LA NOTA AVERSA. Sindaco Alfonso Golia, le spiego perchè, a nostro avviso, lei non può stare zitto, rispetto alle tremende accuse formulate a suo suocero con cui lei convive nella stessa casa

22 Ottobre 2020 - 13:54

In calce a questa riflessione, il testo integrale dei 3 capi di imputazione provvisori sottoscritti dal gip del tribunale di Napoli, su richiesta della dda. Minacce orrende su ritorsioni familiari, vasche con chissà cosa dentro. E sullo sfondo un suicidio che comunque c’è stato, al di la del suo grado di connessione con i fatti di questa ordinanza

 

AVERSA – (Gianluigi Guarino) Noi, sin dal primo momento, sin da quando è avvenuto l’arresto di Emilio Chianese, personaggio di cui ci eravamo già occupati in passato, soprattutto per quell’autentica follia a cielo aperto, rappresentato dall’albergo La Sosta, in quel di Teverola, non abbiamo minimamente esasperato il fatto che si tratti anche del suocero del sindaco di Aversa, che attenzione, con tutto il rispetto dei piccoli centri, che giocoforza ho (in quanto io stesso sono nato in uno di questi), non è il comune di Giano Vetusto, di Rocchetta e Croce o di Roccaromana, ma il secondo per demografia e per importanza della provincia di Caserta e, inoltre, tra i più conosciuti della Campania per storia e cultura anche se questi elementi sono stati già da tempo letteralmente subissati da un’idea esclusivamente mercantilistica della vita, su cui la camorra e le camorre hanno trovato potentissimo concime per crescere e vivificarsi.

Ci siamo limitati solamente a chiarire, per dovere di cronaca, che il Chianese è il suocero del sindaco di Aversa. Sarebbe successo esattamente la stessa cosa se a Milano avessero arrestato il suocero di Beppe Sala o a Roma il suocero di Virginia Raggi. In casi come questi, si fa, in un titolo, in un articolo, un cenno asciutto al grado di parentela con il personaggio pubblico, senza commentare ulteriormente e finisce lì. E sarebbe finita lì qualora non avessimo letto le accuse che la dda di Napoli muove nei confronti di Emilio Chianese, con riscontri che al momento hanno trovato certificazione nella decisione di un giudice di accogliere la richiesta dei pm dell’antimafia, arrestando Chianese e altri 4.

Siccome noi siamo dei garantisti e lo siamo sul serio, utilizzeremo con grande cautela il fatto del suicidio di Giuseppe Giuliano, cioè di una delle due parti offese, di una delle due presunte vittime dell’ancor più presunto gruppo criminale. Lo faremo non perchè intendiamo minimizzare questa tragedia, il gesto estremo compiuto dall’imprenditore e ancor di più da un uomo, ma semplicemente perchè siamo adulti e vaccinati a sufficienza (e in questi tempi serve), per non mettere il timbro dell’infamia su un sillogismo giustizialista.

Perchè può anche darsi che la decisione di uccidersi di Giuliano sia stata dovuta alla presunte angherie subite da Chianese e compagnia. Ma ne abbiamo viste tante e dunque sarà meglio aspettare la prosecuzione dell’indagine ed eventuali momenti processuali per affermare che l’angheria e il suicidio siano eventi precisamente sovrapponibili.

Siamo positivisti e quindi ogni schizzo emozionale che entra in un ragionamento su fatti con importanti fondamenta scientifiche, qual è senza ombra di dubbio, la legge e tutte quante le sue derivate, ci infastidisce. La morte di Giuliano è una tragedia della sua famiglia, dei suoi amici, di chi gli voleva bene e può darsi fosse anche probabile che c’entrino le richieste estorsive, l’usura subita. Ma darlo per certo sin da ora, colmando con l’additivo emozionale, quello che invece non sappiamo fino in fondo, perchè le 54 pagine dell’ordinanza sono un contributo fondamentale ma non esauriscono il racconto degli avvenimenti, che vengono descritti con gli occhi della pubblica accusa, significa raccontare la cronaca nera e giudiziaria, declinando la ricetta della pasta e fagioli, con tutto il rispetto più per la pasta e fagioli, che per la cronaca giudiziaria, per come questa viene “cucinata” da tanti.

