IVANHOE, Pasquale e il “rabdomante” che in un solo tocco ti diceva quanto soldi c’erano nella busta per il figlio di Sandokan

30 Luglio 2025 - 11:20

Un altro elemento interessante dello stralcio dell’ordinanza che ha portato all’arresto del figlio del super boss è rappresentato dall’intermittenza selettiva con le quali vengono valutati i racconti del testimone Antonio Corvino: vere quando serve, false quando non sono funzionali alle tesi dei Pm della Dda

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CASAL DI PRINCIPE/GRAZZANISE (g.g.) Era un mago delle banconote. Le contava ad occhi chiusi. E se erano chiuse in una busta, lui la toccava, l’accarezzava e sapeva dirti quale fosse la cifra che conteneva. Quando Pasquale Corvino, figlio del citato Romolo, rimasto proprietario sulla carta del terreno e che aveva trasmesso il suo status di testa di legno al suo erede, gliene consegnò una, piena di banconote, affinché la passasse nelle mani di Ivanhoe Schiavone, figlio di Sandokan r dunque comproprietario di fatto del terreno di Selvalunga, Antonio Corvino, da vero rabdomante dell’euro, valutò che in quella busta ci fossero o cinquemila euro o diecimila euro. Forse, aggiungiamo noi, a seconda che le banconote fossero da cento o da cinquanta euro.

Ma perché Pasquale Corvino dà quei soldi al suo omonimo dal momento che Antonio Corvino aveva rinunciato, dopo “cortese” richiesta formulatagli da Ivanhoe Schiavone e dallo stesso Pasquale Corvino? Perché, tutto sommato, aggiungiamo noi, faceva parte della stessa compagnia di giro. Poi Antonio racconta ai magistrati una sua verità sul motivo per cui Pasquale Corvino gli aveva chiesto di lasciare quel terreno prima della scadenza del contratto di affitto. Molto sarebbe dipeso da alcune cartelle di pagamento di arretrati Imu e da altre cartelle contenenti importo dei canoni da corrispondere al Consorzio di Bonifica: circa 50mila euro. Pasquale Corvino avrebbe voluto che fosse Antonio a pagarle. Di fronte alla ovvia risposta di quest’ultimo che gli ricordava che queste tasse è questi canoni fossero a carico del proprietario e non del locatario e che inoltre lui non aveva mai utilizzato gli impianti di irrigazione consortili, sarebbe maturata la decisione. Un racconto che il Gip contesta in una tipica versione valutatrice che purtroppo troppo spesso schiaccia l’organo giudicante sulle tesi di quello inquirente. Quello che dice il Gip sulla inverosimiglianza del racconto di Antonio Corvino relativamente a questa vicenda delle tasse rappresenta un’analisi di un percorso logico anche condivisibile, ma non è che un pentito o in testimone chiave dice la verità quando le sue parole sono funzionali alla costruzione accusatoria e diventa un cazzaro quando le sue affermazioni non sono funzionali alla costruzione dei pm