La Domenica di don Galeone: “…Non ci guardiamo più allo specchio, e così pensiamo di essere puliti!”

3 Aprile 2022 - 15:14

V Domenica di Quaresima (C) – 3 aprile

Il peccato? Un inferno da cui ci libera Dio

Prima lettura: Ecco, faccio una cosa nuova e darò acqua per dissetare il mio popolo (Is 43,16). Seconda lettura: Per Cristo, tutto io reputo una perdita (Fil 3,8). Terza lettura: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei! (Gv 8,1).

Le tre letture di questa domenica sono legate da un filo comune: la novità: >
La prima lettura, quella del “secondo Isaia”, un profeta anonimo vissuto nel VI secolo a. C., descrive il ritorno degli ebrei da Babilonia come un secondo esodo; gli ebrei ritornano a casa, dopo il 586, anno della distruzione di Gerusalemme, a opera dei babilonesi. “Non ricordate più le cose passate”: è il messaggio forte del profeta; gli ebrei hanno alle spalle fiamme, distruzioni, esilio; alcuni si erano anche adattati, sentivano paura del passato ma anche angoscia del futuro. > La frase della seconda lettura “Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta”, viene scritta da Paolo, che è in prigione; anche lui si libera dal passato e va verso il futuro, il nuovo che lo attende. > L’espressione del Vangelo “Va’ e cerca di non peccare più” esprime la stessa realtà, il contrasto tra passato e futuro, l’appello al nuovo. L’adultera del Vangelo è stata una peccatrice in passato; Cristo le offre un futuro di grazia. Questo “nuovo” già ora germoglia, anche se la sua pienezza non è ancora.

Dal Vangelo  Il Vangelo di questa domenica è pregnante di insegnamenti! Che sia un brano scomodo, lo dimostra il fatto che manca in parecchi manoscritti e codici. Oggi siamo rassicurati dagli studiosi che il brano possiede tutti i crismi della storicità. Interessante conoscere la storia di questo brano! Se, leggendo un libro, troviamo una pagina strappata, pensiamo probabilmente che il racconto doveva contenere dettagli sconvenienti e che qualcuno ha asportato la pagina incriminata. Bene, nei primi secoli della chiesa, quando vennero trascritti i libri del Nuovo Testamento, da quasi tutte le copie della Bibbia fu tolta la pagina del Vangelo di oggi. Deve averla composta Luca (il tema, lo stile, il linguaggio sono i suoi) e il suo posto naturale è alla fine del capitolo 21. Certamente non è di Giovanni e non sappiamo come sia entrata nel capitolo ottavo del quarto Vangelo. Sant’Agostino dava la sua spiegazione: i mariti, i genitori, i responsabili delle comunità hanno pensato che la frase di Gesù «io non ti condanno» poteva essere fraintesa e allora… meglio ignorare il racconto.

Chi erano i componenti della buon costume di Gerusalemme? Non lo sappiamo: allora, come oggi, ci sono persone ossessionate dalla sessualità. Ma sono davvero innocenti questi moralizzatori? Perché godono nel mettere in pubblico i peccati altrui? Forse si tratta di gente che vorrebbe fare le stesse cose, ma, non potendolo, si trasforma in squadrista del buon costume. Qualcuno deve aver fatto la proposta di condurla da Gesù. Lo trovano seduto nel piazzale del tempio, circondato da molta gente che lo ascolta con attenzione. Trascinano la donna nel mezzo, «in piedi, di fronte a tutti» e, con un sorriso pieno di sottintesi, gli chiedono: «Maestro, la legge ordina di lapidare le donne come questa. Tu che ne dici?». Gesù non risponde. Si china e comincia a scrivere per terra. Che cosa scrive? Non lo sapremo mai! Gesù poteva togliersi d’impiccio in modo molto semplice: invitando gli accusatori a rivolgersi ai giudici legittimi. Ma questo significherebbe abbandonare quella donna ai giudici del tribunale. Per questo alza il capo e dice: «Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei». A quel punto i presenti sono stati smascherati, è stata messa a nudo la loro ipocrisia. Abbassano gli occhi e si allontanano, cominciando dai più vecchi, dai «presbiteri», dice il testo greco. Forse sono proprio loro che devono fare un esame di coscienza.

