La Domenica di don Galeone: “Verità fondamentale nel cristianesimo: la vita non nasce dal caso, dallo sbaglio, dal destino, dal capriccio; la nostra vita è voluta, pensata, ricamata da Dio”

8 Novembre 2020 - 08:09

8 Novembre 2020 – XXXII Domenica (TO/A)

LA VITA, QUAGGIÙ, È VIGILIA, ATTESA, PELLEGRINAGGIO VERSO DIO

Prima lettura: La sapienza è facilmente contemplata da chi l’ama (Sap 6,12). Seconda lettura: Quelli che sono morti, Dio li raduna per mezzo di Gesù (1Ts 4,13). Terza lettura: Dateci del vostro olio, perché le nostra lampade si spengono (Mt25,1).

La domenica “dell’attesa vigilante”   Gesù descrive la felicità eterna come una festa di nozze. La chiave di lettura della parabola è data dal v.13: “Vegliate, perché non sapete né il giorno né l’ora”. La sentenza che Gesù rivolge alle vergini stolte è terribile: “Non vi conosco!”. Si tratta della separazione totale, se si pensa che “conoscere” nella Bibbia implica affettività, totalità. E’ terribile pensare che spesso la facciata è salva (erano vergini anch’esse!), ma dentro l’amore è finito: alla verginità del corpo può corrispondere la prostituzione dello spirito. Possiamo anche continuare a vivere per abitudine, ma abbiamo smarrito il senso dell’invito a nozze. Manca quella operosità (avere l’olio), che ci fa andare incontro allo Sposo con gioia. L’incontro con Dio viene così cancellato dell’agenda, la festa è tutta qui. E invece la festa continua altrove! Lo Sposo può tardare, ma non ha detto che non verrà!

La sapienza è splendida!   Più della ricchezza, della bellezza, della forza… gli israeliti amavano la sapienza; apprezzavano coloro che scrutavano la natura, che componevano proverbi, che riflettevano sulla vita… Quando la Bibbia parla di sapienza si riferisce però all’arte di orientare la propria vita. Nel mondo non esiste però una sola sapienza; è dunque necessario verificare quale è la nostra sapienza, se crediamo più al logos della filosofia greca o alla toràh della sapienza ebraica. L’autore del brano odierno è un ebreo ellenista, che scrive in greco ed è vissuto in Egitto ai tempi di Cesare, cioè tra il 50-30 a.C. Ha scoperto la sapienza di Dio e vuole che i suoi lettori se ne innamorino, per questo la presenta come una splendida ragazza che gioca davanti a Dio.

Tutte si assopirono …  Una parabola difficile, perché difficile è la vigilanza. Lo Sposo arriva in ritardo, che vuol dire “prima” di quanto noi prevediamo, “dopo” di quanto noi crediamo. Perciò la necessità della vigilanza. Gesù non dice: “State tranquilli!” ma “Vegliate!”. E’ consolante osservare che “si assopirono tutte e dormirono” (v.5). Il Signore sa che siamo fragili: tutti possiamo addormentarci, come gli apostoli nell’Orto. La differenza non è tra chi dorme e chi veglia: “Tutte si assopirono”. La differenza sta nell’olio: le vergini sagge lo hanno portato, le vergini stolte lo hanno dimenticato. La colpa non sta nel dormire, ma nel non avere l’olio. Fuori di metafora: la colpa sta nell’essere vergini ma senza amore, nell’avere la fede ma non le opere, nel provare entusiasmo ma senza la fedeltà, nel sentire la commozione senza decidersi per la conversione. E comunque, non siamo troppo severi con queste vergini stolte. Loro almeno attendono lo Sposo: noi oggi abbiamo persino dimenticato che esiste uno Sposo; loro hanno lasciato la lampada senz’olio: noi non abbiamo più nemmeno la lampada; loro sono stolte, ma anche vergini: noi invece abbiamo venduto la nostra vita agli interessi e ai piaceri; loro chiedono con buona grazia un po’ di olio, e quando glielo rifiutano, corrono altrove a cercarlo: noi o non chiediamo nulla a nessuno, o prendiamo con violenza quello che ci serve; loro pregano di essere ammesse nella casa del banchetto: noi teorizziamo che non esiste il paradiso, o che al massimo è un noioso circolo di bigotti. Davvero noi siamo più stolti di quelle vergini stolte!

