L’arresto dei sindaci e dei già assessori. Tutto nasce da una denuncia dell’imprenditore Roberto Vitale perseguitato da Biagio Lusini e colpito da due attentati della camorra alla cappella di famiglia al cimitero e alla sede della sua azienda
12 Novembre 2024 - 21:13
I nostri lettori non avranno alcuna difficoltà a collegarsi immediatamente a questa figura di imprenditore visto che CasertaCe, da anni, denuncia tutte le angherie da egli ricevute e subite. Oggi, con gli arresti, un po’ di giustizia anche per lui
TEVEROLA (g.g.) Nel 2019 l’imprenditore Roberto Vitale, come ben conoscono i lettori più attenti di CasertaCe, ha subito due gravi attentati. Il primo, autenticamente vergognoso contro la cappella cimiteriale di famiglia il secondo, incendiario, contro la sede della sua società, la Vitale One titolare del servizio di pubblica illuminazione in quel di Teverola
Roberto Vitale è stato al centro delle nostre attenzioni e della nostra solidarietà. Ne abbiamo viste e raccontate tante negli anni del nostro lavoro qui a Caserta. Spesso abbiamo dovuto fare i conti con falsi attentati, con delle simulazioni. Queste esperienze ci hanno consentito di stabilire immediatamente che Roberto Vitale fosse una vittima effettiva di una minaccia politico camorrista. Lui è sempre stato convinto che alla base dei turpi attentati subiti ci fosse il clima di odio, creato nei suoi confronti, e concretizzatosi anche attraverso la spavalderia di farneticanti post pubblicati in Facebook di cui noi stessi scrivemmo a suo tempo, pubblicandoli integralmente, ad opera dell’ex sindaco Biagio Lusini
Questi, secondo Vitale non ha mai sopportato il fatto che l’imprenditore volesse procedere, nel suo affidamento ventennale, lungo la strada maestra del rispetto del contratto stipulato con l’amministrazione comunale, scaturito a sua volta dal capitolato d’appalto
Noi, che con Roberto Vitale abbiamo parlato più volte, ci siamo mossi in un primo tempo con grande cautela. Quando abbiamo letto però quei post su Facebook con cui Lusini attaccava brutalmente il Vitale, ci siamo convinti che effettivamente le ragioni espresse dall’imprenditore non erano affatto campate in aria
Da quelle denunce è nata l’indagine che poi, attraverso l’intercettazione delle comunicazioni telefoniche ed ambientali di Biagio Lusini, si è spostata anche su altri fronti, soprattutto su quello della lottizzazione Schiavone, motivo che ha determinato l’emissione dell’ordinanza del gip del tribunale di Aversa che ha portato all’arresto e alla detenzione domiciliare dello stesso Lusini
Questo è scritto nero su bianco nell’ordinanza. Ma quel che è più importante è ciò che è stato acquisito dagli inquirenti dalle dichiarazioni del pentito e poi non più pentito Giovanni Improda. Questi ha dichiarato che loro, camorristi di Teverola consideravano letteralmente Roberto Vitale “un infame” perché questi a suo dire non pagava alcun fornitore, ovviamente i fornitori che gli venivano imposti, men che meno il simulato servizio di guardiania in pratica quella vigilanza che rappresenta una modalità classica di pagare il pizzo alla camorra fingendo che si tratti di un servizio ricevuto, mai come in questo caso l’ancor più classica “tassa della tranquillità”. Da un lato, dunque, Roberto Vitale veniva trattato da Biagio Lusini come un infame dall’altro alto era definito tale dalla camorra; da un terzo lato ancora i sodali di Biagio Lusini, ossia l’allora sindaco Tommaso Barbato, anche lui arrestato stamattina, e l’assessore ai lavori pubblici Pasquale Buonpane, destinatario di un provvedimento di obbligo di dimora a Teverola, esprimevano a Vitale una falsa solidarietà recandosi presso la sede della Vitale One per esprimere una solidarietà solo di facciata ma, attenzione, per chiedere fondamentalmente con dei gesti se Vitale fosse a conoscenza dell’apposizione di micro spie e di dispositivi di ascolto.
Vitale si è sentito al centro di molte pressioni. E ha capito un fatto molto evidente ai suoi occhi: non cedendo a quelle pressioni lui diventava un target per gli attacchi di Biagio Lusini e per gli attentati subiti dalla camorra. Un altro episodio da lui raccontato nella denuncia che ha dato innesco all’indagine riguarda una riunione svoltasi al Comune di Teverola, presso cui era stato convocato con quella che probabilmente era solo una scusa, costituita dalla richiesta di poter sfruttare i pali dell’illuminazione pubblica per installare gli addobbi natalizia. Naturalmente Vitale dette il suo assenso ma mentre se ne stava andando, e dopo aver scambiato, qualche battuta, non certo amichevole con Raffaele Lello De Rosa, già vice sindaco di Casapesenna fratello del già sindaco di Casapesenna Marcello De Rosa e oggi, manco a dirlo, in servizio nell’ufficio tecnico del comune di Caserta letteralmente bombardato dalle inchieste giudiziarie della Procura della Repubblica di S.M.C.V. Avviandosi verso la porta di uscita De Rosa, affiancato dal sindaco Tommaso Barbato e dall’assessore Pasquale Buonpane gli chiese di mettersi di accordo e di non creare problemi ai lavori di ristrutturazione della rete stradale di Teverola attribuiti ad una ditta di Parete. Una sorta di messaggio trasversale, che Vitale respingeva al mittente diventando sempre più intransigente e duro nella resistenza ad ogni forma di pressione