La Domenica di Don Galeone: “Se uno dice che ama Dio e poi odia il fratello è un mentitore”

31 Ottobre 2021 - 08:49

XXXIDomenica del TO (B) – 31 ottobre 2021

Due comandamenti, un solo amore!

Prima lettura: Ascolta, Israele, ama Dio con tutto il cuore (Dt 6,2). Seconda lettura: Gesù, sempre vivo, intercede a nostro favore (Eb 7,23). Terza lettura: Non c’è altro comandamento più importante di questi (Mc 12,28).

Dalla prima lettura  Il faraone era l’amato dal dio Ra. Il Dio d’Israele non conosce questo sentimento dolce e delicato. Nei testi più antichi della Bibbia, a Dio sono attribuite solo le passioni forti: si pente, si sdegna, si addolora (Gn 6,6-7) ma non ama, per questo gli ebrei hanno supplicato Mosè: “Parlaci tu e noi ti ascolteremo, ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo” (Es 20,19). A Osea ordina di sposare una prostituta e stabilisce come chiamare i tre figli (Os 1,1); Giona prova a ribellarsi a Dio e si ritrova nel ventre della balena (Gio 2,1); Ezechiele deve sdraiarsi su un fianco per 400 giorni e nutrirsi di feci umane (Ez 4,4); ad Abramo ordina di sacrificargli il figlio (Gn 22,1); Geremia riceve l’ordine di non sposarsi con Giuditta Ger 16,2) ) … Egli stesso si definisce un Dio geloso (Dt 5,9), un sentimento che, a partire dall’Esodo, è diventato un attributo divino (Es 34,14). Anche per la creazione: Dio contemplò il creato e “vide che era cosa buona” (Gn 1,25), ma non si allude a una sua emozione di gioia. Sono raccontate le sue alleanze con Noè e con Abramo, ma cercheremmo invano l‘inciso “perché li amava”. Il Signore ode il lamento del suo popolo in Egitto, ma anche qui nessun accenno all’amore. Israele era riluttante ad attribuire al Signore il verbo amare ( ב.ה.א) a causa delle sue implicazioni erotiche. Fu Osea che introdusse l’immagine dell’amore coniugale e, dopo di lui, nessuna espressione di questo amore, nemmeno la più audace, fu trascurata.

Dal Vangelo   Cerchiamo di inquadrare l’episodio per meglio comprenderne il messaggio. Da tre giorni Gesù è a Gerusalemme; ha scacciato i venditori dal tempio (Mc 11,15), un gesto che rompe definitivamente con i sacerdoti, che decidono di ucciderlo, gli tendono tranelli ma Gesù sempre sereno risponde con abilità, al punto che gli stessi avversari restano stupiti (Mc 11,12). Il Vangelo di oggi va collocato in questo contesto polemico: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” (Mc 12,28). Studiando le Sacre Scritture, i rabbini avevano ricavato 613 comandamenti. Tra i 248 comandi positivi (tante erano le ossa del corpo umano, secondo gli ebrei), e i 365 precetti negativi (tanti sono i giorni dell’anno), era naturale domandarsi: ma sono tutti uguali, tutti importanti questi 613 comandamenti? Alcuni rabbini si opponevano ad ogni forma di gerarchia, perché li ritenevano tutti importanti. Si racconta che rabbì Shammai un giorno prese a bastonate un giudeo che gli aveva chiesto quale fosse il primo comandamento. Per altri il più importante era osservare il sabato. Per altri: non avere altri dèi. Per rabbì Hillel era questo: “Ciò che non desideri per te, non farlo al tuo prossimo”. Rabbi Aqiva insegnava: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Rabbì Shimon, il giusto, insegnava che il mondo poggia su tre cose: “La legge, il culto, le opere buone”. Qual era il pensiero di Gesù? Eccolo: “Ama il tuo Dio con tutto il tuo cuore, la tua anima, la tua mente, le tua forza”. Poi, senza essere richiesto, aggiunge un secondo comandamento: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18). Tre osservazioni: a) Secondo Dt 6,4, Dio va amato “con tutto il cuore, l’anima, la forza”, ma per Gesù non bastano queste tre facoltà: per evitare facili emozioni, pie devozioni, Gesù aggiunge “con tutta la tua mente”. Come dire: occorre dedicare tempo allo studio e alla lettura della parola di Dio.  b) Solo Marco mette i due comandamenti in ordine gerarchico. In Matteo leggiamo: “Il secondo è simile al primo” (Mt 22,39). Luca non accenna a un primo e a un secondo (Lc 10,27). In tutto il resto del Nuovo Testamento non si parla più di due ma di un solo comandamento: l’amore dell’uomo. Il motivo è semplice: chi ama davvero l’uomo, ama anche Dio, perché “l’amore viene solo da Dio” (1Gv 4,7). L’amore per il prossimo è una virtù teologale! c) Rimane da chiarire cosa intende Gesù con “prossimo”. Parecchi rabbini, rifacendosi a Dio che aveva creato l’uomo a sua immagine (Gn 1,26), sostenevano che il termine “prossimo” comprendeva tutti, ebrei e non. In pratica però era riferito solo ai membri del popolo d’Israele. Gesù pone fine alla questione: “prossimo è chiunque si trovi nel bisogno, amico o nemico (Mt 5,43). Non ci sono due comandamenti, non siamo divisi tra Dio e l’uomo, non dobbiamo togliere nulla all’uomo per offrirlo a Dio e viceversa. Certo, la “priorità assiologica” spetta a Dio, il Trascendente, l’Assoluto, ma la “priorità probativa” spetta all’uomo, che ci potrà sempre dire se il nostro amore per Dio è reale o è una religiosa illusione.

