Il pranzo da SCALZONE con Cosentino e Antimo “Penniello” Cesaro. L’impegno non mantenuto, mister Igea picchiato da Di Lorenzo e l’intervento del boss ‘o minorenne

15 Giugno 2020 - 12:22

In un primo tempo i rapporti tra il dominus di famiglia nel settore della sanità e l’uomo più vicino a Pasquale Puca erano pessimi: “I Cesaro pensano solo ai fatti loro, non hanno messo nessuno a lavorare. Il fidanzato di mia figlia, 8 anni fa…”

 

CASERTA –  (g.g.) E’ stato Antimo Cesaro, cioè l’assoluto patron del centro Igea e di tutti gli affari della più nota tra le famiglie imprenditoriali santantimesi a tenere i rapporti con la camorra, con i capi clan che si sono avvicendati, partendo da Pasquale Puca detto ‘o minorenne, dal 2007 in poi. Antimo Cesaro detto penniello è tanto dentro alle questioni da litigare di brutto, fino al contatto fisico, ad un’aggressione subita con Francesco Di Lorenzo, non uno qualsiasi, ma un esponente di spicco del clan Puca che Pasquale o minorenne considera una sola cosa con lui stesso, al punto da rimproverare Antimo Cesaro sul fatto che non ha mantenuto la parola data a Di Lorenzo per favorire professionalmente, quella che nell’ordinanza viene definita, “una donna a lui legata”.

Sperava tanto, infatti il Di Lorenzo in un pranzo che si svolse, presumibilmente dopo le elezioni politiche del 2008, nel noto ristorante Scalzone di Castel Volturno-Pinetamare. Sperava perchè lì sarebbe venuto anche Nicola Cosentino.

Il Di Lorenzo intercettato parla di ministero degli interni, ma in realtà si riferisce a periodi in cui Cosentino era sottosegretario all’Economia. Ecco perchè abbiamo incastrato temporalmente questo episodio, dopo le elezioni politiche svoltesi nella primavera del 2008.

E invece, attorno a quella tavola, affollata di persone arrivate sul posto tutte in auto blindate, Cosentino per la carica che ricopriva, i camorristi, perdonateci la battuta, pure. Ma di tutto si parlò, eccetto che della “sistemazione” della donna cara a Di Lorenzo, al punto che quest’ultimo abbandonò deluso quel pranzo in cui evidentemente, secondo la promessa fattagli da Antimo Cesaro, il problema di questa donna avrebbe dovuto essere affrontato e anche risolto.

Da quel momento in poi, Di Lorenzo si infuria sul serio. Picchia Gianluigi Di Ronza, cugino di Antimo Cesaro e quindi anche di Luigi, Raffaele e Aniello. Succede a margine dei lavori di una seduta del consiglio comunale di San’Antimo, allorquando un diverbio trascende in violenza fisica. A quel tempo, era ancora libero il boss Pasquale Puca il minorenne, verso il  quale evidentemente Di Ronza ma soprattutto Antimo Cesaro produsse la propria lamentela. In un primo tempo o minorenne prese le parti di Antimo Cesaro e rifilò un paio di sonori calcioni, dopo averli convocati allo stesso Di Lorenzo e a Luigi Di Spirito.

Dopo, però, Pasquale Puca ascolta il racconto di Di Lorenzo e allora cambia atteggiamento: senza fargli sapere il motivo convoca Antimo Cesaro o penniello e determina un faccia a faccia con Di Lorenzo. Pochi minuti e finisce in rissa. I due entrano in contatto fisico e deve intervenire il boss per dividerli e riportare la pace. A quel punto, Puca chiede ad Antimo Cesaro di rispettare gli impegni presi con Di Lorenzo. Evidentemente ciò accade se è vero com’è vero che quest’ultimo afferma nel suo racconto intercettato che a partire da quella rissa, i rapporti tra lui e Antimo Cesaro diventarono ottimi, addirittura confidenziali.

Queste tensioni tra la famiglia Cesaro e gli esponenti di prima linea del clan Puca non erano legate solo a fatti specifici, ma ad un atteggiamento molto piegato, sempre da parte dei Cesaro sui propri interessi personali. Al riguardo c’è un dialogo intercettato che vede protagonista ancora una volta Francesco Di Lorenzo che in questa circostanza conversa con il fratello: “Gli dissi del fidanzato di mia figlia….sette anni otto anni fa…non fa fatto niente, prende solo per il culo….”. A questa affermazione fa eco quella precedente di Raffaele: “Quello pensa solo a lui e ai figli…“. E ancora Francesco: “Mi sono rotto con molta gente che ti vedono un Cesaro sano sano (significa in poche parole che lo identificavano totalmente come una persona assimilata alla famiglia Cesaro, n.d.d.). Ma tu non mi hai dato mai niente, mai niente! Non mi hai messo uno a lavorare.”

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA