CLAN DEI CASALESI, altro che programma di protezione. Ecco come Walter Schiavone aveva trasformato la sua casa segreta per continuare a dare ordini a CASAL DI PRINCIPE

8 Settembre 2021 - 13:08

Nell’ultimo stralcio dell’ordinanza con cui si conclude la lunga trattazione iniziata tre mesi fa, viene raccontato un episodio che fa anche riflettere sui meccanismi spesso di manica troppo larga con cui lo Stato spende fior di quattrini per proteggere persone che in realtà, come dice Walterino al suo interlocutore, entrano nei programmi solo per farsi mantenere

 

CASAL DI PRINCIPE – Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli Isabella Iaselli, uno dei magistrati d più lunga e collaudata esperienza nella stesura di ordinanze di camorra, considera, aggiungiamo noi, giustamente, un elemento che rafforza l’accusa a carico di Walter Schiavone, il fatto che questi avesse violato tutte le regole dei programmi di protezione attivati dallo Stato a favore dei collaboratori di giustizia.

Solamente lui, infatti, ha potuto fornire a Benedetto Diana informazioni sull’indirizzo dove veniva protetto da quando aveva deciso di partecipare al programma in funzione del pentimento di suo fratello Nicola. Questa violazione, secondo il giudice, fa capire che Walter Schiavone aveva bisogno di governare le attività criminali anche da dove si trovava, come, del resto, fece effettivamente. Nella conversazione tra lui e questo Benedetto Diana, “Walterino” spiega di aver aderito al programma di protezione, per difficoltà economiche, non essendo in grado di sostenere il proprio nucleo familiare.

Insomma, nessuna scelta di campo ma solo un’operazione di mero opportunismo, tanto è vero che violando le regole, forniva l’indirizzo della sua casa protetta a soggetti che arrivavano a Casal di Principe e ai quali ovviamente forniva indicazioni o dava direttive per quel poco di attività criminale che poteva essere ancora sviluppata dopo il clamoroso pentimento di Nicola Schiavone e l’uscita di scena di larga parte della famiglia a partire dalla madre Giuseppina Nappa, partita per destinazione ignota nel nord Italia, insieme alle due figlie Chiara ed Angela Schiavone.

Il dettaglio delle visite che Benedetto Diana fa a Walter le potete leggere nello stralcio che pubblichiamo in cale. Vi diciamo solamente che tra il 2 dicembre 2018 e il 3 febbraio 2019, in pratica due mesi, Benedetto Diana entrò nella casa di Walter Schiavone per ben 6 volte. Difficile pensare che si trattasse solo di visite di cortesia, quand’anche illegali. Naturalmente, a disposizione del suo amico, furono messi, da parte di Walter, anche i nuovi recapiti telefonici riservati, anche questi frutto dell’inserimento nel programma di protezione.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA

Tra le altre cose, emergeva la volontà di Walter Schiavone, una volta terminata la misura cautelare degli arresti domiciliari (disposta nel processo citato), di far ritorno nel paese di origine e riprendere “l’attività”. Emergeva altresì che, in violazione delle più elementari regole attinenti al programma di protezione, lo Schiavone, sia il 2 che il 9 dicembre 2018, riceveva la visita a pranzo del citato Diana Benedetto, il quale prendeva contezza sia del domicilio assolutamente riservato della famiglia Schiavone, che dei recapiti telefonici aggiornati – e riservati – del medesimo Walter Schiavone.  

Le visite vietate del Diana si ripetevano anche il 17.12.2018, il 9.1.2019, il 13.1.2019 ed il 3.2.2019. In tali occasioni lo Schiavone Walter rimarcava la sua “scelta forzata” di aver aderito al programma di protezione, unicamente per asserite difficoltà economiche patite, non essendo in grado altrimenti di sostenere il proprio nucleo familiare; affermazione, peraltro, vera solo in parte, alla luce delle redditizie attività illecite disvelate dalle indagini svolte proprio in questo procedimento.