Due comandamenti, un solo amore   Ci troviamo davanti a un dialogo dal sapore scolastico, in cui un discepolo (uno scriba, cioè un maestro ma ancora inesperto) interroga Gesù, e porta anche il suo personale contributo. La lezione inizia con una domanda, tipicamente rabbinica: tra i 613 comandi, qual è il più importante? Circa il primato di questo o quel comando, le varie scuole rabbiniche discutevano. Nella sua risposta, Gesù ricorda due citazioni, e le lega con il verbo “amare”: la prima è contenuta nel Dt 6,4 e si tratta del celebre “Shemà … Ascolta”, la preghiera che ogni ebreo recita al mattino e alla sera, e che è anche scritta su un rotolino che gli ebrei mettono davanti alla porta (mezuzàh) o in teche di cuoio sulla fronte e sul braccio quando pregano (tefillìn); la seconda è contenuta nel Lv 19,18 e si tratta del comando di amare il prossimo nella forma più totale e personale: “come se stessi”. Gesù parla di un “secondo” comandamento, ma alla fine dice che si tratta di un unico comandamento, al singolare. Lo scriba comprende la lezione, e da bravo discepolo aggiunge del suo: “Amare Dio … amare il prossimo vale più di tutti i sacrifici”. Gesù lo loda: “Non sei lontano dal regno di Dio”. Quello scriba è ormai un discepolo di Gesù. I due amori, quello per Dio e quello per l’uomo devono fondersi nelle scelte quotidiane: “Se uno dice che ama Dio e poi odia il fratello, è un mentitore” scrive Giovanni nella sua lettera, dove “mentitore” è l’equivalente di ateo, incredulo (1Gv 4,20). Si tratta di un comando difficile, è vero. Se confrontiamo la profondità e l’altezza di questo comando, constatiamo che spesso la nostra concezione del “prossimo” è ancora quella dell’Antico Testamento: il nostro amore riguarda i vicini, i prossimi, e guardiamo con fastidio i lontani, i diversi. Non è facile fare il salto dall’amore per il vicino, già così difficile, all’amore per il lontano. Eppure questo salto è necessario!

Il vertice della Legge è l’amore   L’amore per Dio può essere pieno di illusioni; anche i farisei credevano di servire Dio crocifiggendo Gesù. Nel nome di Dio quanti delitti abbiamo commesso contro l’uomo! Abbiamo bruciato eretici, ucciso infedeli, innalzato roghi, inventato l’inquisizione, scritto libri Adversus Judaeos, censurato i diversi, costruito forni crematori … Nel nome di Dio quanti “religiosi” sono pronti a scagliare la loro pietra contro l’uomo, convinti di compiere un atto sacro, liturgico, gradito a Dio! Quanta gente conosce tutto di Dio, ma non lo riconosce nell’uomo! Forse ha ragione chi ha scritto che la religione è sufficiente solo per odiare l’uomo! Questa pagina di Vangelo ci ricorda che Dio va onorato non con un culto intermittente o con una messa domenicale, ma con un servizio continuo dell’uomo, non con pietistiche devozioni o con languide invocazioni, ma con un generoso, responsabile interessamento per l’uomo. Quale rivoluzione in questa rivelazione! Per questo Gesù è stato crocifisso, dagli uomini religiosi; se egli avesse predicato le idee della religione dominante, funzionale alle classi egemoni, forse sarebbe stato eletto sommo sacerdote o rabbino capo; in ogni caso avrebbe avuto una vita lunga, una carriera brillante! Ma questa rivoluzionaria rivelazione noi l’abbiamo compresa solo in parte. Noi professiamo ancora solo una metà del cristianesimo, forse la meno importante, certo la più comoda: quella che Gesù è Dio; ma l’altra metà, che Gesù è uomo, è ancora troppo mal compresa e poco osservata. BUONA VITA!