La Domenica di don Franco: “Io sono con voi tutti i giorni. Ogni paura è vinta!”
24 Maggio 2020 - 07:52
24 maggio 2020 – Ascensione del Signore (A)
NON UNA “SALITA” NELLO SPAZIO, MA UNA “ESTENSIONE” DI AMORE
gruppo biblico השרשים הקדושים [email protected]
Prima lettura: Gesù fu elevato in alto sotto i loro occhi (At 1,1). Seconda lettura: Dio ha fatto sedere Cristo alla sua destra nei cieli (Ef 1,17). Terza lettura: Mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra (Mt 28,16).
La scena dell’Ascensione di Gesù risorto al cielo è di grande suggestione, ed è stata commentata da musicisti come J. S. Bach e da pittori come P. Mantegna. Sul monte degli Ulivi è stato costruito dai crociati un tempietto ottagonale, trasformato poi in moschea nel 1200. Spiegavo un anno ai pellegrini che questo tempietto oggi ha un tetto, ma in origine era scoperto per ricordare l’Ascensione. Con l’entrata di Gesù nel cielo, è cambiato qualcosa sulla terra? Esteriormente nulla. Tutto come prima, niente di nuovo sotto il sole! Eppure qualcosa di incredibilmente nuovo è accaduto: c’è stato com un potente fascio di luce nuova, come quando in un giorno di nebbia, improvvisamente appare un raggio di sole; le cose sono sempre le stesse ma è diverso il modo di vederle. Chi è illuminato dalla fede nel Gesù risorto vede tutto con occh nuovi.
Alcune contraddizioni… A prima vista il racconto dell’Ascensione scorre lineare ma, riflettendo meglio, alcuni elementi creano imbarazzo. Possibile che Gesù si sia comportato come un astronauta che si stacca dalla terra? Dove avvenne l’Ascensione: a Betania (Lc 24,50) o in Galilea (Mt 28,16)? Possibile che gli apostoli tornarono a Gerusalemme pieni gioia, pur avendo perduto il Signore (Lc 24,50)? Quando avvenne l’Ascensione: il giorno stesso di Pasqua (Lc 24) o quaranta giorni dopo Pasqua (At 1,3)? E’ lo stesso Luca a confonderci, quando ci dà due date contrastanti. E se prendiamo come buona la versione dei quaranta giorni, ci chiediamo: cosa ha fatto Gesù risorto durante questo tempo? Sul Calvario non aveva promesso al ladrone: “Oggi sarai com me in paradiso” (Lc 23,43)? Appare chiaro che l’intenzione di Luca (e degli altri evangelisti) non è quella d’informarci su come, dove, quando Gesù è salito al cielo. Il vangelo vuole insegnarci non “come vanno” i cieli ma “come si va” in cielo!
L’Ascensione è proprio una festa? Iniziamo con una domanda: chi di noi sarebbe contento di perdere il padre o la madre o l’amico? Davvero possiamo rallegrarci della scomparsa di Gesù? Dobbiamo sforzarci di capire, perché le verità del cristianesimo non si ingoiano, subito e tutte, con il sale del battesimo o con le risposte del catechismo, ma esse si assimilano lentamente, con il trascorrere del tempo, e soprattutto in compagnia del dolore. Se una madre si ritrova il figlio morto tra le braccia, con maggiore facilità potrà comprendere il dolore di Maria ai piedi della croce. Se un amico ha fatto l’esperienza di sentirsi tradito e abbandonato dagli amici, con maggiore facilità potrà comprendere il dolore di Gesù abbandonato e tradito da Giuda. Solo ad una certa età comprenderemo meglio il mistero della Trinità, forse quando diventeremo più padri o più madri. Infine, quando vedremo il nostro corpo sempre più vecchio e malato, avvizzito e cadente fino alla morte, allora con maggiore facilità comprenderemo queste parole “Credo nella vita eterna, nella risurrezione dei morti”. Così avviene per la festa dell’Ascensione: è falso fare festa senza prima avere sofferto il dolore del distacco. E’ preferibile la durezza di cuore e l’ignoranza degli apostoli: sono gente povera, che almeno confessa di non avere compreso; noi invece fingiamo tutti di credere con il risultato che nessuno crede più. Ci consola pensare che almeno gli apostoli non hanno finto di credere; sono stati sinceri, e per questo sono stati capaci di cambiare, perché ogni loro passo in avanti era reale, come reale era stata la loro delusione.
