L’EDITORIALE. Ecco quello che pensiamo del piano di dimensionamento scolastico di CASERTA città. I presidi la piantassero di raccontar boiate ai genitori e a strumentalizzare i ragazzi
14 Ottobre 2019 - 18:25
di Gianluigi Guarino
Noi di CasertaCe, di tutto possiamo essere rimproverati, eccetto di una cosa: non abbiamo mai smesso di credere, trascorsi 20 anni dal momento in cui il sottoscritto ha iniziato a vedere e a scrivere del merdaio casertano, nella possibilità di vedersi avverare, ribaltando, anticiclicamente, ogni valutazione razionale delle cose, il sogno (“I have a dream“
Non ci turba, nonostante tutto, vederci come dei Don Chisciotte della Mancia in scala millesimale. Per cui, noi di CasertaCe, come si suol dire, siamo al di sopra di ogni sospetto, perché ancora e inguaribilmente, diciamocela tutta, noi speriamo (o meglio sogniamo, o spesso vaneggiamo) che (“I
E allora, figuriamoci se a noi non piacerebbe leggere un piano di dimensionamento scolastico, frutto di una lunga ed organizzata fase di confronto (la parola concertazione non la usiamo perché ci fa schifo dal 1993 in poi) tra amministrazione comunale e le cosiddette parti sociali, che, badate bene, non sono solo i sindacati ma, a nostro avviso, ad avviso dei democratico-liberali, sono anche, anzi soprattutto le rappresentanze dirette, quelle che non delegano le proprie idee, quelle che non mandano il cervello all’ammasso nei cosiddetti corpi intermedi, a partire dai sindacati che, soprattutto qui da noi, non sono assolutamente tali: sono, invece, l’antitesi reale, materiale della definizione e della missione a loro attribuita dall’articolo 39 della Costituzione, rappresentando solo interessi particolari e non certo interessi collettivi.
Sognamo (“I have a dream“) un confronto in cui tutte le istituzioni e le parti sociali effettive abbiano in testa, prima di ogni altra cosa, gli interessi della collettività, oseremmo dire (e per un liberale non è mai un approccio semplice e agevole), gli interessi del popolo.
Ci piacerebbe. Ma, purtroppo, la missione di chi pensa di combattere un sistema, per costruirne un altro, non può consistere, nel rifugio mentale, che poi si traduce in vera e propria fuga, pena l’evanescenza e se non si vuol rotolarsi nella flaccida deriva di una oziosa accademia, nell‘Iperuranio platonico. Bisogna, invece, combattere rispetto a quello che è, rispetto alla realtà, anche quando questa non ci piace o non ci piace fino in fondo.
Combattere, dunque, con le armi della democrazia, che, nonostante tutto, nonostante i suoi limiti enormi, resta sempre il miglior sistema di governo della vita degli uomini e delle donne.
Abbiamo dato un’occhiata, sforzandoci di utilizzare una realistica lente pragmatica, al piano di dimensionamento, così come questo è uscito dall’approvazione della giunta comunale di Caserta.
Intanto, vi invitiamo a leggerlo integralmente in calce a questo articolo. Noi l’abbiamo già fatto, provando ad estrarre un senso, una ratio, per usare un termine latino, di uso ormai corrente, cioè un significato che esprima una ragione, che non sia una ragione tanto ambiziosa come quella che potrebbe venir fuori da quel grande confronto con le “parti sociali vere”, di cui scrivevo prima.
Si coglie, sicuramente e scontatamente, l’esistenza di una visione politica, tecnicamente di parte, che, ripetiamo, esiste, come esisteva in tutti gli altri piani di dimensionamento presentati dal comune capoluogo, dagli altri comuni di Terra di Lavoro e dall’amministrazione provinciale. Una visione tecnicamente di parte che si configura come il delta indicante il discrimine tra quello che fu il piano di dimensionamento Del Gaudio-Adele Vairo, dal piano di dimensionamento uscito dalla penna dell’attuale assessore alla pubblica istruzione, Mirella Corvino.
