La cattura del boss Michele Zagaria rischiò di fallire. I magistrati: “Un’ombra sinistra su quell’operazione, desiderio di consacrazione personale di alcuni partecipanti”
29 Settembre 2023 - 17:22
I giudici del tribunale di Aversa-Napoli Nord scrivono di “aspetti inquietanti”.
CASAPESENNA. Quattro anni e sei mesi per peculato ed un anno e 8 mesi per truffa. Oscar Vesevo, il poliziotto accusato di aver fatto sparire una pen drive dopo l’arresto del capoclan dei Casalesi Michele Zagaria, dal covo di via Mascagni a Casapesenna, è stato condannato dai giudici di primo grado, lo scorso 27 giugno ma, solo pochi giorni fa, sono state rese note le motivazioni di quella sentenza.
In 93 pagine, la Prima sezione penale del Tribunale di Aversa-Napoli Nord (presidente Agostino Nigro, giudici a latere Carlotta De Furia e Ilaria Chiocca) spiegano le ragioni che li hanno indotti a comminare quelle pene ma, molto interessante, è quanto scrivono sul blitz che portò all’arresto del capoclan Michele Zagaria, parlando di aspetti inquietanti di quell’operazione.
“(…) Il compendio di testimonianze ed altre prove assunte – scrivono i giudici – ha contribuito a gettare, su una delle operazioni di polizia più importanti degli ultimi anni alla lotta alla criminalità organizzata campana, un’ombra sinistra, nella quale ad aperti episodi di disonestà si è espresso un emotivo desiderio di consacrazione personale di alcuni dei partecipi alla cattura di Zagaria (…). Tale eccesso di entusiasmo professionale e mediatico, oltre a generare un oggettivo imbarazzo per il compimento dell’importante operazione ha, a parere del collegio, gettato le basi per una vicenda criminale a carico di Oscar Vesevo, abile investigatore ma soggetto gravato da condizioni personali incompatibili con la delicatezza del suo compito”.
“(…) Dimostrato è che l’operazione di Polizia – scrivono ancora i giudici – si svolse fin dall’inizio nel bailamme per poi degenerare in un’operazione caotica e festante, quando si ebbe certezza della presenza del latitante”.