Il nuovo logo della Reggia di CASERTA è il più sputtanato dagli italiani (e non solo). Manca solo Gildo il salumiere e poi l’hanno copiato tutti

23 Aprile 2020 - 12:17

CASERTA – Ormai è ufficiale: siamo delle teste di c…

Questo cervello bacato, demodè, di tipo liberale, ci ha portato a suo tempo a dire, davanti all’evidenza della totale inconsistenza complessiva di chi proponeva se stesso a rappresentare i milioni di voti degli italiani perennemente a caccia di un colpevole dei loro guai e che continuano a non interrogarsi sulla frase famosa che John Kennedy pronunciò (non ve la vogliamo dire, ve la andate a cercare), che il nuovo Movimento di Grillo aveva il diritto, derivato dal consenso popolare, di governare.

Anzi, ci siamo anche dati da fare perché i pentastellati potessero avere a disposizione un periodo per capire, ambientarsi, in modo da realizzare almeno il 10% (ci saremmo ampiamente accontentati) della rivoluzione annunciata.

Ripetiamo, ma era del tutto evidente già da quando Grillo sfanculava il mondo dal palco, che questi erano niente più che degli “italians”.

Rimettiamo in campo la vicenda di cui in tanti stanno parlando nelle ultime ore, ovvero quella relativa al nuovo logo della Reggia di Caserta, pagato 37mila euro con uno scandaloso affidamento diretto, scandaloso proprio perché diretto e monocratico, della direttrice Tiziana Maffei, a un’azienda di comunicazione di Mantova, manco a dirlo luogo che ha dato i natali all’ex ministro Bonisoli, grillino, a cui la Maffei deve la sua nomina al vertice del monumento.

Per noi di Casertace è un sollievo perché, quasi simbolicamente, al di là del contenuto della stessa, chiude il cerchio di quell’apertura di credito che abbiamo fatto a suo tempo ai Cinque Stelle, non perché non intravedessimo, già da allora, le tante storture che incubavano, ma semplicemente perché era giusto – liberale – dimostraci disponibili di fronte a chi, fosse anche il diavolo in persona, aveva ottenuto il consenso di un terzo degli italiani.

Guardate, nelle ultime ventiquattro ore, sono saltati fuori almeno una decina di loghi simili, alcuni quasi uguali, al nuovo logo della Reggia, disegnato o, a questo punto copiato, dalla Sigla Comunicazione di Mantova.

Ciò non vuol dire che qualcuno abbia violato un copyright, istituto giuridico divenuto molto più fluido e inafferrabile rispetto al passato nell’epoca di sua maestà l’imperatore Photoshop.

Oggi, più che di clonazione, di plagio, si deve porre la questione in termini di assimilazione di un concept, cioè di un concetto grafico ed espressivo – dicono quelli che parlano bene visual identity – che poi potrà essere utilizzato anche commercialmente – ancora una volta citiamo i buoni parlatori della new economy – per “brandizzare” capi di abbigliamento, pelletteria e chi più ne ha più ne metta.

Dunque, i mantovani non sono né migliori né peggiori di tante altre aziende che si occupano di comunicazione. Diciamo che questo è uno dei concept grafici, forse perché effettivamente brutto non è, più sputtanati del mondo.

A questo punto non possiamo nemmeno affermare con certezza che in principio fu Roger Federer, cioè il brand che rappresenta da anni marketing e merchandising dell’omonimo tennista, probabilmente il più forte di tutti i tempi;

può darsi che in qualche remota officina meccanica del midwest statunitense qualcuno avesse già utilizzato questa stilizzazione e questo affascinante viluppo attraverso cui, le due consonanti si avvinghiano.

Non lo sapremo mai. Quello che sappiamo è che oggi tra agenzie immobiliari (fa impressione la quasi sovrapponibilità a quello della Reggia del logo di Ricco Colinares), marchi di moda (vedi Renato Balestra), ma anche attività produttive più profane, forse mancano solo “Sergio e Bruno gli incivili” – riproposizione pazzesca, fatta da Paolo Villaggio in “Fracchia”, del famoso ristorante trasteverino “La parolaccia”, che si è brandizzato da solo – e Gildo il pizzicagnolo bisex.

Poi siamo al completo.

Direttore Maffei, sarebbe bastato andare su Google immagini e se lo poteva far da sola il brand, dato che lei è una capace architetta, senza spendere 37mila euro affinché la società mantovana provvedesse ad andarci lei, in Google immagini.

Ma probabilmente l’obiettivo non era quello di realizzare il nuovo simbolo della Reggia di Caserta, ma solo quello di far girare qualche quattrino ad un’azienda amica. Sia detto questo senza offesa e in puro “grillese”, cioè la lingua parlata da Bonisoli e dalla direttrice Maffei.