Pensate un pò che noi di CasertaCe, per qualche giorno, eravamo convinti, e volevamo evidenziarlo in un nostro articolo, che la Corvino fosse ancora in servizio, quand’anche in aspettativa, nei ranghi docenti della scuola Lorenzini. Eravamo già pronti a tirarle le orecchie, ponendo un problema che CasertaCe pone sempre: quello dell’opportunità che, a nostro avviso, è autentica sostanza della propria testimonianza in politica.
Ci hanno detto, invece, che la Corvino, da due anni, si è trasferita, manco a dirlo, proprio nella scuola De Amicis, cioè nel luogo da cui è partita questa mezza rivolta, condivisa all’unisono da un’altra scuola, quella di Parco degli Aranci, in quel di Centurano.
Insomma, questa notizia ci ha disarmati e soprattutto ha disinnescato, neutralizzandola, l’arma retorica del “cicero”, anzi, cazzeggiando un pò, Corvino, pro domo sua. L’assessore ha, infatti, ridato ossigeno ed identità alla scuola che ha deciso di lasciare due anni fa, creando malcontento in quella in cui dovrà tornare a lavorare quando terminerà di fare l’assessore a Caserta.
Ho dovuto arrendermi a questa evidenza, dunque, cercando altrove questo trucco, questa malevolenza, questa operazione discriminatoria che avrebbe premiato ben determinate scuole penalizzandone volutamente altre. Onestamente, non li ho trovati pur essendo, notoriamente, uno specialista, pur essendo il maggiore trastolologo e braciolologo del mondo.
Siccome il sottoscritto era qui a Caserta e scriveva, ancor di più di quanto non lo faccia oggi, del piano di dimensionamento della giunta Del Gaudio, nitido è, in effetti, il ricordo della battaglia condotta dall’allora dirigente della scuola De Amicis, Alfonso Marotta, oggi pensionato e direttore dell’asilo privato di Sant’Antida, gestito dall’impresa che fa capo al coordinatore regionale di Fratelli d’Italia Gimmi Cangiano.
Marotta affermava, sensatamente e fondatamente, come scrivemmo al tempo, che il naturale accoppiamento della scuola De Amicis era rappresentato dalla scuola primaria Pietro Giannone, al tempo, come oggi, in difficoltà ma titolare di un lignaggio e di una storia nobile che la lega all’essenza identitaria di questa città.
Niente da fare: passò il piano di dimensionamento della giunta Del Gaudio e la debolezza della scuola Giannone fece pendant con un’altra debolezza, quella della primaria Lombardo-Radice di via Roma.
Il buon Marotta presentò finanche un ricorso al Tar che fu respinto per un vizio formale e che il dirigente della De Amicis scelse, ormai spossato e sfiduciato, di non riproporre. Quel piano che il dirigente della De Amicis contestò duramente e ad alta voce, produsse l’accoppiamento, territorialmente errato, disorganico, tra la scuola De Amicis, nella quale era arrivata la nuova dirigente Tania Sassi di Marcianise, e la Leonardo Da Vinci di rione Tescione.
Non c’è dubbio che la Sassi abbia ben operato in questi anni, ridando smalto alle due scuole, anche grazie ad un’operazione cosciente, quand’anche legittima, di autentico vampirismo operato nei confronti di una scuola, la Giannone, che pur stando a tre metri di distanza dalla De Amicis, e pur non avendo più i numeri per essere autonoma da sola, era stata follemente collegata alla Lombardo-Radice e non alla De Amicis. Questo piano di dimensionamento è utile, invece, alle ragioni della preside Sassi perchè sposta ogni ombra su questa sua attitudine vampira perchè le permette di riempirsi di ulteriore gloria, non attingendo più dalla Giannone per rafforzare la De Amicis, ma accettando la sfida della rivitalizzazione di un istituto storico e caro ai casertani.
