CONSORZIO IDRICO. Il Tar: “Pagate subito i 22 milioni di euro di debiti all’Enel, altrimenti il Prefetto sarà commissario ad acta”
11 Febbraio 2019 - 10:11
CASERTA (g.g.) – La vogliamo proprio vedere la Prefettura di Caserta cos’altro s’inventerà per girarsi dall’altra parte ancora una volta di fronte alle malefatte del Consorzio Idrico di Terra di Lavoro. Vedremo cos’altro avrà architettato dentro a quello che dovrebbe essere il palazzo del Governo per svuotare di energia la funzione di commissario ad acta che il Tar della Campania ha deciso di attribuire proprio al Prefetto di Caserta nel caso in cui il Consorzio Idrico eludesse, ancora una volta, il pagamento di circa 5 anni di bollette non liquidate allìEnel per un valore complessivo di 21 milioni 941mila 376,09 centesimi di euro che sommati agli interessi e agli altri addebiti, faranno una cifra che si avvicinerà sicuramente ai 22 milioni e mezzo di euro.
Vedremo su chi cadrà, eventualmente, la scelta del Prefetto di Caserta che potrà, nel caso in cui (probabilissimo) decida di delegare la funzione di commissario ad acta ad un suo collaboratore. Magari nomina Immacolata Fedele, per gli amici Imma, oppure altri due campioni del mondo, perfettamente integrati nel “sistema-Caserta” tout court quali per esempio, il vice prefetto Lubrano (primo atto, una volta insediatosi al comune di Teverola, la nomina di Raffaele De Rosa, per gli amici Lello, fratello del sindaco di Casapesenna, Marcello De Rosa, di nuovo a capo dell’ufficio tecnico di quel Comune), oppure l’altro vice prefetto Palmieri, uno che ha vissuto direttamente occupandosi di persona, tante vicende legate al mondo dei rifiuti in questa provincia.
Perché il Tar, questa volta, ha scritto chiaramente: “questi 22 milioni di euro devono essere pagati ora, senza più indugio.” Al Tar ha dovuto ricorrere l’Enel che da tempo ha tentato inutilmente di ottenere il dovuto, per effetto di una sentenza passata in giudicato del giudice ordinario.
Siccome i “signorini” del Consorzio, i soldi li spendono per garantirsi i super compensi da dirigenti, per assumere nani, ballerine e porta borse assortiti, l’Enel ha dovuto ricorrere allo strumento estremo della richiesta ad un organo della giustizia amministrativa, dunque del diritto pubblico, un pronunciamento di ottemperanza, cioè un aut-aut che contenesse la conseguenza concreta: la sospensione delle funzioni del presidente del Consiglio di Amministrazione relativamente a questo debito, con trasferimento della piena potestà al Governo, attraverso la Prefettura.
Non ci sono parole. In questo caso, il creditore è forte, autorevole, importante e sufficientemente ricco per assoldare avvocati di grido allo scopo di far valere, fino alla soddisfazione di un diritto incontestabile.
Quando abbiamo scritto di 200 milioni di euro di debiti, ci riferiamo proprio a questo. Esiste un enorme nocciolo di mala gestione. Ma nonostante questo lo Stato italiano, Prefettura in primis a cui si era rivolto con la famosa denuncia-scandalo contenente a nostro avviso almeno una decina di notizie di reato, l’ex presidente del collegio dei revisori dei conti Piscitelli (a proposito il nuovo, cioè il mondragonese Gerardone Napoletano, non si è ancora dimesso dopo il sequestro subito dalla Guardia di Finanza per evasione fiscale?) hanno lasciato fare e continuano a lasciar stare, rendendosi implicitamente complici di una delle maggiori e delle più impunite stragi del pubblico danaro che l’Italia ricordi.
La difesa del consorzio ha tentato di dimostrare l’indimostrabile e cioè che questo Ente non è un organismo pubblico. Il Tar lo ha dovuto nemmeno far fatica come leggerete dal testo della decisione che pubblichiamo integralmente in calce a questo articolo, per attestare la tesi opposta: gli è bastato leggere i primi 2/3 articoli dello Statuto del Consorzio Idrico che ne definiscono la natura in maniera quasi sorprendentemente chiara al punto che uno deve veramente legarsi sulla sedia per non andare in escandescenza, nel momento in cui, sicuramente, il Consorzio ha speso altri soldi per pagare avvocati per dimostrare il contrario di ciò che è scritto sull’indiscutibile natura pubblica di autentica propaggine dei Comuni e dei loro servizi, di questo porcaio ormai inenarrabile.
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