla che lui sia un antifascista e un anti leghista, quando in realtà, se ci fosse la possibilità, ad esempio, di andare a fare il sottosegretario in un ipotetico prossimo governo di centrodestra, ci impiegherebbe un nanosecondo per andarsi a fare anche una bevuta d’acqua alla sorgente del Po, intervenendo poi con un fazzoletto verde a Pontida, riguadagnando la sua auto al canto di “Faccetta nera” e sostituendo fazzoletto e camicia verde con fazzoletto e camicia nera.

Cosa succederà ora? Vedremo. E’ in corso un timido tentativo del Pd casertano di dare un senso politico al percorso di definizione della candidatura a presidente della provincia. Sullo sfondo, c’è ancora il sindaco di Santa Maria Capua Vetere Antonio Mirra, il quale a sua volta ci pensa da anni, dato che la poltrona di primo cittadino l’ha avvertita sempre (ecco un altro dotato di uno straripante super ego), come una sorta di camicia di forza, un qualcosa al di sotto delle sue qualità e conseguentemente delle sue ambizioni.

La notizia è che i nomi in ballo sono tre, dunque. Quello del sindaco di Parete, Gino Pellegrino, altro zanniniano di ferro, diviene, infatti, di cui pure si era parlato nei mesi scorsi, diviene infatti una opzione remotissima. Chiaro che, in una maniera o nell’altra, il Pd dovrà assumere una posizione. La qualità e le prospettive della stessa dipenderanno dal fatto che l’equilibrio sia fondato su un accordo leale (sì, campa cavallo) tra il presidente del consiglio regionale Gennaro Oliviero e il trombato Stefano Graziano. Successivamente occorrerà che questa posizione di equilibrio vada ulteriormente e complicatamente ad equilibrarsi con le idee di Giovanni Zannini, che al Magliocca ha promesso il possibile, ma soprattutto, l’impossibile.

Come potete ben capire, si tratta di un percorso abbastanza complesso ed accidentato.

Per quanto ci riguarda, ed è l’unica considerazione che formuliamo a margine di questo articolo, ci auguriamo solo che nel tentativo di trovare queste quadre, non si vadano a firmare, con promesse al ribasso, moratorie e amnistie su quelle strutture di illegalità, consorzio idrico in primis, rispetto alle quali aree del Pd si sono sempre dissociate, estendendo le loro critiche e molti degli stessi concetti per quell’altro luogo, a nostro avviso pervaso dalle ombre, che di nome fa Asi.

Staremo a vedere.