Quanta “presenza” in questa “assenza” di Cristo! Dal momento dell’Ascensione, gli apostoli cominciarono a comprendere che la terra mai era stata così piena di divino, da quando Gesù l’aveva abbandonata. Non lo avevano mai sentito così presente, nonostante il dolore del distacco. Ovunque andassero, Gesù era con loro, confermava le loro parole con i miracoli. Comprendevano insomma che Gesù, come non aveva cessato di essere Dio facendosi uomo, così non si era allontanato dagli uomini, anche ritornando al Padre. Ecco l’esperienza che dobbiamo fare lentamente. Il pericolo maggiore è la fretta; i nostri dogmi, le nostre liturgie ci fanno godere il frutto della ricerca di 20 secoli! Dobbiamo anche noi rifare il percorso, dire a Gesù la nostra tristezza nel vederlo partire, la nostra nostalgia in un Regno dove poter vivere insieme a Lui; quando avremo partecipato alla debolezza degli apostoli, potremo partecipare anche alla loro esperienza beatificante. In questa novena dello Spirito Santo, sforziamoci di abbandonare l’idea che il tempo prima dell’Ascensione era l’età dell’oro del cristianesimo, tempo felice in cui Dio abitava tra gli uomini, gli angeli andavano e venivano, lo Spirito era una ingenua colomba, il Padre era una voce di tuono tra nubi luminose che facevano ombra, il Figlio era un taumaturgo da cui uscivano virtù e miracoli. Diventiamo credenti adulti! Cristo è molto più presente in questa sua assenza, e ci incoraggia per il bene, molto più del diavolo per il male!
Gesù, asceso al cielo, è con noi tutti i giorni La descrizione dell’Ascensione contiene immagini simboliche che devono essere riconosciute:
a) anzitutto il “salire” è associato al divino dal folklore universale. Per questo motivo nella Bibbia Dio viene qualificato come l’Altissimo (Gn 14,19) e la sua sede è sempre su una montagna. Per incontrarlo occorre “salire” (Salmo 122,4 e più in generale i 15 salmi detti “delle ascensioni”). Prima di Gesù vengono elevati a Dio Enoch(Gn 5,24; Sir 44,16; Eb 11,5), Elia (2Re 2,11) e i giusti morti prematuramente (Sap 3,2; 4,10);
b) la nube in cui Gesù penetra (At 1,9) è un legame fra cielo e terra, velo della dimora divina e della sua gloria o veicolo per raggiungerla. Compare nell’Esodo (da 13,21 in poi e in particolare 40,34) come nei testi apocalittici (Dn 7,13; Lc 21,27; Ap 1,7; 14,14);
c) nella mitologia greco-romana si hanno analogamente i “rapimenti” di Ercole e di Romolo. Con-clusione: la descrizione dell’Ascensione è un genere letterario, anche se ritrae un evento reale;
d) tutti i popoli, con la parola “cielo”, intendono la dimora di Dio; anche nel vangelo leggiamo: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli”; anche noi diciamo: “Padre nostro che sei nei cieli”, oppure: “E’ andato in cielo”.
Oggi, con lo sviluppo della scienza e della tecnica, dopo i viaggi degli astronauti nello spazio, questo linguaggio è entrato in crisi. Noi sappiamo bene che Dio è in cielo, in terra, in ogni luogo: egli è onnipresente. Che Dio sia nei cieli significa solo che Dio “abita in una luce inaccessibile”, che è infinitamente diverso da noi. Il cielo non è uno spazio o un luogo ma è uno stato di grazia, è il Paradiso, è Dio stesso. Sicché “andare in cielo … andare in paradiso” significa stare con Dio e con il suo Figlio. Non si tratta di un movimento spaziale, astronautico, astrofisico, ma di una “Ascensione”, di una estensione di amore: Gesù, proprio perché è “salito”, può raggiungere e salvare sempre tutti: “Mi è stato dato ogni potere”. Ecco perché l’Ascensione è una festa: mentre prima “Gesù-uomo”, per le necessarie leggi spazio-temporali, poteva essere presente solo in Palestina, parlare a pochi, guarire pochi … ora invece “Gesù-risorto” e asceso può raggiungere tutti grazie alla sua ubiquitante capacità salvifica. Dobbiamo smettere di parlare e ragionare in termini di geografia astronomica, e iniziare a riconoscere questo Dio presente dappertutto: “Io sono con voi tutti i giorni”.