La vita di quaggiù è attesa, pellegrinaggio verso Dio   Un giovane carcerato, scontata la pena, uscì dal Regina Coeli ed esclamò: “E ora, dove vado? A casa non ho nessuno. Nessuno mi aspetta”. Non essere atteso da nessuno dev’essere un’esperienza terribile! Eppure oggi, per non pochi la vita è un viaggio verso niente e verso nessuno. Il Nobel per la medicina J. Monod ha dato voce a questa sensazione di vuoto metafisico: “Quando considero il piccolo spazio che riempio intorno agli immensi spazi che ignoro e che mi ignorano, allora mi spavento. E mi chiedo: chi mi ci ha messo? E’ una domanda senza risposta”. Noi cristiani, con umiltà e sincerità, annunciamo che c’è una risposta. La fragile vita di quaggiù è vigilia, attesa, pellegrinaggio verso Dio. La risposta cristiana ha una sua intrinseca ragionevolezza: non è assurdo un viaggio a luci spente e senza una meta? Può esistere un viaggio senza una meta? Le vergini stolte ci richiamano alla mente un altro stolto che, quando pensa di avere raggiunto il suo scopo, esclama: “Anima mia, ora che hai tante ricchezze, mangia e divertiti”. Ma Gesù amaramente commenta: “Stolto, se questa notte muori, di chi sarà quanto hai accumulato?”.

Gesù ci aiuta anche a comprendere un particolare di grande importanza. “Le vergini stolte chiesero alle sagge: dateci del vostro olio”. Come interpretare il rifiuto delle vergini sagge? Significa che la vita di fede comporta una responsabilità personale, non sono ammesse deleghe. Certo, possiamo aiutarci, ma alla fine ciascuno è chiamato a scegliere. Nessuno può chiedere la fede in prestito; ognuno deve personalmente sperare ed amare. Le sagge non possono vendere, le stolte non possono comperare. Inutile stare a sofisticare sull’egoismo delle sagge. Non è più tempo di favori, di sostituzioni, di deleghe, di transazioni. In quell’ora “l’olio” dev’essere il “mio”!

Noi andiamo incontro allo Sposo che viene a noi!   E’ difficile accettare la vita, anche la propria. Le ombre e le luci che la segnano rendono pesante il cammino; passiamo dall’euforia al pessimismo, dalla speranza alla delusione, dalla gioia al dolore. Siamo tutti “ridicolissimi eroi” (Pascal). Verità fondamentale nel cristianesimo: la vita non nasce dal caso, dallo sbaglio, dal destino, dal capriccio; la nostra vita è voluta, pensata, ricamata da Dio. E’ quello che dice il profeta Geremia: “Prima di formarti nel grembo materno, io ti conoscevo. Prima che tu uscissi alla luce, io ti avevo consacrato” (Ger 1,5). Quando noi arriviamo a questa convinzione, ci accorgiamo che nessuna vita è inutile, che non ci sarebbe la verità, la luce, il bene, l’alto, il concavo… se non ci fosse l’errore, l’oscurità, il male, il basso, il convesso. Noi saremo giudicati più o meno grandi a seconda dell’amore con cui avremo realizzato quel compito che Dio ci ha assegnato nella vita. Non le cose grandi, ma l’amore ci fa grandi davanti a Dio. E’ opportuno ricordare questa verità, quando la nostra esistenza naviga nella tempesta o nella monotonia. Chi accetta il Vangelo, vede tra i crepacci del presente il fiore che nasce, e l’erba che spunta dal lastricato della civiltà; vede nel chiarore antelucano i segni dello Sposo che viene. Questo ci insegna oggi il Vangelo: davanti all’uomo che si interroga non c’è il vuoto o qualcosa, l’oggettività inerte dei fatti, un orizzonte immanente senza trascendenza. Noi andiamo incontro a Qualcuno. La stessa delicata immagine dello Sposo che viene, ce lo ricorda. Si tratta di essere sapienti. Auguriamoci di non fare anche noi l’amara conclusione di Agostino: Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori “ (Confess. 10).

