LA CHIUSURA DI RADIO RADICALE. Sarà perso il più grande ed importante archivio della politica italiana. Lo storico responsabile Andrea Maori a Caserta, numeri incredibili: oltre 540.000 registrazioni tra dibattiti, interviste, congressi e tanto altro

31 Maggio 2019 - 11:36

CASERTA – (pasman)  Torniamo ancora una volta, per la sua rilevanza ai fini del diritto alla conoscenza, sulla vicenda di Radio Radicale.  Giovedì della settimana scorsa, come avevamo anticipato, presso il centro culturale S. Agostino di via Mazzini si è svolto il dibattito “Vite negli archivi. L’archivio audio-video di Radio Radicale tra produzione, conservazione e diffusione”, con l’intervento di Andrea Màori, curatore storico dell’archivio multimediale dell’emittente radicale e con la partecipazione di Felicio Corvese, storico, presidente del centro studi Francesco Daniele, nonché dell’ispettrice archivistica onoraria Fosca Pizzaroni.

All’incontro, coordinato dalla docente e giornalista Nadia Verdile, ha portato il saluto della città l’assessore Tiziana Petrillo. Tra il pubblico, il consigliere comunale Gianluca Iannucci   – promotore della mozione approvata all’unanimità dall’assise casertana lo scorso 30 aprile per scongiurare la chiusura di Radio Radicale a seguito dei tagli dei fondi all’editoria decretati dal governo – ed il soprintendente archivistico regionale Paolo Franzese.

Andrea Màori ha ripercorso la storia di Radio Radicale sin dalle origini “carbonare” ( tra la fine del 1975 all’inizio del 1976, quando i collegamenti per seguire i lavori parlamentari, poiché non consentiti dai regolamenti delle due aule, avvenivano in forma clandestina,  appoggiando la cornetta telefonica agli altoparlanti) per arrivare all’oggi, che vede il concreto rischio di cessazione delle attività radiofoniche per la soppressione dei fondi pubblici, come si diceva, e la conseguente dispersione dell’immenso archivio formatosi in questo oltre che quarantennio di vita. Ha quindi illustrato l’articolazione ed il funzionamento di esso e le modalità con le quali viene processato il materiale documentaristico video ed audio acquisito, evidenziando come sia liberamente ed incondizionatamente consultabile ed acquisibile da parte di chiunque attraverso il collegamento al sito informatico www.radioradicale

.it.

L’archivista radicale, che è anche autore di diversi saggi storici, ha poi illustrato alcuni dati numerici dell’archivio, significativi della sua dimensione, ma soprattutto della sua rilevanza storico-culturale. Come ha precisato, esso è formato da 540.000 registrazioni, con 224.000 oratori, 102.000 interviste, 23.500 udienze dei più importanti processi degli ultimi due decenni, 3.300 giornate di congressi di partiti, associazioni o sindacati, più di 32.000 tra dibattiti e presentazioni di libri, oltre 6.900 tra comizi e manifestazioni, 22.600 conferenze stampa e più di 16.100 convegni. Ossia la memoria palpitante ed unica della vita istituzionale, politica, sociale del paese, della vivezza propria del mezzo audio-visivo, che non si riscontra nel mezzo cartaceo. E diceva unica non a caso, poiché né la Rai né gli archivi di Camera e Senato dispongono di una tale mole di materiale documentaristico.

La conclusione dell’incontro non poteva che vertere sulla questione cruciale della sopravvivenza di Radio Radicale.

Tutti, relatori e pubblico, hanno convenuto che la chiusura dell’emittente, risolvendosi in un atto di censura, costituirebbe un delitto contro la democrazia e le libertà della Repubblica. Ed è lo stesso giudizio che accomuna i più autorevoli commentatori, i pubblicisti, gli uomini politici  italiani ed anche stranieri nonché  il ceto intellettuale più ampiamente inteso. Parole gravi e non usuali nella vita politico-sociale italiana degli ultimi decenni e che non vengono certo da sospetti oltranzisti.

Nella foto, un momento del dibattito.

Mentre le migliori, più autorevoli ed illuminate menti del Paese, assieme a larghissima parte delle forze politiche, comprese le assemblee dei maggiori consigli regionali e le centinaia di consigli comunali, hanno fatto appello al capo del governo, ed ai 5S Luigi di Maio e Vito Crimi perché riconsiderino la  loro propria ed insensata decisione contro l’emittente radicale, per i valori di pluralità, imparzialità ed indipendenza che essa esprime, quelli con pervicacia mantengono un arroccamento degno di migliore causa. E forse sono proprio tali  valori il problema in questa nuova democratura. E mentre Di Maio e Crimi non hanno storia né giustificazioni minimamente credibili, sconcerta l’indifferenza dell’accademico Giuseppe Conte, sordo alle proteste proprio delle accademie di tutti i saperi.

In conclusione, prendendo spunto dal convegno, facciamo nostra una proposta emersa nel corso del dibattito, perché  i consigli comunali della provincia, come hanno già fatto quelli di Caserta e S. Maria a Vico, si risolvano – ora che è  trascorso il tempo elettorale, con i 5S, gli artefici delle penalizzazioni varate contro l’editoria e l’emittenza italiane, appena  ridimensionati  – ad approvare nell’immediato una mozione di sostegno a Radio Radicale per scongiurarne la chiusura. Sarebbe un modo della provincia di distinguersi non in peggio, come  sempre accade. Anche individualmente è possibile sottoscrivere, sul sito della radio, una petizione di sostegno all’emittente e ad oggi sono state raccolte oltre 200mila firme di comuni cittadini (non i quattro gatti della piattaforma grillina Rousseau ). Solo chi non conosce Radio Radicale, o ne teme  l’emancipazione o l’ha in pregiudizio può volerne la scomparsa. Esortiamo i nostri tanti lettori a farlo, in nome della libertà di  opinione e di manifestazione del pensiero.

 

Qui la registrazione dell’audio dell’incontro