LA NOTA. Il papà “acquaiolo” della Principe di Piemonte sintetizza in una frase il fallimento totale del welfare dei Comuni casertani

16 Febbraio 2023 - 11:14

Il caso riguarda S.Maria C.V., ma succede così un po’ dappertutto perché, intenti a buttar via quattrini per nutrire le clientele, per compiacere questo o quell’imprenditore, per pagare lo stipendio a consiglieri comunali fannulloni, si lucra anche su una bottiglia d’acqua da inserire nel kit mensa. CLICCA QUI PER LEGGERE LA LETTERA

S.MARIA C.V. – Probabilmente questo nostro commento alla lettera speditaci da una lettrice di S.Maria C.V. risentirà di un approccio alla questione amministrativa che, almeno per una volta, non ci vede preparatissimi.

Per cui potrebbe saltare fuori un concetto ingenuamente proposto. Ma siccome esistono le norme, i cavilli, le infinite pastoie che zavorrano i processi amministrativi e alla fine, norma o non norma, regolare o non regolare, emergono situazioni illogiche, semplicemente stupide, riteniamo di poter esprimere questo nostro pensiero in quanto la stupidità di questa vicenda sovrasta di gran lunga le possibili motivazioni giuridiche, i possibili cavilli, le possibili derive burocratiche che la la connotano.

A occhio e croce, per farla breve, questa storia degli alunni della scuola dell’infanzia “Principe di Piemonte” somiglia a quella degli autovelox.

Eh, ma mo’ questo che c’entra? C’entra, c’entra, e vi spieghiamo perché.

Se un Comune, in questo caso quello di S.Maria C.V., ma il problema è vastamente diffuso, risparmia – anzi lucra – su una bottiglietta d’acqua da inserire nel kit mensa di un bambino dai 3 ai 5 anni, compie un’operazione solamente più cinica di quella che fa quando realizza agguati lungo le strade finalizzati a rapinare gli automobilisti con assurdi e anche pericolosi limiti di velocità produttori di frenate e manovre all’ultimo istante, che hanno in diverse occasioni provocato incidenti.

Il concetto è sempre lo stesso e francamente non ci importa se qualcuno possa considerarlo demagogico: quanto spendono gli enti locali, l’amministrazione provinciale, i Comuni, nel caso specifico quello di S.Maria C.V., per alimentare l’infinita, eterna, mangiatoia clientelare fatta di affidamenti di lavori, o per la fornitura di beni e servizi o anche, perché no, questa è una specificità tutta sammaritana, per garantire il sostentamento a consiglieri comunali fannulloni i quali, se sono toccati dalla grazia di entrare nella ormai mitica I Commissione, portano a casa anche 1200/1300 euro al mese, senza fare un benemerito tubo?

Perché quella commissione si riunisce sulla carta 26 volte al mese a allo stesso tempo non produce un solo atto, una sola utilità per la città.

Invece di “apparare” i consiglieri di maggioranza e minoranza, il Comune farebbe bene a usare questi soldi per alzare l’asticella della qualità di certi capitolati, soprattutto quando questi riguardano bambini di pochi anni, costretti a portare l’acqua da casa, suscitando la giusta indignazione dei genitori, delle famiglie che, siccome il Comune piange sempre miseria, si illudono solamente che questo eroghi un servizio mensa completo ai loro figli, quando in realtà mancando l’acqua – cioè il bene primordiale più prezioso, vitale – ciò rappresenta già di per sé una capitolazione, un azzeramento, di un servizio a domanda individuale per il quale le famiglie comunque pagano una cifra.

E allora vanno elogiate iniziative come quella assunta dal papà di un alunno della materna, il quale dopo aver rifornito di tasca sua, come racconta la nostra lettrice nella sua lettera, un’interna pedana d’acqua Sorgesana imbottigliata, ha espresso un concetto semplice, disarmante, intelligente, che riassume in sé il fallimento totale del welfare degli enti locali casertani: “Una mamma la mattina prima di accompagnare un figlio in classe, deve ricordarsi solo di dargli un bacio e non di portare una cassa d’acqua”.