Le storie incredibili delle interdittive antimafia di Agape e Punto H. La nomina a liquidatrice di una vedova di un morto ammazzato del CLAN DEI CASALESI

3 Giugno 2022 - 15:19

Le battaglie legali degli uomini e delle donne di Schiavone, Iovine, Bidognetti & company. Il nostro focus sull’indagine ancora in corso sul sistema impressionante che ha consentito alla camorra di controllare larga parte degli appalti pubblici per l’erogazione di servizi sociali alla persona, si sofferma oggi sulle vicende che dal 2008 fino al 2013 hanno segnato la dura battaglia, ingaggiata, a colpi di interdittive a carico di Agape e di Punto H, in cui era implicato anche il re dei rifiuti illegali Cipriano Chianese, dal gruppo investigativo antimafia della prefettura di Caserta e Luigi Lagravanese, quest’ultimo ricco al punto da poter ingaggiare stuoli di avvocati. L’arresto per il Principe e la scheda ballerina, il coinvolgimento di Massimiliano Grassi 

 

CASAL DI PRINCIPE (g.g.) – Evitando di rendere troppo complessa e intricata la spiegazione, possiamo dire tranquillamente che la vicenda delle interdittive antimafia che hanno interessato, a partire dalle attività istruttorie fino ad arrivare alla materiale emissione dei provvedimenti, alle loro impugnazioni eccetera eccetera, il sistema del consorzio Agape e delle cooperative che hanno monopolizzato, secondo la Dda di Napoli, centinaia di appalti pubblici per la gestione dei Servizi Sociali in provincia di Caserta, può essere ben compresa suddividendo la trattazione in due compartimenti autonomi, quand’anche attinenti, e solo infine, comunicanti e convergenti.

Tutto quello che succede dal 2006 nelle attività di controllo, sviluppate dalla Prefettura di Caserta nel perimetro dei soggetti economici collegati o ricollegabili a Luigi Lagravanese, considerato il plenipotenziario del clan dei casalesi nel sistema appena citato – ma anche a Pasquale Capriglione che con Lagravanese opera sin dalla prima ora, sin dalla fondazione del consorzio di cooperative sociali Agape datata anno 2000 – riguarda direttamente la cooperativa Punto H, la quale, ricordiamo, è una delle “8 sorelle fondatrici” consorziate in Agape.

Punto H è chiaramente ascrivibile a Luigi Lagravanese, che per un periodo ne è stato presidente e legale rappresentante. L’origine del problema che poi porterà all’emissione dell’interdittiva, anche a causa del concorso di altri elementi, è rappresentato però da un’altra società, la Publimedia srl, in cui salta fuori la figura del titolare Cipriano Chianese, il più grande trafficante di rifiuti illegali della storia d’Italia, oggi presumibilmente recluso in carcere per scontare la pena definitiva a 18 anni inflittagli dalla Corte di Cassazione qualche tempo fa.

Le informative chieste ed ottenute dalla Prefettura di Caserta dall’anno 2006 in poi, sono orientate a sottolineare il fatto che quote della proprietà di Punto H siano nella dotazione di Publimedia e di Cipriano Chianese. In questa ricostruzione articolata e complicata, ci è capitato di incontrare passaggi delle informative in cui viene scritto che Publimedia fosse la controllante di Punto H, ricordiamo quest’ultima datrice di lavoro di Clelia Nappa, sorella di Giuseppina Nappa e dunque cognata di Francesco Schiavone Sandokan, zia diretta di Nicola Schiavone junior.

Ma in realtà non è così. Il 20 giugno 2008, infatti, i Carabinieri del Comando Provinciale di Caserta ritengono non sufficienti gli elementi emersi per giustificare l’emissione di un provvedimento di interdittiva antimafia a carico di Punto H in quanto Publimedia vi partecipava con una sua quota, ma non al punto da potersi configurare come la sua controllante.

L’istruttoria però continua e il Gruppo Ispettivo Antimafia, insediato nella Prefettura di Caserta, raccoglie altri e nuovi elementi, soprattutto quelli frutto delle informazioni ricevute dalla Direzione Distrettuale Antimafia, per far convergere le due istruttorie in una decisione che di fatto diventa unitaria e attraverso la quale si attua quella relazione logica tra l’interdittiva di Punto H e quella di Consorzio Agape non a caso emesse nel corso della stessa giornata, il 16 marzo 2009.