Perché state a guardare il cielo? Gli apostoli stanno a bocca aperta, un po’ affascinati e un po’ delusi, a guardare il cielo, ma Qualcuno li rimette nella giusta direzione. Non ci è consentito “stare a guardare” ma dobbiamo “andare e ammaestrare”, cioè essere tutti missionari, abbandonare i sacri recinti e ogni atteggiamento spiritualistico, suscitare sante inquietudini, rimboccarci le maniche, lavorare per l’avvento del Regno di Dio. Ricordo che la sagrestana del mio paese, durante la festa dell’Ascensione, un anno mi disse: “Oggi è l’Ascensione al cielo: di certo parlerete del cielo”. Ho dovuto deluderla: l’Ascensione è la festa della terra. Aveva in parte ragione quel lucido pazzo di F. Nietzsche quando scrisse: “Vi scongiuro, fratelli, siate fedeli alla terra”. Ecco, oggi ci viene affidata la terra, questa nostra Madre Terra da umanizzare e divinizzare. Che diventi un “ambiente divino”, come si augurava il teologo e scienziato Teilhard de Chardin. Oggi nasce la Chiesa in cammino, oggi nasce la nostra missione nel cantiere del mondo.
Mi è stato dato ogni potere Questo brano di Matteo è stato redatto dopo la distruzione di Gerusalemme e la conseguente dispersione del popolo ebraico nell’anno 70; la tensione tra cristiani e giudei andava aumentando, le comunità cristiane erano piccoli gruppi e con scarsa importanza nell’impero. In mezzo a tensioni e divisioni religiose così grandi, c’è da chiedersi se questo finale di Matteo corrisponda a quello che realmente ha voluto Gesù, o se piuttosto non sia la proiezione di un desiderio, il desiderio di trasformarsi nella religione universale, quasi a voler prolungare l’imperialismo universale di Roma. Ebbene, in questioni di religione le pretese di universalità si trasformano inevitabilmente in violenza, divisioni, scontri. Un “dio” che aspira ad essere universale (Pantokrator), per questo stesso motivo tende ad annullare gli altri “dèi”! Forse è più ragionevole intendere e vivere l’esperienza religiosa come l’ha vissuta il Gesù terreno: vivere la fede in Gesù come fede nella bontà, nel rispetto, nell’accoglienza di tutti per tutti, quali che siano le convinzioni e le pratiche religiose che ogni popolo ed ogni cultura vive in particolare. Ecco una delle questioni più serie che ci pone la festa dell’Ascensione del Signore.
La chiusura più bella L’Ascensione viene presentata da Matteo come il punto di partenza dell’espansione missionaria della Chiesa. Quei tre imperativi “Andate, ammaestrate, battezzate” dicono agli apostoli che devono continuare la missione di Gesù, senza attardarsi a guardare il cielo. La chiusura più bella dei quattro vangeli è, senza dubbio, quella di Matteo. Il motivo è questo: Marco, Luca, Giovanni finiscono il loro vangelo con riflessioni o narrazioni; Matteo, invece, lascia l’ultima parola a Gesù: “Sono con voi tutti i giorni”. Gesù sta per lasciare i suoi; sa di provocare uno shock enorme; mai nessuno aveva irradiato tanto fascino come Lui; egli era stato per i suoi padre, madre, maestro, amico, pastore … e perderlo dovere essere uno strazio! E poi, ora cominciavano gli anni duri della missione, i dolori delle persecuzioni; gli apostoli ricordavano quanto Gesù aveva loro promesso: disprezzo, carcere, morte; erano ignoranti e impreparati di fronte ai filosofi greci e agli imperatori romani. Ma Gesù li incoraggia: “Mi è stato dato ogni potere”. Poi li spinge, con due parole che sono come due sacramenti: “Andate! Ammaestrate!”. Missione e insegnamento! Immagino gli apostoli che si alzano, e via, in cammino per il mondo. Ma la tentazione, loro e nostra, è quella di girarci indietro. Ed ecco la frase capolavoro, lo squillo di tromba che sprona ogni cristiano: “Io sono con voi tutti i giorni”. Ogni paura è vinta! Maria, salus infirmorum, ci protegga da ogni male! Buona Vita a tutti!