Comandante dei vigili urbani arrestato e poi assolto. I giudici: “Niente risarcimento, innocente ma coinvolto”

15 Luglio 2025 - 09:58

Il concetto di colpa grave, in questo caso del capo dei caschi bianchi di San Felice a Cancello, viene utilizzata dalla Cassazione per motivare l’assenza dell’errore giudiziario e quindi del diritto all’indennizzo per ingiusta detenzione

SAN FELICE A CANCELLO – La Corte di Cassazione ha definitivamente negato il risarcimento per l’ingiusta detenzione a Francesco Scarano, ex comandante della polizia municipale di San Felice a Cancello, coinvolto nell’inchiesta sugli appalti pilotati nella città della valle di Suessola. La decisione della Suprema Corte conferma quanto già stabilito dalla Corte d’Appello di Napoli: l’istanza di riparazione è stata respinta per la presenza di una colpa grave, ostacolo giuridico al riconoscimento del risarcimento.

Scarano, insieme all’ex sindaco Pasquale De Lucia, al dirigente dell’Utc Francesco Auriemma e a diversi imprenditori locali – tra cui i fratelli Giuseppe e Luigi Raffaele Perrotta – era stato accusato di aver compiuto atti contrari ai doveri d’ufficio. Al centro delle indagini, il rilascio illecito di un permesso a costruire per la realizzazione di un supermercato su un terreno sequestrato, di proprietà degli imprenditori coinvolti.

Secondo l’accusa, Scarano avrebbe rassicurato i titolari dell’attività commerciale circa l’assenza di ulteriori controlli, ottenendo in cambio l’assunzione del proprio figlio presso il supermercato. Il comportamento, ritenuto gravemente colposo, ha avuto un ruolo determinante nell’adozione delle misure cautelari: il comandante fu infatti detenuto in carcere per due settimane nell’autunno del 2016, seguito da un periodo agli arresti domiciliari.

Nonostante in sede penale Scarano sia stato successivamente assolto da ogni accusa, sia in primo grado che in appello, la Cassazione ha rilevato elementi sufficienti a giustificare il rigetto della richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione. I giudici hanno ritenuto che l’ex comandante, con il proprio comportamento, abbia contribuito a creare un quadro indiziario rilevante, citando anche contatti telefonici intercorsi con gli imprenditori Perrotta e un episodio in cui l’ex sindaco De Lucia avrebbe ammonito i fratelli Perrotta per aver effettivamente assunto il figlio di Scarano.

Nel ricorso alla Cassazione, la difesa aveva contestato la decisione della Corte d’Appello, sostenendo che non vi fossero prove concrete ma solo sospetti. Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto l’impugnazione, sottolineando che le condotte dell’ex comandante evidenziano un coinvolgimento tale da escludere qualsiasi ipotesi di errore giudiziario privo di responsabilità personale. Con questa pronuncia, il caso Scarano si chiude definitivamente anche sotto il profilo risarcitorio.