Ghigliottinato per l’ennesima volta l’avvocato della tricoteuse di Robespierre, non è che Chianese e anche il genero se la possano cavare così a buon mercato rispetto alla nostra valutazione.Perchè un pm è sempre un pm e ha una visione inquisitoria, rispetto ai fatti di cui si occupa, con buona pace di quello che i codici riformati della procedura penale affermano su come dovrebbe essere la forma mentis con cui un pubblico ministero tratta un’inchiesta per accertare se esistano o meno fatti che configurino reati, guardando non solo ad eventuali elementi a carico, ma cercando anche elementi a discarico. Però, un pm non è un coglione, non è che si inventi le cose, magari le espone senza preoccuparsi delle ragioni di certe azioni del suo inquisito, ma se le espone, una parte di verità ci deve essere.

A noi, sempre mentre rimontiamo la ghigliottina per ri-decapitare Robespierre, non ci interessa un tubo, al momento, stabilire un nostro punto di vista sulla colpevolezza, sull’innocenza, sulla mezza colpevolezza, sulla mezza innocenza o non colpevolezza che dir si voglia del signor Chianese. Siamo incuriositi e siamo anche sinceramente colpiti, invece, dall’atmosfera che traspare dal racconto, certificato dalla firma di un gip, dei capi di imputazione provvisori. Oltre alla tracotanza, tipica espressione comunicativa della camorra ma anche di una mentalità di quelli che fanno gli imprenditori con lo stile della camorra, chi è un pò sensibile a queste cose e soprattutto chi, come noi, ha letto centinaia e centinaia di ordinanze, coglie una certa originalità in questa. E la coglie proprio nella citata atmosfera, vagamente somigliante a quella che si respira in certi film di Quentin Tarantino e in Arancia Meccanica, padre di tutti i lavori cinematografici che raccontano della violenza bruta e cieca.

Qui non c’è un’aggressione fisica alle vittime, però, ci sono minacce truculente, c’è una sorta di Arancia Meccanica morale.

Siccome non viviamo di certezze, ci chiediamo: ma quante ne abbiamo lette di minacce di camorristi o presunti tali formulate ai danni delle vittime? Tantissime. Ma qui abbiamo avuto la sensazione che il registro tipico della camorra che minaccia, non per odio, ma perchè deve realizzare il suo business criminale, venga emendato, sviluppato, elaborato da un modo di porsi in cui non appare solamente il concetto di camorra, ma anche quello che conduce ad una violenza tout court, generale, non precisamente collegata ad un suo sottoinsieme.

Al riguardo, così è scritto nell’ordinanza: “(…)minacciavano le persone offese di morte, dicevano loro che le avrebbero buttate nelle vasche, che avrebbero fatto venire dei loro “amici”, che avrebbero ammazzato anche la loro famiglia se si fossero rivolte ai Carabinieri come prospettato”. Insomma, ci manca solo l’acido di quel sant’uomo di Giovanni Brusca e stiamo al completo.

Riteniamo che queste ricostruzioni siano state fatte dall’unica vittima sopravvissuta, cioè da Luigi Giuliano, fratello di Giuseppe. Per cui neanche è detto che Chianese si sia espresso proprio in questi termini. Però, se dovesse essere così, e uno come Michele Zagaria, come Antonio Iovine, dovesse leggere per ventura questa ordinanza, direbbe, ma che cazzo di camorrista è questo? Uno che parla di vasche, di ammazzare l’intera famiglia. 

E se questa è camorra, non è solo camorra. C’è anche altra roba. C’è anche una mentalità, un carattere, un’attitudine alla violenza purchessia e non precisamente qualificata.

Domanda al sindaco di Aversa Alfonso Golia: ci risulta da tempo, ma non ci siamo mai sognati di scriverlo, che lei abbia scelto di abitare con la sua famiglia, nella non disprezzabile dimora che Emilio Chianese ha costruito in quel di Trentola e in cui pure lui risiede. Il sacro amore per la sua consorte che va rispettato e difeso, rende questa scelta indiscutibile. Ed ecco la una domanda: ma lei, in quella casa, ha testimoniato i valori della legalità, della civiltà, della repulsa per ogni forma di violenza di cui ha spesso parlato nei suoi comizi e nelle sue esternazioni pubbliche?

Ora, lei mi potrebbe rispondere a questa domanda, citando un gigante della letteratura mondiale, il grande Louis Robert Stevenson e la sua opera più conosciuta, intitolata “Lo strano caso del dottor Jekyll e di Mister Hide“. A casa, un cherubino, fuori di casa, un demonio. Io mio suocero non lo conoscevo sotto questa veste, ammesso e non concesso che si sia comportato realmente così.

