Ennesimo sopruso contro l’imprenditore di TEVEROLA Roberto Vitale. Prima Lusini e Raffaele De Rosa, ora il commissario che dovrebbe rappresentare lo Stato consente di beffarlo, per assenza di voltura, con le bollette dell’Enel
29 Aprile 2024 - 19:31
Ma a quale Stato, a quale Repubblica devono credere i cittadini, dopo che a un povero cristo hanno distrutto la cappella di famiglia, dove sono seppelliti i suoi genitori, hanno incendiato la sede della sua impresa, l’hanno cacciato, revocandogli illegalmente la concessione per la pubblica illuminazione, gli hanno fatto saltare, con le tenaglie dei vigili urbani, i catenacci delle cabine e ora, sadicamente, non avendo fatto la voltura all’impresa che si è aggiudicata l’appalto, a lui arrivano anche le bollette. Lo Stato dovrebbe avere il coraggio di dire di aver perso la battaglia della legalità, ritirandosi e lasciando il territorio di Teverola e dell’agro aversano in pasto alle bande di impostori e delinquenti. Perché la realtà, purtroppo, è proprio questa.
TEVEROLA (g.g.) Quando CasertaCE si è occupata delle vicende assurde, paradossali, addirittura incredibili che hanno sancito in maniera inequivocabile quale tipo di regime abbia operato negli ultimi anni nel Comune di Teverola, monopolizzato, senza se e senza ma e al di là delle cariche ricoperte o non ricoperte pro tempore dal signor Biagio
L’aggettivo “locali”, aggiunto al primo aggettivo, “forti”, stabilisce una peculiarità di questi poteri, visto e considerato che, se fino a qualche tempo fa la camorra dell clan dei Casalesi ha soffocato tutto quello che non era allineato rispetto ai suoi interessi, il declino militare di questo gruppo criminale ha modificato poco, molto poco nel rapporto tra chi esprime un’influenza, ossia un potere forte e locale, dunque peculiare, e tutti quelli che non si uniformano al sistema, rispetto agli imprenditori che non vogliono stare sotto al tacco dei potenti e di chi, pur non avendone, fino a prova contraria, fatto parte direttamente, attiva meccanismi che somigliano non poco a quelli con i quali il clan dei Casalesi ha dettato legge per decenni.
Ripetiamo, ci siamo chiesti più volte fino a che punto si potesse arrivare nella vessazione di questo imprenditore: gli hanno devastato la cappella nel cimitero di Teverola, dove riposano i suoi genitori e i suoi affetti più cari; subito dopo gli hanno incendiato e incenerito gli uffici della sua azienda, che si chiama Vitale One costruzioni srl, ubicati a Teverola in una zona di confine con il Comune di Carinaro; ne ha combinato veramente di tutti i colori, ai danni di Roberto Vitale, la coppia Biagio Lusini-Raffaele De Rosa, detto Lello, fratello dell’attuale sindaco e vice presidente della Provincia, Marcello De Rosa e, a sua volta, già vicesindaco di Casapesenna ai tempi dell’accordo bipartisan tra Nicola Cosentino e Lorenzo Diana, al tempo della sindacatura di Fortunato Zagaria, considerato dalla magistratura connivente con il boss Michele Zagaria, autentico dominus di ogni cosa che si muoveva e accadeva in questo Comune.
Lusini come ispiratore, non certo invisibile, visto che di lui, che più di un post ha pubblicato in Facebook per attaccare Roberto Vitale, concessionario, a partire dal 2011 dell’erogazione del servizio di pubblica illuminazione al Comune di Teverola; il già citato Raffaele, Lello, De Rosa, che dopo essersi speso, in maniera formidabilmente intensa, contro Roberto Vitale, ha oggi raggiunto il suo habitat naturale, la sublimazione del suo essere, entrando a far parte della squadra di Carlo Marino e Franco Biondi al Comune di Caserta, ha ingaggiato una battaglia fondata sulla menzogna, così come questo giornale in decine e decine di articoli corredati da decine e decine di documenti incontestabili, ha dimostrato.
Un vero e proprio stillicidio, rispetto al quale Roberto Vitale, nonostante fosse stato colpito da atti intimidatori che comunque noi, fino a prova contraria, vogliamo dire riteniamo non connessi all’attività della coppia Lusini-De Rosa, non ha ceduto di un metro e così. E così, il 28 settembre del 2022, De Rosa ha attivato una lunare procedura di revoca che gli avvocati di Roberto Vitale definiscono con l’algida prosa del dovuto giuridichese, solamente illegittima, ma che secondo noi, che non abbiamo il vincolo del “dovuto giuridichese”, è una delle porcate più vergognose che questo giornale abbia mai raccontato, abbia mai dovuto affrontare, dovendo ammettere, alla fine, che, nel momento esatto in cui è scattata la risoluzione contrattuale, il sopruso, la prevaricazione, l’ingiustizia l’hanno avuta vinta contro l’equità, contro la verità e contro il diritto costituitosi nella verità e nelle obbligazioni, messe nero su bianco nel contratto, nella convenzione, gettando la spugna e sancendo che Teverola non era Italia, ma terra di nessuno, terra lasciata sotto il dominio devoluto dallo Stato a personaggi equivoci, pluri-indagati e in totale controllo della cosa pubblica.
