LA NOTA. La nomina di Valentino Grant nel Cda della Cassa depositi e prestiti. Il ruolo fondamentale di Raffaele Volpi che lo considera il suo unico rappresentante nell’Italia meridionale
31 Luglio 2018 - 20:59
CASERTA – Quando nel novembre scorso, compiendo uno strappo alla regola che da tempo ci siamo imposti, di non concedere più di tanto ai politici in termini di confronto alla pari, articolato su principi e contenuti più che sulle solite bagattelle del politicismo politicante, intervistammo in un bar del centro di Caserta il senatore della Lega Raffaele Volpi, alla presenza del presidente della Banca del Credito Cooperativo di Casagiove Valentino Grant e del sognatore che non smetterà mai di sognare, un mondo migliore e una Caserta migliore, Massimo Rossi.
Il discorso non scivolò, nemmeno per un istante sulle previsioni relative alle candidature che di lì a poco, in occasione delle attesissime elezioni politiche del 4 marzo, avrebbero connotato la Lega anche in un Meridione che, a quasi 30 anni dalla fondazione, sorrideva a quei padani tremendamente concreti nella trasmissione del loro messaggio politico.
Riflettevamo, attorno a quel tavolo, sull’assurdità di quella sensazione che ci pervadeva; che attraversava gente esperta come noi, vaccinatissima nella capacità di “sgamare” il politico che, magari grazie a qualche “latinorum”, riusciva a mascherare l’unico suo obiettivo: la scalata alla poltrona.
Pensiero anomalo, a suo modo trasgressivo, bizzarro: Volpi si entusiasmava parlando a lungo dei valori della Lega trasformati in contenuti, che finalmente anche il Sud aveva compreso; Grant e Rossi ad ascoltare e a partecipare, senza spostare nemmeno per un istante il discorso sulle dinamiche elettorali e peggio ancora sul pensiero debole elettoralistico.
Ne uscì fuori un articolo, accompagnato da un editoriale, in cui ci piacque partire dall’operosità del popolo veneto, emigrato allo stesso modo come le genti del meridione, affamato negli anni ’50 come chi dal sud cercò di sbarcare il lunario. Quel popolo veneto che seppe essere grande nella sofferenza, dentro alle miniere sparse in mezza Europa, nei cantieri americani, nelle case del bel mondo romano, dove operavano le celeberrime governanti padovane o veneziane. Ci piacque partire dal quel concetto perché ci sembrava tremendamente concreto, solido; tremendamente molto, ma molto più serio di tutte le storie su razzismo vero o presunto dei leghisti, etichettati in questa maniera, con il ricorso ad una categoria del disprezzo assoluto, quando in realtà loro, i veneti, e anche, dunque, tanti attuali leghisti veneti, erano emigrati a milioni come noi del sud e, quando, con un vero e proprio miracolo del lavoro e della laboriosità hanno fatto diventare la loro regione una sorta di locomotiva dell’Europa, con un pil superiore a quello della Baviera, hanno valutato e continuano a valutare il meridionale o l’immigrato proveniente dall’Africa in base ad un discrimine durissima e impietosa: sei buono, benedetto e rispettabile se lavori tanto come lavoriamo noi; se stai dentro alle regole di questo Stato. Insomma diventi uno di noi, bianco, nero, meticcio, giallo, blu, turchino che tu sia. Purché ti integri in una filiera di valori che appartengono tutti al buon vivere.
In quella lunga intervista ma soprattutto nell’editoriale successivo vaticinammo anche il successo elettorale della Lega, che poi arrivò puntuale 3 mesi e mezzo dopo.
Soprattutto, ci fece piacere constatare che un importante pezzo dell’economia casertana, cioè il presidente della Bcc Grant, si riferisse a Raffaele Volpi e da questo venisse considerato il suo primo riferimento di valori ma anche di rappresentanza nel meridione d’Italia.
Oggi, si scopre, perché è scritto su molti giornali e in un articolo lungo e dettagliato di Dagospia (clicca qui per leggerlo) che Volpi è stato uno dei kingmakers della Lega durante le settimane delle nomine più importanti dentro agli enti fondamentali dell’apparato statale. Viene sacramentato oggi ciò che noi avevamo capito già da novembre. Volpi, non a caso è diventato sottosegretario della Difesa assumendo la complessa e delicata delega all’arma dei carabinieri. Valentino Grant non è mai entrato in prima persona nelle guerricciole interne alla Lega in Campania. Ha sostenuto il movimento in campagna elettorale, ma lo ha fatto in maniera diversa da come l’hanno fatto i consueti cacciatori del voto porta a porta. Sapeva, Grant, di essere stimato, prima come tecnico, poi come politico, poi ancora come soggetto in grado di mettere insieme queste due caratteristiche, con la risultante di produrre un valore aggiunto nella sommatoria. Sapeva Grant che Volpi, il più ascoltato da Salvini insieme a Giorgetti, lo riteneva all’altezza di rappresentare la Lega nel complicatissimo Cda della Cassa depositi e prestiti, in mezzo agli sguardi diffidenti dei potenti boiardi del ministero dell’Economia, che in maggioranza affollano la stanza dei bottoni dell’ente di Stato che gestisce 250 miliardi di euro di risparmio postale. E alla fine la nomina c’è stata. Come c’è stata quella di Mentasti in un altro ente. Pochi, ma buoni. Soprattutto, ripetiamo, in grado di non far andare in corto circuito, anzi di farle ben convivere, le identità di tecnici e di politici.
Grant più che mai, resta oggi è l’unico rappresentante di Raffaele Volpi, uomo forte della Lega nell’Italia meridionale.