CONSORZIO IDRICO. I creditori potrebbero rallentare la trasformazione in spa. La “simpatica” balla del presidente Di Biasio e i motivi per cui il Tar ha solo sulla carta respinto il ricorso di Portico

19 Dicembre 2022 - 14:42

Il presidente ha comunicato al coordinatore, nonché sindaco di San Marcellino, Colombiano, l’avvenuta costituzione della Società per azioni, ad epilogo della procedura di trasformazione. Ma, in realtà, scrivono i giudici amministrativi, esprimendo anche una battuta meravigliosa di puro humor anglosassone, la società per azioni non esiste ancora in quanto la Camera di commercio, almeno fino ad ora, non l’ha iscritta perché…

CASERTA (gianluigi guarino) Vabbe’, state a spaccare il capello: il presidente del Consorzio Idrico di Terra di Lavoro, Pasquale Di Biasio ha raccontato una balla, in verità premurosamente, anzi fideisticamente accolta dal coordinatore, nonché sindaco di San Marcellino, Anacleto Colombiano. Abbiamo dato un’occhiata all’esito del ricorso al Tar, di cui demmo notizia alcuni mesi fa, presentato dal Comune di Portico di Caserta il quale chiedeva e probabilmente continuerà a chiedere la revoca di tutte le procedure già avviate e finalizzate all’operazione più mostruosa e politicamente più spregiudicata messa in cantiere negli ultimi 40 anni dalle nostre parti: la trasformazione del Consorzio Idrico di Terra di Lavoro in società per azioni e la conseguente assunzione, da parte sua, della gestione totale, in tutti e 104 i Comuni della provincia di Caserta, dei servizi idrici, ricadenti sotto alle competenze della Regione Campania, la quale li amministra attaverso un ente costituito ad hoc a Napoli, l’Eic,

che sta per Ente idrico campano da cui sono stati partoriti gli enti d’ambito, o Ato che dir si voglia, con definizione ufficiale, nel nostro caso, di Ambito distretturale di Caserta.

Questa operazione, mostruosamente remunerativa, dovrebbe avvenire sull’asse Di Biasio-Colombiano. Ora, siccome questa è un’evidenza tecnico-giuridica, visto che Di Biasio è il presidente del Consorzio idrico e Anacleto Colombiano il coordinatore dell’Ambito distrettuale di Caserta, chiediamo a voi lettori se ci macchiamo di un eccesso di interpretazione, di deduzione, di una forzatura logica se scriviamo che tutto ciò sta avvendendo e dovrà avvenire, in base ad un disegno che reca la firma del solito, onnipresente, consigliere regionale Giovanni Zannini?

Attenzione, di per sé non è certo un reato e neppure un fatto da biasimare l’idea che un ente pubblico il quale, sulla carta, ha gestito una significativa parte dei servizi idrici dei comuni della provincia di Caserta per circa 35 anni, abbia presentato la sua candidatura a divenire il braccio operativo del sistema dei servizi idrici della provincia di Caserta, così come questi sono stati ridisegnati, per quanto riguarda la loro governance, dalla riforma da cui sono venuti fuori l’Ente idrico campano e i diversi Ambiti distrettuali, titolari della potestà di indirizzo e di deliberazione, ma non del know how.

Ma la carta è la carta e la realtà è un’altra. Noi stiamo parlando dell’ente strumentale più putrescente di questa terra. Questo giudizio molto severo possiamo permettercelo dall’alto, ripetiamo, dall’alto delle nostre inchieste giornalistiche, delle centinaia di articoli che abbiamo dedicato alle gestioni disastrose e, diciamocela tutta, illegali dell’ente presieduto da Pasquale Di Biasio. Qui stiamo parlando di un carrozzone che ha accumulato più di 100 milioni di euro di debiti e salvato, in base solo e solamente ad una decisione politica, sciaguratamente politica, appioppata sulle spalle dei cittadini-contribuenti, che non ha tenuto in nessun conto valutazioni tecnico-economiche, la realtà inconfutabile di una mala gestio, messa nera su bianco, qualche tempo fa, da un presidente dei Revisori dei conti (Piscitelli, ci pare si chiamasse) il quale, abbandonando la sua carica, ha scritto una nota piena di notizie di reato (CLIKKA E LEGGI) che qui da noi sono un bel po’ meno obbligatori da quello che dovrebbero essere nel disegno che la Costituzione italiana ha dato all’azione penale. La Regione Campania per motivi politici, per la vicinanza del consigliere Giovanni Zannini al presidente De Luca, che a Zannini ha concesso di tutto e di più, di fronte alla disponibilità del mondragonese a operare per sé ma anche per il governatore, quando questi ha voluto stravincere e sbancare alle ultime elezioni regionali, prima di tutto con la sua lista civica, quella per intenderci, in cui Zannini è diventato il vero, grande signore delle preferenze in provincia di Caserta.