Un uomo di pace, per di più un uomo pubblico, un uomo delle istituzioni, uno che effettivamente le cose, oltre a dichiararle, le pratica credendoci fino all’ultimo centimetro del proprio cervello e del proprio cuore, uno per il quale la narrazione della legalità non rappresenta un defilè dialettico, uno che pensa in bene e al bene, uno che, oltre a dirlo, capisce pure perchè la legalità è meglio dell’illegalità, la temperanza è meglio dell’intemperanza, la non violenza è meglio della violenza, non può non cogliere anche da un atteggiamento, da una sillaba pronunciata, da un tono di voce, da un rantolo gutturale, che chi ti sta di fronte, non ha una anima buona.

A quel punto, non è che dici, basta, io me ne vado, moglie mia non avevo capito niente, andiamocene via di qui, altrimenti ti lascio. No, la famiglia è sacra. Sai che fai, ti siedi a tavola la sera, accendi la tv, metti sul telegiornale, e appena tuo suocero fa un commento di un certo tipo, tu con civiltà lo contesti, e gli proponi una lettura totalmente diversa di certi fatti.

Guardare nella casa delle persone è colpa grave. E’ una questione di super privacy. Ma siccome noi stiamo guardando nella casa del sindaco di Aversa, è lecito chiedergli ancora: ma lei, quando suo suocero ha fatto una campagna elettorale generosissima, fortissima, per contribuire alla sua elezione a sindaco di Aversa, conosceva tutte le modalità, anche semplicemente di tipo dialettico, con cui Emilio Chianese chiedeva di farla votare o le ritorna buono anche stavolta il calcio d’angolo di Dottor Jekyll e Mister Hide? 

Risponda, sindaco, solo a questa semplice domanda. Da parte nostra non ci sono, nè acrimonia, nè pregiudizio, nè volontà di strumentalizzare un fatto per danneggiarla politicamente. Ma si renderà conto che la semplice separazione della vicenda di Emilio Chianese, da tutto ciò che attiene al suo ruolo di sindaco di Aversa, non è condivisibile, quantomeno da noi. E’ sbagliata e riteniamo di averla rispettata tantissimo, arrivando a questa conclusione, come la nostra cultura liberale ci impone, alla fine e non all’inizio di un lungo articolo, l’ennesimo appartenente ad una tipologia espressiva, che noi ormai non ci divertiamo più a scrivere come un tempo, dato che un pò stanchi lo siamo ma che abbiamo ancora il dovere di scrivere, pur sapendo che l’80% di quelli che lo incroceranno, non arriveranno mai a leggerlo tutto, perchè questo nostro sforzo è un atto di giustizia e di riconoscimento nei suoi confronti, perchè lei come ogni altra persona umana, ma anche come sindaco di Aversa, merita di poter leggere una tesi argomentata in modo tale da contrapporle, le sue argomentazioni, rispettando, però, il canovaccio delle nostre, perchè al gioco del Tresette devi rispondere con lo stesso colore o palo, che dir si voglia, di chi cala la carta per primo.

Puoi non farlo se sei, come si suol dire, “piombo a quel palo”. Ma lei piombo non è, sindaco Golia, perchè guida una città e rappresenta 60mila abitanti e su un tema tanto scabroso che coinvolge suo suocero, impegolato in una storiaccia brutta, ma proprio brutta di camorra, lei ha il diritto di affermare, di credere alla piena innocenza del padre di sua moglie, ma ha anche il dovere di utilizzare le accuse formulate dalla dda, per discuterne e per dissociarsi. Ma stavolta non con il solito sermoncino, attinto da Wikipedia, cioè dal Bignamino dell’era digitale.

Deve spiegare cosa pensa dell’imprenditoria dell’agro aversano e dei processi di crescita della stessa, relazionati al mondo criminale. Magari suo suocero non c’entra nulla ed è estraneo a tutte le accuse contestategli, ma lei non è piombo, perchè è un sindaco e questi fatti devono rappresentare uno spunto per un suo impegno reale e non solo dialettico, su questi temi. Altrimenti poi non si lamenti se qualcuno, demagogicamente, qualunquisticamente, commenta a bassa voce: “ti ricordi, suocero e genero, un corpo e un’anima sola in campagna elettorale? Chissà che stavano preparando per la città di Aversa.”

 

QUI SOTTO IL TESTO INTEGRALDE DI CAPI DI IMPUTAZIONE PROVVISORI