Un dato di appartenenza dimostrato senza tema di smentita dal fatto che l’ultimo amministratore e legale rappresentante, che poi diventa anche liquidatore di questa società, è Maurizio Pontillo, commercialista e luogotenente di Pasquale Capriglione.

Se è vero, allora, che le due istruttorie convergono poi il 16 marzo 2009 in due comunque distinte decisioni sull’interdittiva antimafia, è anche vero che le procedure di accertamento si sviluppano autonomamente.

Ciò determina una gestione dei due dossier da parte della Prefettura di Caserta che, pur avendo una interdipendenza, si concretizza attraverso una serie di informative specifiche, riguardanti talune Punto H, altre il Consorzio Agape.

Al riguardo, Punto H, dopo l’interdittiva del 16 marzo 2009, sceglie la strada dell’impugnazione del provvedimento davanti al Tar della Campania e, successivamente, davanti al Consiglio di Stato. Inutilmente, perché i due organi della giurisdizione amministrativa respingono i ricorsi in entrambi i casi.

A distanza di poco meno di due anni, siamo ai primi mesi del 2011, Luigi Lagravanese ritiene che le condizioni per le quali la Prefettura aveva emesso il provvedimento interdittivo fossero cessate o si fossero ridimensionate.

Fatto sta che presenta un’istanza di revisione della misura.

Ma quello non è il suo momento, visto e considerato che il 6 dicembre 2011 viene eseguito il blitz dei blitz, quello che porta all’arresto di decine e decine di persone tra politici, imprenditori e burocrati del Comune di Casal di Principe.

È l’ordinanza divenuta nota con il nome de “Il Principe e (la scheda) ballerina”, nella quale risulta indagato anche Luigi Cesaro e per la quale la Dda di Napoli chiede per la prima volta alla Camera dei Deputati il permesso, poi negato, all’arresto di Nicola Cosentino. Nelle settimane successive, i Carabinieri del Comando Provinciale di Caserta estrapolano da quel lungo elenco di arrestati, e lo fanno in relazione alle informazioni chieste dalla Prefettura di Caserta, il nome di Luigi Lagravanese, comunicandolo all’organo di governo.

Un assist al Gruppo Ispettivo che il 27 gennaio 2012 chiude il fascicolo e invia le conclusioni del suo lavoro al Prefetto, il quale, pochi giorni dopo, precisamente il 3 febbraio 2012, conferma ufficialmente l’interdittiva antimafia a carico di Punto H.

Fin qui la vicenda di Punto H. Quella del Consorzio Agape, interdetto parimenti il 16 marzo 2009, la trattiamo allo stesso modo.

Ciò capita in conseguenza di un’istruttoria fatta a monte e che il 26 maggio dell’anno prima, cioè il 26 maggio 2008, vive un momento importantissimo con l’arresto di Massimiliano Grassi, il commercialista di San Cipriano, presidente del consiglio di sorveglianza del consorzio, dopo esserne stato uno dei fondatori nel già citato anno 2000.

Quell’arresto avviene nel giorno di una delle retate di camorristi più importanti degli ultimi venti anni, visto che interessa congiunti e affini dell’allora latitante Antonio Iovine detto o’ ninno tra cui anche la moglie Enrichetta Avallone. Un blitz che, probabilmente, comincia a infilare nella testa del boss dubbi significativi sulle prospettive di vita di sua moglie e della sua famiglia e che, mano mano lo avrebbero portato al pentimento dopo l’arresto, avvenuto ad opera degli uomini della Mobile di Napoli nel novembre 2010.

Grassi viene assolto nel processo successivo ma è chiaro che dal punto di vista della procedura amministrativa, l’evento della sua carcerazione determina un aggravamento di quelle condizioni poste a fondamento di un’interdittiva antimafia che poi sarebbe arrivata il 16 marzo 2009. Questo arresto diventa oggetto di una comunicazione che i Carabinieri del comando provinciale di Caserta inoltrano alla Prefettura.

L’arresto di Grassi, ma non solo.

Il GIA insediato presso la Prefettura di Caserta lavora anche su una informativa, riguardante le trame del consorzio Agape, ricevuta dalla direzione investigativa antimafia di Napoli. Quei fatti, quegli elementi vengono sufficienti dal Gruppo Ispettivo Antimafia per chiedere formalmente l’apertura di accertamento sul conto del Consorzio Agape.

