LA NOTA. Sindaco Marino e presidente D’Agostino, piantatela con questa pagliacciata della gara per il Pinto. Sedetevi e costruite una convenzione come capita in tutti i posti seri d’Italia
24 Settembre 2019 - 21:20
CASERTA (gianluigi guarino) – Non bisogna fornire alibi a nessuno e bisogna anche riconoscere quello che è giusto riconoscere, in modo che, attraverso la chiarezza e la trasparenza di ogni pensiero, si possa poi affrontare seriamente il tema della legalità, inteso come dovere, come comportamento da modulare necessariamente sulle onde del rispetto rigoroso della legge, delle norme che ne rappresentano parte fondamentale e anche di ogni altra fonte del diritto, regolatrice delle relazioni tra settore pubblico e settore privato. Il presidente della Casertana Giuseppe D’Agostino merita considerazione e rispetto per gli sforzi che sta profondendo per garantire una dignitosa partecipazione al campionato di serie C. Indubbiamente, tra ricavi e costi, tra entrate e uscite i conti non tornano e lui, con ogni probabilità, ci sta perdendo di tasca sua.
Assodato e riconosciuto questo dato che si tratta di una realtà non discutibile, poniamo una domanda a seguente domanda a noi stessi: la condizione di mecenate del calcio, di appassionato che sopperisce con la propria tasca, può rappresentare una ragione accettabile, tollerabile per non costruire la relazione tra Comune di Caserta e società privata della Casertana in deroga alle norme vigenti? Anzi, dato che ci troviamo rivolgiamo, sempre a noi stessi, una seconda domanda connessa alla prima: l’interesse generale, che per la legge è ragione suprema, può essere sotteso sull’interesse particolare, anche quando questo si esprime in maniera importante attraverso la storia, il pathos, l’empatia profonda che esiste tra la Casertana e la città dei tifosi? No,
Semplicemente perché uno stato di diritto è regolato dalla legge e, almeno in teoria, questo è uguale per tutti finanche per il Presidente della Repubblica che al di là di certe prerogative, è comunque un soggetto di diritto e può essere oggetto di indagini giudiziari che lo coinvolgono.
Avete visto mai in Italia un Comune che pubblica un bando di gara per dare in gestione, ripetiamo, in gestione esclusiva e completa, il proprio stadio comunale? No, non l’avete visto. E non lo vedrete. Perché il Comune deve amministrare i suoi beni nell’interesse di tutti i cittadini e non solo dei tifosi. Per cui, essendo gli impianti di proprietà pubblica, un Comune non potrà seriamente concedere la gestione completa “full optional”, pena, visto come si fanno le cose nelle nostre zone, il certo intervento della Corte dei Conti, di un bene che è fruibile, per il calcio, per la squadra che più rappresenta la storia della città, ma anche per altre realtà sociali e sportive che pure “sono figlie a Dio”, che pure sono cittadini titolari di diritto.
E allora si capisce il malumore, che potrebbe diventare protesta, che serpeggia tra le altre società cittadine che, investono il proprio tempo e la propria passione nella promozione della pratica sportiva.
Nel Pinto, c’è una pista di atletica che se non ricordiamo male, appartiene alla Provincia oppure l’amministrazione provinciale ha qualche diritto. Su quella pista molti giovani casertani trascorrono positivamente il loro tempo, dando un senso alla identità pubblica di un impianto, stiamo parlando sempre della pista di atletica, per altro ristrutturato da pochi anni.
