Ecco perchè le verità dei due pentiti Camillo Belforte e Bruno Buttone non hanno portato all’arresto di Agostino Piccolo per l’efferato delitto del figlio 22enne di un noto gioielliere a pochi passi dal Comune

9 Maggio 2022 - 12:46

Pubblichiamo in calce le dichiarazioni del secondo collaboratore di giustizia, pieamente convergenti con quelle del figlio di Salvatore Belforte. Entrambi le rilasciarono, a una settimana di distanza, nell’ottobre 2015. Chissà se oggi Achille Piccolo…

 

MARCIANISE – (g.g.) Magari ci sbagliamo, ma pur realizzando una ricerca approfondita, non abbiamo trovato traccia di procedimenti giudiziari, attivati sull’omicidio, avvenuto il 24 luglio del 1997, nella centralissima Piazza Umberto I, a pochissimi passi dal palazzo municipale di Marcianise, dell’allora 22enne Carlo Barone, ucciso, con ogni probabilità, da un commando del clan Piccolo-Quaqquaroni, che gli esplosero contro 9 proiettivi calibro 9 che lo attinsero al volto, al collo e al petto, provocandone la morte immediata.

L’aver cercato negli archivi lumi su questo omicidio è frutto di due motivazioni. La prima è che nella recente ordinanza sul tentativo, in verità molto velleitario, dei Piccolo di ricominciare a ristrutturare una rete di estorsioni, recandosi anche in attività imprenditoriali e commerciali, storicamente vittime del clan Belforte, questa vicenda dell’omicidio di Carlo Barone è ben presente nelle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia fondamentali: Camillo Belforte, figlio di Salvatore (CLIKKA E LEGGI) e Bruno Buttone, il super ragioniere, il ministro dell’economia dei Mazzacane, colui il quale possedeva la mappa dettagliatissima delle centinaia di attività imprenditoriali fatte segno dall’attività estorsiva del clan a cui apparteneva.

Però, va subito sottolineato che non sono le dichiarazioni rilasciate dai due pentiti sulla relazione tra Agostino Piccolo, cugino dei due Achille Piccolo, sull’omicidio di Carlo Barone ad essere determinanti per l’emissione della misura cautelare a carico del citato Agostino Piccolo. In effetti a contare sono invece le propalazioni, rilasciate soprattutto da Bruno Buttone, sul ruolo avuto da Agostino Piccolo nella messa a punto delle liste degli imprenditori da sottoporre ad estorsione.

Un’attività che oggi viene di nuovo contestata ad Agostino Piccolo, arrestato anche e soprattutto per aver redatto la nuova lista dei bersagli che la coppia Francesco Piccolo e Gaetano Monica avrebbero dovuto avvicinare, come effetivamente avvicinarono.

Dunque Agostino Piccolo, tornava a fare quello che aveva fatto in passato. Un elemento di riscontro che se non è granitico, comunque conta.

Il secondo motivo per cui siamo andati a cercare notizie su eventuali sviluppi giudiziari dell’omicidio del 22enne Carlo Barone, è legato al dato di fatto che questo si consumi nel momento più acuto della guerra di camorra tra i Belforte e i Piccolo, che ha seminato tantissime vittime, fino all’inizio del ’98 se ne contavano già 50, ma poi ce ne sono state molte altre.

L’omicidio di Carlo Barone, per il modo e soprattutto per il luogo in cui si consuma, muove anche i grandi inviati della cronaca nera dei giornali nazionali, i quali non dipingono Marcianise come una nuova Corleone, parlando comunque di cittadini che non sopportano questa guerra, che lo manifestano pure, ma comunque fanno emergere lo spaccato di una città preda della criminalità organizzata.

E d’altronde, l’omicidio di Carlo Barone è uno di quelli che convinse l’allora prefetto di Caserta Goffredo Sottile a decidere per un clamoroso coprifuoco, senza precedenti in Italia, con l’imposizione a tutti i locali della città di chiudere entro e non oltre le 21.30.

Un provvedimento che aveva un senso perchè i killer dei due gruppi colpivano in luoghi in cui avrebbero potuto provocare vittime innocenti, seminando il terrore in locali, come il Rossini di via Lener, dove, davanti ad altri 5 avventori e al proprietario, fu ammazzato il 47enne Luigi Merola, erano i primi giorni del 1998.

O come il bar Maiorana, dove addirittura davanti a moglie e figlio fu ucciso Raffele Porfidia, il quale tentò una inutile reazione scagliando una bottiglia all’indirizzo dei killer.

Insomma, se oggi si ha un ricordo sbiadito di quei delitti, ciò non vuol dire che non abbiano rappresentato dei momenti molto tragici, impressi nella memoria di chi al tempo viveva a Marcianise e che anche oggi continua a farlo.

Ma non abbiamo trovato alcuna traccia. Per cui, le dichiarazioni rilasciate da Bruno Buttone su Agostino Piccolo, il cui ruolo fondamentale nel clan era quello di specchiettista, di individuatore della vittima designata, quindi anche di osservatore dei movimenti del giovane Carlo Barone, in pratica, dice Buttone, “faceva la stessa cosa che per noi faceva Camillo Antonio Bellopede, detto Tarzan“, di pedinatore in nome e per conto dei Quaqquaroni, al punto che lo stesso Bruno Buttone, uscito dal carcere, lo vide aggirarsi nei pressi della sua casa, tali dichiarazioni, rilasciate 7 anni fa, cioè nel 2015, nono sono state sufficienti per incriminare Piccolo, per il concorso dell’omicidio di Carlo Barone e di altri.

Ciò nonostante il fatto che anche Camillo Belforte, il quale sempre nel 2015, aveva dichiarato ai magistrati della Dda, la settimana prima dell’interrogatorio reso da Buttone, che Agostino Piccolo svolgeva l’attività di specchiettista.

Tenendo conto del brevissimo lasso di tempo, poco meno di una settimana, intercorso tra le dichiarazioni di Camillo Belforte e quelle di Buttone, la Dda stesse al tempo lavorando anche sull’omicidio di Carlo Barone. Dunque, abbiamo cercato di trovare tracce di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, ma non le abbiamo trovate e d’altronde, se Agostino Piccolo è stato arrestato a piede libero, vuol dire che questa incriminazione non l’ha mai avuta.

Vedremo in seguito se, alla luce della riproposizione concorde dei due interrogatori di Camillo Belforte e di Bruno Buttone, ci sarà qualche novità sull’individuazione di mandanti, killer e concorrenti di uno dei più cruenti omicidi avvenuti in quegli anni di sanguinosissima faida.

Può darsi che l’essere stati esponenti di spicco del clan Belforte ad accusare Agostino Piccolo, non sia stato sufficiente per mettere a punto un’ordinanza. Effettivamente, di pentiti, tra i Quaqquaroni, ce ne sono stati pochissimi. Bisognerà vedere se quello più recente e di maggior peso specifico, cioè Primo Letzia, abbia un ricordo chiaro di questo omicidio e se una sua ricostruzione coinciderà eventualmente con quella di Camillo Belforte e Bruno Buttone.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA