IL NOME. La società fallisce e l’imprenditore finisce sotto accusa: vittoria in tribunale, ma non è finita

5 Ottobre 2025 - 12:00

CASERTA – La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, ha accolto il ricorso presentato da Matteo Salzillo, 51 anni, originario di Caserta, avverso la sentenza dell’11 ottobre 2024 della Corte d’Appello di Napoli, con la quale era stata confermata la condanna per bancarotta fraudolenta documentale, in qualità di amministratore e socio unico della Mobile Import s.r.l., fallita nel 2012.

Il ricorso, sottoscritto dal suo legale, era articolato in quattro motivi, ma è stato il primo, riguardante la violazione di legge e il vizio di motivazione in merito all’elemento soggettivo del reato, a trovare accoglimento presso la Suprema Corte.

La Mobile Import s.r.l. era stata dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Napoli in data 23 ottobre 2012. A seguito del fallimento, Matteo Salzillo era stato ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale, con sentenza di primo grado emessa il 25 giugno 2020, poi confermata in appello nell’ottobre 2024.

Secondo l’accusa, l’imputato avrebbe omesso la tenuta delle scritture contabili o comunque le avrebbe sottratte, impedendo così la ricostruzione delle vicende patrimoniali della società. Tuttavia, la difesa ha sostenuto fin da subito l’assenza del dolo specifico, elemento soggettivo richiesto per integrare il reato contestando la ritenuta natura fittizia della società fallita, invece effettivamente operante e riconducibile a Carmine Montagna, titolare di Big Multimedia, avendo svolto il ricorrente un ruolo meramente formale.

La Corte, con relazione affidata alla Consigliera Alessandrina Tudino, ha ritenuto fondate le doglianze difensive, rilevando gravi carenze motivazionali nella sentenza della Corte d’Appello, che non ha correttamente distinto tra le varie forme di bancarotta documentale previste dalla legge fallimentare.

In particolare, i giudici di legittimità hanno sottolineato come il giudice di merito abbia sovrapposto le diverse condotte previste dall’art. 216, comma 1, n. 2 della legge fallimentare, ignorando la necessità, per l’ipotesi di omessa tenuta o sottrazione delle scritture contabili, della prova del dolo specifico, ovvero della volontà di arrecare pregiudizio ai creditori.

Alla luce delle motivazioni esposte, la Suprema Corte ha annullato la sentenza della Corte d’Appello di Napoli e ha disposto il rinvio ad altra sezione della stessa Corte, che dovrà pronunciarsi nuovamente, in piena libertà di giudizio, ma nel rispetto dei principi giuridici enunciati dalla Cassazione.

Restano assorbiti, per ora, gli altri motivi di ricorso, che includevano la richiesta di derubricazione del reato a bancarotta semplice documentale, il diniego delle attenuanti generiche e la violazione della regola del “ragionevole dubbio”.

Il Sostituto Procuratore Generale Antonio Balsamo aveva chiesto il rigetto del ricorso, sostenendo la correttezza della pronuncia impugnata. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto le sue argomentazioni non sufficienti a colmare le lacune motivazionali e i vizi giuridici riscontrati.

Il procedimento torna dunque alla Corte d’Appello di Napoli.