Giovane casertano distrugge il vetro di sicurezza e ruba due preziose corone della Madonna
18 Settembre 2023 - 13:56
Ha agito da solo ed è stato beccato dopo 24 ore dopo averle vendute a un compro oro insieme al ricettatore. Ora dopo le sentenze di primo e secondo grado la Cassazione …
CASERTA – Gabriele Miele, nato a Caserta 28 anni fa, è stato condannato, il 26 settembre 2022 ad una pena tra i tre e i 10 anni. Come sempre capita, purtroppo, quando si incrocia una sentenza definitiva della Corte di Cassazione, questa non contiene mai la pena irrogata dalla Corte di Appello, su cui, più raramente il procuratore generale, cioè la pubblica accusa, più spesso gli avvocati difensori presentano ricorso alla Corte di Cassazione.
Sappiamo però che questo giovane casertano è stato sicuramente condannato ai sensi dell’articolo 624 (furto) dell’articolo 625 com. 1 n. 7 (aggravante perché ha rubato in un luogo di culto), articolo 61 n.7 altra aggravante, di carattere generale perché ha agito su un patrimonio infliggendo un danno economico alla parte offesa e infine articolo 110 che sta per reato compiuto in concorso con altri.
La combinazione di tutti questi riferimenti normativi del codice penale dovrebbe attestare al pena inflitta a Gabriele Miele, ad un numero di anni variabile tra i 3 ed i 10. Questo dunque sentenziò la Corte di Appello di Ancona, a seguito di un ricorso presentato sempre dagli avvocati del Miele su una sentenza di primo grado, ugualmente di condanna, pronunciata dal tribunale, sempre attivo nel capoluogo della regione Marche
L’ultimo ricorso, quello in Cassazione è stato dichiarato inammissibile cosi come ha chiesto il procuratore presso il tribunale dei tribunali, cioè presso la Corte Suprema di Roma.
La vicenda si era consumata nell’anno 2015 quando il giovane nato a Caserta, al tempo 20enne, dopo aver rotto violentemente il vetro protettivo che proteggeva i gioielli che arricchivano l’immagine della Madonna all’interno della chiesa della Santissima madre di Dio di Ancona, usando al base su cui si poggia l’ostensorio contenente l’ostia consacrata, aveva rubato le due corone molto preziose. Il furto era stato presumibilmente denunciato con presentazione di querela, da parte del parroco o del responsabile di quella chiesa.
Il primo motivo di ricorso interpretava un po’ a modo suo e, diciamolo pure, un po’ disperatamente le parole pronunciate dalla parte offesa durante il suo esame, avvenuto nel corso del processo di primo grado, come una remissione di querela.
Ma questa frase “per me la posso anche ritirare” non costituisce, secondo la Cassazione una formale remissione, per altro mai avvenuta in seguito e non integra nemmeno la fattispecie della remissione tacita.
Per quanto riguarda il secondo motivo che puntava a rimuovere dalla pena emessa a carico di Miele le circostanze aggravanti, la Cassazione liquida velocemente il rilievo dei difensori affermando che quelle immagini sacre e il loro contenuto prezioso non erano protette assolutamente da autentici dispositivi di sicurezza, organizzati e razionali, tali da determinare quelle condizioni giuridiche per rimuove un aggravante che invece esiste proprio in quanto Miele ha agito in un contesto nel quale quella immagine e il loro contenuto erano regalate con fiducia alla fede di chi visitava quella chiesa ritenendo di esserne al riparo, di per se, da intenti predatori. In conclusione, come già detto, la Cassazione aderendo alla posizione esposta per iscritto dal sostituto procuratore generale, ha dichiarato il ricorso inammissibile la motivazione alla base dello stesso ricorso. Se è vero infatti che fino alla riforma Cartabia, il reato di furto era perseguibile di ufficio, mentre dall’autunno scorso è perseguibile se c’è una querela di parte, è anche vero che qui la querela di parte così come abbiamo scritto all’inizio dell’articolo è assolutamente viva e vegeta proprio perchè la frase pronunciata dalla parte offesa in udienza, ripetiamo “per me la posso anche ritirare” non integra alcuna fattispecie regolata dagli articoli, del codice di procedura penale, in tema di previsione della querela. Sul secondo motivo del ricorso, è evidente, secondo la Cassazione l’inammissibilità in quanto manca quel presupposto di un adeguata blindatura, di adeguati sistemi di sicurezza a protezione di quell’immagine sacra e dei suoi gioielli. Per la cronaca, Gabriele Miele fu intercettato, 24 ore dopo il furto, dalla polizia di Ancona insieme al ricettatore, riteniamo anche lui coimputato ma per altro reato in questo procedimento ( di qui la contestazione dell’art 110 cioè il concorso) con le corone già vendute in un compro oro, della cittadina ugualmente marchigiana, di Fano.