Il premier Conte vinse il concorso all’Università di CASERTA con il suo maestro in commissione
6 Ottobre 2018 - 19:40
CASERTA – (g.g.) La vicenda raccontata oggi dal quotidiano Repubblica sul concorso che ha dato a suo tempo a Giuseppe Conte, oggi presendenti del consiglio l’idoneità per professore ordinario di diritto privato, è sicuramente antipatica e collega il premier ad un ordinario vizio italico: quello delle raccomandazioni e di qualche forzatura curriculare.
In questa storia, c’entra anche Caserta perchè quel concorso Conte lo vinse all’allora Sun, insieme a Carlo Venditti, rampollo di cotanto padre, di cotanto barone della giurisprudenza della Federico II.
In quella commissione giudicatrice c’era anche il professore Guido Alpa di cui, come è scritto nel suo curriculum, Conte era allievo. La cosa diventa ancor più seria perchè, sempre rimanendo al curriculum, il presidente del consiglio segnalava anche una collaborazione professionale, con il professore Alpa, all’interno dello stesso studio.
Il che andrebbe in contrasto con i pareri sulla incompatibilità dentro alle commissioni giudicatrici, formulate dall’autority nazionale anticorruzione, presieduta da Raffaele Cantone.
Alpa, chiamato da Repubblica, ha smentito di aver collaborato professionalmente con Conte, affermando di essere stato solo suo coinquilino. Il che, fa dire al giornale vicino al Pd, che Conte è in una sorta di tenaglia: se Alpa ha detto la verità allora lui ha scritto una bugia sul curriculum; se Alpa non ha detto la verità, allora quel concorso vinto è viziato. Anche se, bisogna dire che trattandosi di una roba successa nel 2002, va anche verificato se al tempo esisteva o meno la collaborazione professionale tra il maestro e l’allievo.
Questa la storia. E non ci stupisce perchè 5 Stelle è anch’essa piena di imbucati, i perfetti esemplari della razza italica che si sono arrangiati alla grande e lo fanno tuttora.
Il problema è che Repubblica lancia la volata al Pd, il quale, subito dopo la pubblicazione dell’articolo, chiede chiarimenti eccetera eccetera. E qui casca l’asino. Perchè il Pd e il giornale vicino a questo partito non hanno alcuna legittimazione morale per diventare giudici di un comportamento che si ritrova, attraverso altre forme, nell’80% della classe dirigente del Partito Democratico su questo territorio. Basterebbe vedere in Campania cosa combinano.
Dunque, è giusto che il premier spieghi e che incroci anche la riprovazione. Detto questo, però, non è certo il Pd che può rappresentare un’alternativa di moralità.