LA NOTA. La lite tra la Turco e Olga Diana, la patonza di Benigni e dell’auto sessismo che aleggia sull’aula consiliare di Aversa

23 Novembre 2024 - 11:55

La collega Marilena Natale non si è fatta sfuggire l occasione…

AVERSA (Gianluigi Guarino) – Quella birbantella di Marilena Natale sempre sul pezzo, come capita, solo ai giornalisti nati “già un po’ imparati” per fare questo mestiere, ci ha proposto un argomento che se definiamo solo sfizioso rendiamo un favore ai soggetti che lo popolano, salvabili solo da una scelta di impostazione faceta, perché se dovessimo stare dentro al perimetro di valutazioni serie e rigorose, non basterebbero tutti i fulmini di Zeus.

Non conosciamo precisamente quale alato cintenuto abbia potuto scatenare, direbbero quelli che parlano bene, una concione che, al confronto, i botta e risposta tra la Meloni e la Shlein a Montecitorio sembrano una discussione condominiale. Qui è roba grossa, mica pizza e fichi. Qui è Olga Diana, assessore comunale di Aversa, contro Federica Turco, consigliere comunale. Federica Turco Vs Olga Diana, dunque, come è forse anche più di Rachele contro Claretta, la brunetta dei Ricchi e Poveri e la bionda dei Ricchi e Poveri, Come è forse più di Loren verso Cardinale, Cleopatra contro Fulvia. la Dama bianca contro Bruna Ciampolini, sposata Fausto Coppi. Tutte queste epiche rivalità si appannano dopo lo scontro, avvenuto in Consiglio comunale, tra la Turco e la Diana e che il sogghigno simpaticamente perfido di una terza donna ha, in pratica, definito come una sorta di spareggio tra le maxime ancelle del sultano Giovanni

Zannini. Arbitro, il consigliere Giglio, il formidabile Giglio, ricordate, quello che ha reso lieve il nostro Ferragosto col memorabile intervento dal suo fresco seggio, in una delle prime sedute del Consiglio comunale normanno dell’era Matacena – Zannini? Beh, noi che ci siamo dati la consegna, in questo articolo, di ridere per non piangere, di esporre quella che ci piace considerare la bella attitudine di essere buontemponi e goliardia, luoghi del nostro rifugio dalla serietà del noioso dovere che avremmo di ragionare per la milionesima volta sulla misera e miserabile fase della sedicente politica casertana, di cui Aversa è quintessenza, la parola “ancelle” la facciamo dire a quella meravigliosa lingua biforcuta di Marilena Natale. Sennò, poi, ci ritroviamo alle calcagna Rafelita Pignetti, che ha fatto delle querele e delle citazioni al sottoscritto, la maggiore voce di spesa dell’Asi di Caserta, ad accusarci di sessismo. Ma sessiste sarete voi, ora non mi fate incazzare e lasciatemi nel faceto, care ancelle di questo e di quell’altro. Sessiste sarete voi quando non date un segno di qualità e di competenza. Sessiste sarete voi quando litigate come hanno fatto la Turco e la Diana con modalità e ragioni per le quali a nessuno, “ti giuro nessuno” , avrebbe cantato Mina, viene in testa, nemmeno lontanamente di considerare il contenuto e non il rumore delle parole che diventano strepitii.

E allora, cosa rimane infisso nel pensiero di tutti, al netto dell’ipocrisia di chi lo pensa, ma non lo dice? Rimane la “patonza” , la potenza, l’unica potenza della patonza, per usare la definizioni, che, alla fine il premio Oscar Roberto Benigni preferì tra le tante definizioni dialettali del sesso femminile, nella sua celeberrima gag con Raffaella Carra’. Il vuoto culturale genera la cultura della patonza, che è cultura che si rifugia nelle vocazione ai tempi del politically correct. La patonza, ossia l’unica cosa che aleggiava sull’aula consiliare di Aversa, mentre le due nataliane “ancelle” litigavano di brutto. E allora, se diciamo, alla maniera di Roberto Benigni, viva la patonza, siamo campani e allora ci aggiungiamo anche viva la pucchiacca, non è colpa nostra, non è colpa mia, non è perché siamo sessisti, una follia che appartieni solo agli ignoranti, ma è perché ci sono certe donne che si fanno male da sé, che ne conservano, ne custodiscono gelosamente il portato. Donne che fanno male a tutto il genere femminile, che alzano orgogliosamente il vessillo dei bassi istinti femminili, che ineluttabilmente recano con loro quelli del maschio basico. Donne che, parliamoci chiaro, non avranno mai. il bagaglio per essere considerate, prima di tutto persone al di là di ogni discriminante di appartenenza a uno dei due generi, poi politiche, poi professioniste di valore e femmine, solo se è solo quando vorranno, solo a casa loro