CORNAVIRUS MARCIANISE “Dagli, dagli all’untore!”. Velardi non fa prigionieri e per poco non fa linciare un povero cristo pur di screditare il commissario Lastella
23 Marzo 2020 - 18:48
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MARCIANISE (gianluigi guarino) – “L’untore! dagli! dagli! dagli all’untore!”
“Chi? Io! Ah bugiarda strega! Taci lì”.
Non ci ritroviamo granché nella parte di Renzo Tramaglino, abbiamo un altro carattere. Però la vicenda celeberrima dell’untore, raccontata da Alessandro Manzoni nel 34esimo capitolo dei Promessi Sposi, ci presenta un Renzo diverso. Dopo aver chiesto ingenuamente ad una donna terrorizzata dall’epidemia di peste che decima Milano e La Lombardia (sinistro ricorso storico) l’indirizzo del Lazzaretto, questa lo scambia per un appestato e dà l’allarme. E a quel punto, Renzo, come si vede in una delle 12 litografie di Gallo Gallina, s’incazza di brutto prima di saltare su un carro di monatti per sfuggire al nugolo di milanesi, attirati dall’allarme della signora attempata.
“Dagli all’untore”: vediamo invece molto bene Antonello Velardi, ex sindaco di Marcianise, nella parte degli aspiranti linciatori che, ciecamente, avendo in testa un solo pensiero, cioè quello di salvare la propria pelle, vogliono accoppare Renzo e chiunque ritengono possa mettere in pericolo la loro salute.
Però, a pensarci bene, dopo aver letto questo lungo post che Velardi ha dedicato alla storia di una donna anziana di Marcianise, morta, a suo dire, per coronavirus o di coronavirus e al presunto e fontamotaico vagar per strada di un suo congiunto, l’untore, per l’appunto, questo qui è anche peggio. Perché quelli lì inseguono Renzo in base all’irrazionale ma sempre comprensibile applicazione dell’adagio latino “mors tua, vita mea“; il Velardi, invece, ha sempre un piano e attraversando ogni stagione utilizza ogni situazione ma non per erogare civile e sincera partecipazione, un apporto costruttivo e disinteressato alle sorti della comunità che ha (si fa per dire) amministrato. No, lui strumentalizza quel che gli capita a tiro, fosse anche l’esplosione di una bomba atomica, alla quale sicuramente sopravviverebbe. Si tratta, a pensarci bene, di una minimizzazione, di una costante attività di relativizzazione che evoca in noi una figura celebre del cinema italiano, Giovanni Vivaldi, interpretato da Alberto Sordi, nel film Un borghese piccolo piccolo, regia del grande Mario Monicelli.
Almeno quel personaggio, per il quale era stato scelto un grandissimo attore che partiva però da un registro comico chiaramente identificabile, qualche sorriso lo strappava. Il Velardi, invece, non fa ridere affatto. Voi pensate che il nocciolo di questo suo post sia costituito dalla personalissima ricostruzione della vicenda, umanamente tragica di questa donna e la sua famiglia? No. Chi ha imparato a conoscere il personaggio, chi l’ha raccontato per anni, sobbarcandosi la fatica di un esegesi complessa del suo pensiero tanto contorto quanto luciferino, sa bene che il clou di questo scritta abita le sue ultime righe. “Ho provato a comunicare la circostanza al Comune, ma invano: ai telefoni indicati come riferimento del centro operativo comunale non mi ha risposto nessuno, ma è prassi ormai che di sabato e di domenica non ci sia nessuno.” E ancora, “a Marcianise si continua a girare per le strade come se niente fosse: anche oggi pomeriggio (si riferiva alla giornata di sabato, n.d.d.) si è registrato un traffico da normale giorno prefestivo e non va assolutamente bene.”
Non è che bisogna attivare più di tanto l’effetto del controluce per capire che il messaggio è il seguente: “la città non è seguita, al comune non risponde nessuno, c’è il traffico in strada nonostante i divieti. I cittadini di buona volontà urlano improperi ai tanti che non rispettano le leggi perché nessuno gliele fa rispettare. Ci fossi stato io…”.
Ci fosse stato lui, avremmo passato meno noiosamente le giornate perché a questo qua tutto manca, fuorché le trovate ad effetto. Perché lui ritiene essere, probabilmente non a torto, un linguaggio efficace per comunicare con i suoi concittadini, per i quali evidentemente dentro di sé non nutre una grande considerazione, se è vero come è vero che l’altro giorno, a proposito di trovate demenziali, se n’è uscito, manco fosse un monaco trappista, con la proposta di portare in giro per la città il crocifisso, dall’alto di un’autorità spirituale, di una santità in terra alla Celestino V, dimostrate, insieme al rispetto per le istituzione, quando si è messo a litigare con il parroco e di quel crocifisso, di cui vorrebbe ancora una volta far uso cabarettistico, ha fatto sottrarre la corona, che dovette restituire dopo un surreale colloquio con un Pubblico ministero che non credeva alle proprie orecchie.
E allora per dire che Marcianise ai tempi di Velardi era meglio di Berna, è stata utilizzata la storia di un diseredato, di una persona che vive una vita difficile, complicata, non abitata dal sorriso. Dunque, secondo Velardi, la donna che è morta era stata sottoposta ad un tampone, risultato negativo. Le sue condizioni erano peggiorate e il secondo tampone, così scrive nel suo post, era risultato positivo.
In realtà non è così. Noi abbiamo la certezza, e qualora dovesse essere necessario tireremo fuori gli elementi probatori, che anche il secondo tampone fatto era risultato negativo. Solo un terzo, post mortem, ha dato esito positivo. Per cui, almeno il dubbio che la persona deceduta abbia potuto contrarre il virus in ospedale, quando non poteva venire a contatto con nessun parente, è, non solo solido, ma anche serio. E allora perché far partire una sorta di caccia all’uomo, per l’appunto, di dagli all’untore, così come ha fatto Velardi in questo post?
Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni da Marcianise. Le persone volevano sapere se fosse vero che in città girasse un congiunto della donna morta, probabilmente infettato da covid-19. E noi che cosa dovevamo rispondere? Noi siamo razionalisti ben conoscendo cosa sia il razionalismo. Non le spariamo grosse a casaccio. Ma soprattutto, nutriamo un rispetto per il prossimo, per l’uomo in quanto tale, a prescindere dal suo censo, dal suo grado intellettivo, dalla sua sanità mentale. Mettiamo l’uomo al centro. Per cui, prima di dare una notizia come quella resa pubblica da Velardi non facciamo una verifica, ma centomila. Lui no.
Per lui è centrale, è necessario parlar male del commissario prefettizio Michele Lastella perché così, in questo momento d’emergenza, in prefettura possa venire l’idea di contestargli qualche comportamento e magari di avvicendarlo, interrompendo l’attività rigorosa, intransigente, istituzionale che, in maniera ineccepibile, il commissario sta portando avanti per cancellare la miriade di atti illegittimi, se non addirittura illegali, compiuti dall’amministrazione comunale capeggiata dall’allora sindaco pro tempore Antonello Velardi.