  E’ chiaro che Gesù perdona chi pecca. Ma proprio qui sta il problema: non c’e assolutamente nulla che faccia supporre che la donna fosse pentita. Non confondiamola con la peccatrice di cui ci parla Luca in un’altra parte del suo Vangelo. Quella sì che era pentita: pianse, unse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli (Lc 7,36). Ma l’adultera del Vangelo di oggi non ha fatto nulla di tutto questo. E’ stata colta in flagrante, afferrata, minacciata, picchiata, condotta davanti a Gesù. Certo, doveva essere piena di vergogna; ma supporre che, in quelle condizioni, abbia pensato a cambiare vita è pura fantasia! E’ strano che non sia stato agguantato anche l’uomo. E’ la solita storia: l’aggressività si scarica sempre sui più deboli; i forti riescono, sempre, in qualche modo, a farla franca. La legge puniva l’adulterio con la morte (Lv 20,10). In pratica però i giudici non erano severi, chiudevano sempre un occhio e non condannavano mai alla pena capitale. Del resto, quando nella Bibbia viene comminata questa pena, in genere si sottolinea solo la gravità del crimine. Basti pensare che è prevista anche per chi percuote il proprio padre (Es 21,15).

Prestiamo attenzione. Gesù non dice alla peccatrice: «Per questa volta non ti condanno!». Dice: «Non ti condanno!», né oggi, né domani, né mai. E qui ci aiuta la grammatica greca: l’imperativo usato da Gesù “μηκέτι ἁμάρτανε” è presente, intende che l’azione è già iniziata e va completata, andrebbe tradotto così: «Va’ e sforzati di non farti più male!». Con questo invito, la donna viene restituita al suo futuro. Il suo scrivere per terra sta a significare la sua estraneità ai legulei che avevano scritto la legge sulle tavole di bronzo, mettendola non al servizio dell’uomo ma dei propri interessi. Gesù rompe la meccanica del passato ed apre la coscienza al futuro, distingue bene il peccato (che va sempre condannato) dal peccatore (che va sempre rispettato). E’ falsa ogni identificazione tra peccato e persona. Per Gesù, tutti siamo colpevoli. Nessuno di noi può scagliare la pietra contro nessuno. Se Gesù non giudica e non condanna, allora significa che il peccato è una cosa da poco? Comportarsi bene o male fa lo stesso? Gesù non dice alla donna: «Va’ in pace, hai fatto bene a tradire tuo marito, continua così!»; le dice: «Smetti di farti del male, non ripetere l’errore di rovinarti l’esistenza!». Nessuno odia il peccato quanto Gesù, perché nessuno ama l’uomo più di lui. Tuttavia non condanna chi sbaglia e a nessuno permette di lanciare pietre.

 Questo Vangelo è anzitutto un documento di legislazione antifemminista, di pregiudizi maschilisti, di disordine sociale. Infatti, si condanna, in questa società ebraica come in tante altre società, la donna adultera ma non l’uomo che violenta, maltratta, stupra, protegge, o, nel migliore dei casi, paga alla donna il suo servizio. Non è scritto, ma si legge tra le righe: l’uomo in questione ha ripreso i suoi pantaloni, e se n’è andato indisturbato; neppure un accenno a lui; tutte le responsabilità sono scaricate sulla donna, che viene spiata, catturata, e solo Cristo la libera dalla lapidazione. Il perbenismo è una malattia diffusa; siamo tutti iscritti al club della gente per bene; ci piace distribuire etichette a destra e a manca; facciamo anche campagne contro le prostitute, i drogati, i criminali … per sentirci sicuri del nostro benessere, non per assumere la nostra parte di responsabilità. I valori mancano anche in noi cristiani, ma è più comodo parlare di società senza valori, e trovare i capri espiatori. Dà una gioia diabolica il poter scagliare la pietra contro gli altri! Non ci guardiamo più allo specchio, e così pensiamo di essere puliti!

✩  Il Vangelo ci porta il suo lieto annuncio: il peccato, sotto lo sguardo di Cristo, si scioglie, si sciolgono i nostri poveri tribunali, come si è sciolta la turba dei lapidatori, e si resta soli di fronte a Cristo ad ascoltare stupìti che la colpa non è motivo di condanna, ma che ogni colpa può diventare un felice ricordo, una “felix culpa!”. E’ davvero semplice! Cristo ci chiede di non perdere tempo lungo la strada; il peccato è spesso solo una stupida perdita di tempo. Gesù non condanna nessuno, salva e basta! Alla fine della nostra vita, più o meno sgangherata, non troveremo un giudice giusto ma un Padre accogliente. Buona vita!