Questo è solo un esempio. Il disappunto delle altre società nasce proprio dalla anomalia di questa originalissima scelta del Comune di bandire una gara, ma è legata anche a tante dichiarazione che definiamo eufemisticamente improvvide, rilasciate dal sindaco Carlo Marino, il quale, avendo capito che i casertani hanno un senso della moralità e dell’etica pubblica pari alla sua, va a ruota libera com’è successo nei giorni scorsi in occasione del clamoroso strafalcione, compiuto sulla vicenda dei rifiuti (clicca qui per leggere l’articolo). Marino da un lato, il presidente D’Agostino dall’altro, che da parte sua, dà per scontata l’attribuzione alla Casertana della gestione dello stadio, come se la gara si fosse già fatta e, in accordo con Marino parla addirittura dell’apertura di negozi e di altri luoghi di fruizione di servizi a pagamento, prefigurando una realtà allucinante in cui il Comune concede la gestione ma poi deve dare anche le licenze commerciali per sfruttare in questo senso quella che resta comunque una sua proprietà. Roba da camicia di forza. Siamo già intervenuti sulla questione, ma la situazione non accenna a modificarsi. E allora vogliamo fare una proposta che poi è la scoperta dell’acqua calda. Una proposta che tiene insieme lo specialissimo rispetto, la suprema considerazione, l’amore per la storia di un vessillo sportivo che rappresenta la città di Caserta, con le regole, con la legge, con una valutazione congrua di un bene che non è di proprietà di Carlo Marino, ma di tutti i cittadini del capoluogo e nel quale la Casertana non può costruire negozi, sale cinematografiche e quant’altro. Perché questo può avvenire solo negli stadi di proprietà, com’è successo con lo Juventus Stadium, diventato Allianz Stadium, come può succedere a Roma qualora, dopo gli arresti, si uscisse dalla palude e iniziasse la costruzione del nuovo impianto di proprietà giallorossa e come capita in tutti gli stadi del mondo che grandi società hanno acquistato, com’è successo con l’Old Trafford o costruiti ex novo dalla società, com’è successo con il gioiello del Tottenham. L’unica strada è quella che si usa normalmente: si scrive una bozza di convenzione che tenga conto di tutte le priorità, frutto di un giusto privilegio legato alla storia della Casertana, ma che non escluda una piccola porzione riservata alle altre funzioni, ad altre possibilità di utilizzo da parte di diversi enti sportivi. Dunque, la Casertana diventerebbe il fulcro di quella gestione e per questo dovrebbe pagare un giusto canone, come fanno il Napoli che versa al Comune, come fanno la Roma e la Lazio con il Coni, proprietario dello stadio Olimpico, come fanno il Milan e l’Inter con il Comune di Milano, proprietario di San Siro. A Napoli, a Roma e a Milano non si sono mai sognati di fare una gara per la gestione completa degli stadi. Semplicemente perché essendo beni pubblici, è giusto che esprimano la loro funzione sociale, privilegiando l’attività delle squadre di calcio storiche, delle squadre di calcio dell’identità comunale, ma allo stesso tempo non possono escludere altre entità ugualmente formate da cittadini che pagano le tasse e che vedono un’attività di promozione sportiva e sociale.
Questo dovrebbero fare Marino e D’Agostino. Incontrarsi e cominciare un confronto serio per mettere in piedi una convenzione che, com’è successo con quella del Napoli che sta per firmare per il San Paolo, dovrà esser comunque approvata in consiglio comunale.
Tutto il resto sono cazzate. Balle. Cortine fumogene che devono nascondere evidentemente la debolezza ormai evidente di un sindaco e di un’amministrazione comunale totalmente stralunati di fronte ad una città letteralmente distrutta nella sua materia e nel suo spirito, e il presidente che, avendo scucito molti quattrini e deluso di non essere riuscito a realizzare una gestione che fosse anche fondata sui ricavi significativi in rapporto con i costi, aspetta l’occasione, la scusa giusta per salutare la compagnia e per dire ai tifosi che lui ci ha provato e che Caserta non l’ha aiutato, come se aiutare la Casertana significasse regalare un bene pubblico senza che il Comune sviluppi una sua strategia finalizzata a bilanciare tutti gli interessi: quelli primari del blasone rossoblu e quelli secondari, ma non certo inesistenti, delle altre realtà sportive e sociali della città.