Conseguentemente arrivano altre informazioni da autorità inquirenti, che il GIA della Prefettura di Caserta considera sufficienti per chiudere anche il fascicolo sul consorzio Agape. Ciò avviene il giorno 19 febbraio 2009. Il 16 marzo successivo, proprio sulla scorta di questa ampia relazione del Gruppo Ispettivo Antimafia, la Prefettura produce l’interdittiva antimafia a carico di Agape.

Inizia la solita trafila degli appalti e degli affidamenti revocati dai comuni e dagli ambiti intercomunali dei Servizi Sociali. Il consorzio Agape presenta una serie di ricorsi agli organi giudiziari del diritto amministrativo che vengono rigettati in via definitiva.

Di questi ricorsi al Tar vengono citati nell’inchiesta attuale quelli presentati da Agape e avversi alle revoche subite dai comuni di Casagiove, di Sparanise e dall’Asl di Caserta, dove già al tempo Lagravanese, Capriglione e compagnia mangiavano alla grande e in cui avrebbero continuato a mangiare dopo aver ricostruito e riorganizzato il sistema con modalità diverse fino all’esplosione della inchiesta giudiziaria e alle interdittive di questi ultimi giorni.

Il 13 febbraio 2012, non sappiamo se per effetto di una richiesta di revisione presentata dal Consorzio Agape o perché c’era stato un pronunciamento del Tar e del Consiglio di Stato sull’interdittiva antimafia considerata nella sua struttura generale, la Prefettura torna ad interrogare la DIA la quale informa l’organo di governo sul fatto che quelle procedure di smobilitazione, di cui si erano visti i primi segni già a partire dal 2009, sono diventate un percorso ineluttabile e definitivo.

Il 15 marzo 2012 la DIA avendo impegnato le proprio energie sulle attività di smobilitazione del Consorzio Agape, scrive alla Prefettura che la procedura di scioglimento e di liquidazione era partita il 16 novembre 2010, cioè più di un anno prima.

La carica di liquidatore, così scrive la Dia, era stata assunta dalla signora Annunziata Cantile, altro soggetto afflitto da mille guai. Annunziata Cantile infatti era stata la moglie di Nicola Alemanni, esponente di spicco del clan dei casalesi e morto ammazzato in un agguato avvenuto il 16 luglio 1993 quando il suo corpo fu ritrovato carbonizzato in un’auto di proprietà di sua moglie, cioè della citata Annunziata Cantile.

Guai indotti dalla carriera scelta da suo marito ma anche sopportati direttamente: la Cantile, infatti, annoverava e annovera precedenti penali e di polizia per violazione delle leggi sulle armi e falsità ideologica commesso da privato in atto pubblico. Alla carica di liquidatrice del consorzio di cooperative sociali Agape arriva partendo dai ranghi di semplice dipendente della cooperativa Punto H, dove aveva svolto l’attività di assistente socio-sanitaria.

Non sappiamo se c’è un errore di trascrizione, ma dall’indagine in corso in questi mesi, risulta che solo un anno dopo, cioè il 15 aprile 2013, mentre sarebbe stata molto più normale la data del 15 aprile 2012, il Gruppo Ispettivo Antimafia aveva concluso il suo lavoro, comunicando, in una relazione articolata alla Prefettura, l’esistenza di elementi per confermare (ecco perché è probabile che si sia trattato di una richiesta di revisione avanzata dal Consorzio Agape, più che della conseguenza di una sentenza sfavorevole del Consiglio di Stato) il provvedimento di interdittiva antimafia.

È l’ultimo capitolo, il passo d’addio di un sistema che per 12 anni ha garantito appalti e tanti quattrini ad una pletora di soggetti che comunque dovevano dar conto del loro operato ai boss del clan dei casalesi.

Da quel momento in poi, il sistema si sarebbe ripensato e rigenerato nel modo in cui abbiamo raccontato più volte e che comunque ha finito per essere incrociato da una pesantissima indagine della Dda della Squadra Mobile di Caserta, ancora in corso dal 2019.

Resta solamente un ultimo fatto da raccontare relativamente alle informazioni che la Dia trasmise al Gruppo Ispettivo Antimafia della Prefettura di Caserta, riguardante due auto custodite in un preciso luogo di Casal di Principe e che coinvolge anche un’altra stabile presenza nei nostri articoli sul clan, cioè il Dante Apicella. Insieme a lui salta fuori il nome di sua moglie Caterina Coppola, assunta a suo tempo in un’altra cooperativa. Per sapere quale, collegatevi a CasertaCe nella giornata di domani.