Questa è la realtà e questo è il motivo per cui noi non possiamo far altro che denunciare le tonnellate e tonnellate di merda che stanno dentro e attorno a questa operazione, tutta nelle mani di personaggi di strettissima fede zanniniana.

A noi piace iniziare gli articoli, formulando un’affermazione che poi andiamo a spiegare nella parte finale dello stesso. A noi piace scrivere così e così continueremo a fare dato che a nessuno è fatto obbligo, dal suo medico curante, di leggere gli articoli del sottoscritto e di Casertace.

Se il Tar ha rigettato il ricorso presentato dall’amministrazione comunale di Portico, rappresentata dal suo sindaco pro tempore Giuseppe Oliviero, fratello del presidente del consiglio regionale Gennaro Oliviero, è perché mancava totalmente l’oggetto del contendere. Portico, infatti, chiedeva al Tar una sospensiva urgente, ricorrendo eventualmente anche ad una decisione monocratica del presidente di sezione inaudita altera parte. Ma un Tar sospende un atto amministrativo, sospende la trasformazione del Consorzio idrico in Società per azioni, sospende gli atti con cui l’Ambito distrettuale casertano e l’Ente idrico campano vanno ad attivare la procedura e a perfezionare la consegna su un piatto d’oro, altro che d’argento, della gestione dell’intera filiera idrica casertana, solo se ricorrono le condizioni tipiche per farlo, quel pericolo imminente di un danno grave ed irreparabile. Ma questo non esiste per una motivazione che il Tar della Campania declina, tradendo anche la sua sorpresa. Il 6 ottobre scorso il Consorzio idrico ha depositato alla Camera di Commercio la delibera di trasformazione in spa. La Camera di commercio, da parte sua, ha sospeso l’iscrizione “in attesa – così è scritto testualmente nel provvedimento del Tar – del decorso dei 60 giorni per l’eventuale opposizione dei creditori sociali” che, aggiungiamo noi, al di là della vergognosa “socializzazione del debito”, operata da De Luca, che il Consorzio aveva nei confronti di Acquacampania, sono sicuramente più di uno.

In poche parole, questa trasformazione non esiste ancora dal punto di vista giuridico e, dunque, non esiste e basta. Ripetiamo, almeno per ora, visto e considerato che i 60 giorni dal 6 ottobre sono scaduti il 6 dicembre e, a questo punto, dovrebbero essere note le determinazioni della Camera di commercio in relazione alle rivendicazioni di eventuali creditori.

E siccome non esiste la spa, non può esistere nemmeno la procedura attivata da Di Biasio al cospetto dell’Ambito distrettuale casertano. Leggete, al riguardo, cos’altro dice il Tar: “Contrariamente a quanto affermato dal suddetto consorzio nella nota inviata al Consiglio si distretto e fideisticamente ritenuta veritiera, senza alcun accertamento da parte dell’ente destinatario, la procedura di trasformazione non si è perfezionata”.

“Fideisticamente ritenuta veritiera”: applausi a scena aperta a questa sezione del Tar della Campania che ha trovato nel registro dell’ironia una chiave per declinare come nessuno è riuscito mai a fare, men che meno noi, il rapporto esistente dentro al “consiglio di gabinetto” di Giovanni Zannini, in questo caso tra Pasquale Di BIasio, che ha confezionato una balla (ma figuriamoci, con tutto quello che ha combinato negli ultimi anni, questo è un peccatuccio neppure veniale) ed Anacleto Colombiano, attuatori di un un metodo fondato sul relativismo, sulla faciloneria, sul delirio di onnipotenza che attraversa tutto il sistema di Zannini, Luserta, Magliocca, Martiello e dei sindaci uniti e riuniti dell’agro aversano.

Ecco perché il ricorso è stato respinto. Non ci può essere, infatti, nessun danno grave e irreparabile rispetto ad una cosa che non è avvenuta, perché la nuova spa (nuova si fa per dire) esisterà solamente quando la Camera di Commercio procederà all’iscrizione, una volta capito se ci siano rivendicazioni formali e, dunque, un’opposizione alla medesima trasformazione, da parte dei creditori.

QUI SOTTO IL TESTO INTEGRALE DELLE QUATTRO PAGINE DELLA SENTENZA DEL TAR CAMPANIA