Il personaggio centrale: il tempo!   Ogni parabola ha numerosi personaggi. In questa parabola, qual è il personaggio centrale? Ad una prima lettura sembra lo Sposo; ma questo, per quanto importante, non pare determinante. Neppure le vergini, pur così necessarie alla festa, interessate allo Sposo, sembrano le protagoniste. C’è invece un personaggio molto più incisivo, quasi nascosto: è il tempo. La parabola infatti vuole insegnarci la vigilanza. Le vergini stolte hanno perso sempre tempo: quando prendono poco olio, quando corrono a comperare olio, quando ritornano, quando trovano la porta chiusa. Hanno perso il tempo e lo Sposo! Il tempo misura davvero la nostra buona volontà. Quando amiamo, troviamo sempre il tempo. I fidanzati trovano sempre il tempo per sentirsi e vedersi. Dire “non ho tempo” in famiglia o in comunità, significa volersi scomunicare, separare. A volte, non basterà neppure chiedere perdono, come nella parabola. La porta fu chiusa! Non c’era più tempo! Il tempo è come un compagno di vita che ci sta sempre accanto; è nella nostra vita; come dice il bel titolo di un’opera francese, il tempo è “il grande scultore”, che ci plasma per l’eternità. Il tempo produce denaro. Che dico? Il tempo produce l’eternità!

Alcune contraddizioni… Nel Vangelo di oggi alcuni dettagli risultano strani. Come mai le vergini stolte non entrano alle nozze con il poco olio che ancora rimane loro? Come mai pensano di andare al mercato a mezzanotte per comperarlo? Le vergini sagge entrano alla festa ma si sono comportate da egoiste. La raccomandazione finale (vigilate, non sapete né il giorno né l’ora) è poco pertinente perché anche le vergini sagge hanno tutte preso sonno. Per non parlare dello Sposo, un personaggio poco simpatico, arriva in un’ora impossibile, a mezzanotte! Poi, nel giorno in cui dovrebbe mostrarsi affabile con tutti, inizia invece a cacciare le persone. Nessuno di noi vorrebbe partecipare a un banchetto così pericoloso! Come spiegare queste stranezze? Premesso che in ogni parabola non tutto è logico, che è importante il messaggio e non i particolari, possiamo aggiungere che:

la parabola raccontata da Gesù (anni 30 d.C.) è stata ritoccata da Matteo e adattata al suo tempo (anni 80 d.C.); va sempre tenuto presente questo scenario diverso, il tempo trascorso, il lavoro redazionale…

il numero 5 e la vergine sono simboli del popolo d’Israele; il numero 10 (5+5) indica la totalità; la lettura risulta chiara: il popolo ebraico attende il messia (lo Sposo) ma solo una parte lo accoglie (cinque vergini sagge);

50 anni dopo, quando Matteo scrive il suo Vangelo, il contesto culturale e religioso è cambiato: dopo la morte di Gesù si era diffusa l’idea che sarebbe ritornato subito… ma non era accaduto nulla, alcuni abbandonavano il Vangelo, altri facevano battute ironiche: “Dov’è la promessa della venuta del Signore?” (1Pt 3,4);

delusi dal mancato ritorno del Signore, alcuni avevano ripreso la vita di prima: commercio, affari, denaro… fino a dimenticare Gesù e il Vangelo; infatti, nella nuova versione, quella di Matteo, le 10 vergini non indicano più Israele ma la Chiesa che attende il suo Signore. Questo spiega anche il fatto che non compare la sposa: è la comunità cristiana la sposa, rappresentata dalle 10 vergini;

in Matteo le parabole si chiudono spesso in forma drammatica; non si tratta di terrorizzare ma mettere in guardia; insomma evitare due errori: a) immaginare questo mondo come una sala d’attesa, in cui, seduti e oziosi, si aspetta il ritorno del Signore, come facevano alcuni cristiani di Tessalonica (1Ts 5); b) vivere la vita come se Dio non esista: Gesù viene non solo la termine della nostra vita, ma in ogni istante e vuole trovare i suoi discepoli vigilanti. Buona Vita!

 

Preghiera a Maria, salute degli infermi

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, madre di Gesù e madre nostra. In questi giorni di pandemia conforta quanti soffrono in solitudine, proteggi quanti sono in prima linea per curare i malati, illumina i governanti perché lavorino con sollecitudine ed efficacia. O Maria, questo tempo di sofferenza ci renda migliori, ci faccia crescere nella consapevolezza che formiamo tutti una sola famiglia. Ci affidiamo a te, o madre di Cristo e madre di tutti noi. Amen!