Mai o quasi mai, se si eccettuano i casi delle stragi di mafia, della Roma che discute, mentre Sagunto viene espugnata, così come affermò l’allora arcivescovo di Palermo, cardinale Salvatore Pappalardo, durante i funerali di Carlo Alberto Dalla Chiesa, davanti ad un Sandro Pertini impietrito, abbiamo visto lo Stato e la Repubblica italiana arretrare fino al punto in cui sono arretrati a Teverola, dichiarandosi, di fatto, sconfitti, rispetto alle vicende di un sopruso, di una violenza fisica, economica e morale.
A diversi anni di distanza. infatti, i colpevoli della devastazione della tomba di famiglia e dell’incendio della sede societaria di Roberto Vitale non sono stati individuati e non sono stati consegnati alla giustizia.
Abbiamo ancora ingenuamente ritenuto che oltre non si sarebbe potuti andare rispetto all’atto della revoca proditoria, ingiusta, che Roberto Vitale ha ovviamente impugnato in ogni sede e che oggi è in pendenza presso il tribunale di Napoli, al quale l’imprenditore si è rivolto perché un poco di giustizia venga ripristinata e chiedendo un maxi risarcimento al Comune di Teverola.
E invece, una bella mattina, il Comune, con violenza inaudita, ha forzato i catenacci delle due cabine di via Cupa e di via Prolungamento Marco Polo, che alimentano la pubblica illuminazione di Teverola, le cui chiavi erano state affidate, non per un atto di cortesia o di bontà, ma per effetto di una convenzione che in quel momento il De Rosa si metteva letteralmente sotto i piedi con la sua revoca, alla società di Vitale.
Vabbè, a quel punto abbiamo pensato: questo è veramente il massimo e oltre non potranno andare. E invece no: in questi giorni la società che eroga l’energia elettrica, presumiamo l’Enel, ha, infatti, spedito le bollette a Vitale, perché il Comune di Teverola – ma veramente questa è una storia folle – non ha mai perfezionato la volturazione dei contratti di fornitura. Il Comune l’ha omessa, non l’ha fatta. In pratica, se ne è fottuto, ponendosi in una condizione di grave illegalità. Qui la Corte dei conti non dovrebbe solo intervenire, ma dovrebbe chiuderlo a chiave il Municipio teverolese ed anche la magistratura inquirente veramente è una cosa indescrivibile, al punto che Roberto Vitale avrebbe tutto il diritto di rivolgersi, per ottenere giustizia, alla Corte Europea dei diritti dell’uomo. Ma è mai possibile che non si svolga un’analisi, un’imparziale ricostruzione dei fatti, in cui anche un bimbo di 3 anni rinverrebbe gli elementi dell’abuso d’ufficio e forse anche di altri reati? Quindi, non solo Roberto Vitale è stato cacciato senza una motivazione dal Comune, non solo lo stesso Comune ha forzato, come si usa nelle rapine o nei furti con scasso, i catenacci delle cabine, ma non ha neppure provveduto a volturare i contratti alla nuova società a cui Teverola ha affidato il servizio di pubblica illuminazione.
Ma nel momento in cui il commissario prefettizio Francesco Montemarano legge una lettera come quella scritta dall’avvocato Mariano Maggi, dello studio legale “Maggi, Mollica, Zaccone”, che mette nero su bianco le tappe di questa vicenda assurda, vergognosa, avverte o non avverte il bisogno di dimostrare che lui, Montemarano, in quanto commissario prefettizio, in quanto incarnazione della Repubblica italiana nel Comune che oggi amministra, ha, quantomeno, il dovere di approfondire tutta questa vicenda, andando a verificare la documentazione e magari ascoltando tutte le parti in causa? Compresa quella rappresentata da Roberto Vitale, che se è ancora parte in causa, non lo è in quanto desidera ardentemente di esserlo, scusate il gioco di parole, in questo caso però doveroso, ma perché in causa lo tiene l’assurdo atteggiamento di un Comune che il commissario prefettizio Francesco Montemarano non ha riscattato nei mesi in cui è stato in carica, reiterando, con la sua inerzia, la vergogna che, al di là delle valutazioni attinenti alle opinioni, è stra-oggettiva. A che santo deve votarsi un cittadino che si vede arrivare addirittura le bollette, dopo essere stato cacciato dal Comune, da un Comune che strafottendosene di ogni legge, di ogni pur minima condizione di legalità, lo vuole umiliare non realizzando neppure la voltura, cioè non agendo per quel minimo indispensabile senza il quale una persona normale verrebbe colpita dagli strali delle rivalse giudiziarie da parte dei distributori di energia elettrica.
Ma lo sa lei, vice prefetto Montemarano, quante risate si staranno facendo e quanti applausi la sua inerzia sta ricevendo dal signor Biagio Lusini e dal signor Raffaele De Rosa, detto Lello? Lo Stato, nelle sue istituzioni che lo rappresentano, si sta dimostrando, nel territorio della provincia di Caserta, sempre più impresentabile.
QUI SOTTO LA LETTERA-DIFFIDA, DEL 17 APRILE SCORSO, SCRITTA DALL’AVVOCATO DI ROBERTO VITALE AL COMUNE