La Domenica di Don Galeone: “Oggi non si vuole sentire parlare di obbedienza, di sottomissione, di dipendenza. Siamo persuasi che niente e nessuno può intralciare le nostre scelte”

21 Novembre 2021 - 11:52

Solennità di Cristo Re dell’universo (B) – 21 Novembre 2021

Il mio regno non è di questo mondo!

            Prima lettura: Ecco apparire nel cielo uno simile a un figlio di uomo (Dn 7,13). Seconda lettura: Io sono l’alfa e l’omega (Ap 1,5). Terza lettura: Il mio regno non è di questo mondo (Gv 18,33).

Il mio regno non è di questo mondo!  Questa festa di Cristo re, quando fu istituita da Pio XI, nel 1925, in pieno regime fascista, suscitò qualche obiezione: era proprio quello il momento di chiamare “re” il Cristo, mentre le vecchie monarchie scomparivano, e apparivano le nuove dittature (fascismo, nazismo, stalinismo)? Forse la chiesa voleva impadronirsi del potere politico? Per più di 160 volte nel Nuovo Testamento leggiamo la parola “regno”, e di questo regno la festa odierna ci presenta l’esito terminale. Il regno di Dio non è stato inaugurato con una solenne parata militare, ma con l’arresto del suo re; non è stato presentato al mondo con una solenne cerimonia ma con una croce e un crocifisso. Cristo ha sempre rifiutato di essere fatto re. Si è dichiarato re, quando questa parola non correva nessuno rischio di essere fraintesa. Gesù si trovava solo, prigioniero, legato davanti a Pilato: “Il mio regno non è di questo mondo … I re della terra comandano … Chi vuole essere il primo diventi l’ultimo”. La parodia del processo è contenuta nella frase di Pilato: “Ecco il vostro re!”. Cristo è re perché è il solo che ci ama pienamente; è il solo che darebbe anche oggi la sua vita per me. Cristo è re perché manifesta la sua potenza non tanto creando una volta, ma perdonando settanta volte sette! Ogni autorità deve imitare quella del Cristo; il primato del papa è un primato di funzione, di servizio, di esemplarità. Nel cristianesimo non ci sono onori ma responsabilità, non poltrone da coprire ma fratelli da ricoprire, non professionisti di carriera ma dilettanti di amore. Diceva Ignazio di Antiochia che, se primati ci devono essere, uno solo è accettabile: “il primato è la presidenza dell’amore”. Il titolo più bello con cui i papi abbiano firmato i loro documenti è “servus servorum Dei!”.

Il regno di Gesù: una famiglia di figli liberi!  Oggi, il termine “Cristo re” non piace molto all’opinione pubblica, sia perché evoca tempi di monarchia da noi superati, sia perché richiama l’immagine dell’uomo-suddito. Oggi, specialmente, non si vuole sentire parlare di obbedienza, di sottomissione, di dipendenza. Siamo persuasi che niente e nessuno può intralciare le nostre scelte. Anche nel campo religioso, c’è una tendenza assai diffusa a fare di Dio il buon compagno, l’amico che dà sempre ragione, il padre che perdona ogni nostro comportamento, confondendo misericordia con relativismo, perdono con approvazione, comprensione con giustificazione. Non è raro sentire che di fronte alla parola di Dio, occorre “ragionare”, nel tentativo di ridurla alle nostre dimensioni, adeguarla alle nostre abitudini, come se fosse Dio a sottomettersi ai nostri progetti e non fosse invece urgente il contrario.  Gli studiosi del vangelo di Giovanni fanno notare che nel racconto della passione di Gesù il tema della “regalità” ritorna per ben dodici volte; davvero strano, parlare di regalità proprio nel momento del fallimento; il motivo è che per l’evangelista Giovanni quel fallimento diventa salvezza e vita. Nel brano ascoltato, per ben sei volte ritornano i vocaboli re e regno; per Pilato, 2 quelle due parole hanno un significato ben preciso, corposo: è l’impero romano, è Tiberio Augusto; egli usa quelle due parole con ironia, perché si trova davanti uno dei tanti miserabili illusi di rovesciare il potere imperiale. L’interrogatorio si apre con un “Tu” pieno di ironia; Gesù gli risponde con una verità che lascia sbalordito il funzionario romano; gli spiega che il suo regno è diverso da tutti gli altri e lo fa in due momenti: ▪ nel primo momento, negativo, Gesù dice per tre volte, quasi a impedire ogni equivoco, che “il mio regno non è di questo mondo … se il mio regno fosse … il mio regno non è di quaggiù”; e ne spiega il motivo: il suo regno non si fonda sulla forza dei soldati o delle armi. Certo il suo regno è in questo mondo, ma non è di questo mondo. Tutti gli equivoci nascono quando si trascura questa distinzione, che non è una semplice sfumatura linguistica! ▪ nel secondo momento, positivo, Gesù offre del suo regno una definizione di suggestiva bellezza: egli è il re della verità. Pilato, a questo punto, si tranquillizza: Gesù non è pericoloso, è solo un idealista, abbandonato non solo dai sommi sacerdoti, ma anche dalla sua gente.

Al regno di Gesù appartengono tutti gli uomini delle beatitudini   Del regno di Gesù non è possibile nessun censimento; i suoi confini non coincidono con quelli della chiesa visibile, sono molto più vasti e sorprendenti; più che di confini, è meglio parlare di orizzonti. Di questo regno nessuno può dire chi è fuori e chi è dentro; questo regno non ha cifre, bilanci, statistiche. Gesù davanti a Pilato non aveva nessun seguito; anche per il futuro non ha previsto folle oceaniche, ma “il piccolo gregge”. Questo significa che l’importanza dei titoli, il prestigio delle opere, i numeri grossi, i capitali delle banche … tutti questi schermi sono motivo di scandalo e di rifiuto; la ricchezza è un segno troppo visibile, che non richiama l’Invisibile. Il regno di Dio rifiuta tutti quei vocaboli ricavati dal mondo militare, come battaglie per la fede, vittoria della fede, eretici avversari, nemici della fede, conquiste della fede… La mano coperta dal guanto di ferro non è la più indicata per trasmettere la carezza di Dio! La festa di Cristo re dell’universo segna la conclusione dell’anno liturgico. Domenica prossima sarà la prima domenica di avvento, un nuovo periodo di grazia, nell’attesa del Natale. La conclusione di questo anno liturgico “B” segna la fine anche di queste riflessioni, ma per una riflessione che finisce, altre cominciano, speriamo più profonde. Grazie, intanto a chi ha avuto la pazienza e l’affetto di seguirci in questo anno di grazia. Venga il tuo regno: תא מרנא :venga anzitutto nelle scelte quotidiane della vita! Buona vita!