LA NOTA. Per Pietro Cascarino non è stato neppure un omicidio colposo ma un incidente. La rabbia della madre dolorosa va abbracciata ma sui social non si deve fomentare l’odio contro l’avvocato difensore
5 Luglio 2025 - 12:51

Stiamo parlando di un legale di cui, lo diciamo con rispetto nei confronti della sua persona, non nutriamo alcuna stima facendo lui parte della stessa “scuderia” di Giovanni Zannini. Per quanto riguarda l’ipotetica aggressione a Cascarino, questa non c’è stata. Solo le solite urla al suo arrivo dopo che “radio Carcere” aveva incamerato la notizia sull’episodio di Mondragone
MONDRAGONE (g.g.) Secondo la tesi di Pietro Cascarino, un junior di una famiglia di noti camorristi, quello che ha portato alla morte del 16enne Luigi Petrella non è stato neppure un omicidio colposo ma solo una tragica fatalità. “Lui mi ha superato dalla mia parte destra, io non l’ho visto e l’ho tamponato”.
Per carità, ognuno ha diritto di difendersi come meglio ritiene e noi giornalisti abbiamo il dovere di non innamorarci di alcuna tesi e soprattutto di non lasciarci trascinare dai tanti impulsi emotivi che si liberano attorno alla morte di un ragazzo giovanissimo che aveva tutta la vita davanti. Però rispetto a queste parole di Cascarino, abbiamo tutto il diritto di affermare che a nostro avviso si tratta di una tesi molto discutibile e, almeno di primo acchito, sempre secondo noi, poco convincente
Compiangiamo e abbracciamo forte Rita Di Leone, mai come in questo caso “mater dolorosa”. Comprendiamo le reazioni dure giacobine, integraliste dei tanti che commentano un suo post pubblicato lo scorso 30 giugno, il cui testo integrale pubblichiamo in calce q questo articolo, contro l’avvocato Luigi Iannettone, difensore di Pietro Cascarino, ma noi abbiamo il dovere che l’etica di questa nostra professione ci impone, di lasciare fuori dal nostro lavoro delle idee che pur abbiamo su questa storia tragica. Ciò perché si tratta di idee ancora non supportate da riscontri e da quegli elementi della civiltà giuridica, della civiltà del diritto che rendono possibile la loro pubblicazione.
Comprendiamo il furore della madre del ragazzo morto, lo diciamo con franchezza e nel rispetto della sua persona e della professione che esercita, l’avvocato Luigi Iannettone, appartenente pure lui alla “scuderia” di Zannini, non ci è mai piaciuto granchè. Noi lo sappiamo e lui lo sa. Ma innescare gli insulti di chi ha risposto a quel post ironico della signora Di Leone è comprensibile ma sbagliato.
Purtroppo l’affermazione della civiltà del diritto comporta grandi sacrifici e la sopportazione di tanti dolori individuali. Anche Barbablù aveva diritto alla difesa, anche Jack lo squartatore, anche Totò Riina che ha ordinato forse 500 omicidi compiendone di persona diverse decine, anche Sandokan, anche Pietro Genovese, figlio di Paolo Genovese quest’ultimo noto regista cinematografico, che ha ammazzato due ragazze sulle strisce pedonali a Roma ha avuto diritto alla difesa. Se non c’è la difesa non c’è la democrazia. I criminali del processo di Norimberga avevano i loro avvocati difensori anche se su alcuni di loro gravava l’accusa di aver ucciso personalmente 1milione o 2 milioni di ebrei.
Se salta il diritto alla difesa, salta quella civiltà alla quale la famiglia di questo povero ragazzo chiede legittimamente oggi piena giustizia. Noi cercheremo di capire meglio la questione e probabilmente, lo diciamo senza falsa modestia, saremmo quelli largamente più attrezzati in termini di competenze giuridiche a raccontarla. Ma noi Iannettone non lo chiameremo mai e questo ce lo vogliamo concedere dopo aver difeso il suo pieno diritto, che è il diritto della civiltà, a svolgere la sua piena funzione di avvocato di Pietro Cascarino. Quindi sarà difficile farlo.
In queste ore ci siamo, però, industriati e qualcosa abbiamo portato a casa. Ad esempio, sta girando la notizia di una presunta aggressione subita da Cascarino nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. La credibilità e bontà di chi ce l’ha concessa l’autorevolezza da noi acquisita in anni e anni di lavoro durissimo, matto e disperatissimo ci ha permesso stamattina di compiere delle verifiche istituzionali.
All’interno del carcere di SMCV non risulta assolutamente che Pietro Cascarino in cella con un detenuto pugliese nel reparto Danubio abbia subito alcuna aggressione. Per carità, non ce l’ha comunicato lo Spirito Santo. Per cui facciamo sopravvivere un quarto di oncia di dubbio. Però grazie ai rapporti che abbiamo costruito negli anni con il nostro lavoro serio attraverso il racconto circostanziato su fatti e persone, riteniamo piuttosto probabile che ciò che ci giunge dal carcere di Santa Maria Capua Vetere rappresenti versione più che fondata.
Piuttosto – ve lo dice il sottoscritto che ha fatto 42 giorni in cella per il terribile reato di omesso controllo su articoli di giornale considerati diffamatori – è successo che ”radio carcere” quando Pietro Cascarino è arrivato già sapeva tutto e quindi dalle celle sono partiti improperi, insulti o qualche rumore perché una persona considerata l’assassino di un 16enne innocente è letame rispetto a quello che sono i codici non scritti dei carceri. Poi sicuramente la situazione si è stemperata, ma Cascarino è stato inserito in una cella con un detenuto non del territorio, e ciò non è avvenuto a caso.
Riteniamo che gli agenti di polizia penitenziaria sono particolarmente attenti nel seguirlo, sorvegliarlo e proteggerlo anche durante le ore d’aria