Il nuovo piano di dimensionamento incrocia quella che fu la posizione dell’allora dirigente Alfonso Marotta. Nè più, nè meno. Sarà discutibile, ma almeno, in quel caso, nella visione di Marotta, esisteva uno straccio di logica razionale legata alla variabile materiale, aritmetica e dunque certa della territorialità che si misura in metri e distanze che poi si traducono in agi o disagi per le famiglie degli alunni.
E lo stesso vale anche per la scuola di parco degli Aranci che accoglie altri plessi vicini, dove per vicini intendiamo ciò che, necessitato dall’esigenza di razionalizzare il numero dei plessi. Con la Don Milani staranno le scuole dell’infanzia di San Clemente, di Santa Barbara, di Centurano, e anche di Tuoro e di Casolla, in questi ultimi due casi, sicuramente più decentrate, più lontane e dunque meritevoli di un minimo di ulteriore approfondimento, in merito alla loro collocazione.
Ma allora, perchè tutto questo casino? Perchè gli alunni in piazza? Ve lo diciamo subito: nell’epoca dell’insalata russa dei social, popolati da cose intelligenti ed interessanti, ma anche da una montagna di cazzate e di sciocchezze, la cui propagazione è favorita dall’identità stessa della rete, che ne fa una bufera, un uragano, altro che il “venticello”, vettore della calunnia, così come cantato in una celebre Aria di Rossini del barbiere di Siviglia (CLICCA QUI), ripresa dal grande e compianto Gianni Boncompagni, in un memorabile coro, intonato da Ambra Angiolini e dalle ragazze di “Non è la Rai” in risposta a un pò di canzoni, in stile solonico e moralista, uscite in quel periodo sulla loro esperienza in quel programma di culto (CLICCA QUI PER ASCOLTARE).
Non è stato difficile, ordunque, mettere in campo una campagna di disinformazione. Pensate che per mobilitare le mamme e i papà, è stato finanche affermato che, con il cambio di disposizione amministrativa dei collegamenti tra istituti scolastici, le maestre, i maestri, le professoresse, i professori sarebbero cambiati tutti e dunque i ragazzi avrebbero subito una vera e propria amputazione psicologica, ancor più grave di quella inflitta alla continuità didattica.
Avrebbe detto Fantozzi: questa è una boiata pazzesca. Perchè non è assolutamente vero che i professori cambieranno. Andrà via solo chi chiederà il trasferimento, come accade in ogni scuola ogni anno e per motivi indipendenti dalla modifica della relazione burocratico-amministrativa tra un istituto e l’altro.
Superata la mia “impressione” sulla Corvino che consideravo ancora in oganico alla Lorenzini, quando invece opera nella De Amicis, superata, poi, la boiata dell’assassinio della continuità didattica, cosa rimane? Rimane quello che c’è sempre stato dentro a queste operazioni che hanno fatto contenti alcuni e scontenti altri. Attenzione, però: contenti e scontenti per la ridefinizione di strutture e di collegamenti burocratici che riguardano solo e solamente le visioni, le ambizioni che i presidi, i dirigenti scolastici proiettano su loro stessi, sulle loro prerogative, sul peso della cifra di potere che riescono ad esprimere, soprattutto grazie agli ingentissimi finanziamenti che il ministero e la Regione erogano per le attività para-scolastiche le quali, purtroppo, in alcuni plessi di Caserta, non in tutti, fortunatamente, si configurano, in realtà, come attività pseudo scolastiche, buone solo a sprecar quattrini e a mobilitare, per la realizzazione di progetti, ottimi sulla carta, gente non all’altezza e arruolata solo in base ad una logica che nulla ha a che vedere con la performance.
E allora, proporre ai ragazzi di fare una manifestazione di sabato mattina, così com’è successo l’altro ieri, è una cosa semplicissima, un vero e proprio assist. Ebbene, sfido chiunque ad ottenere una risposta precisa e centrata da uno di quegli studenti che hanno sfilato per le principali strade di Caserta, sui motivi precisi per i quali erano state inscenate quelle manifestazioni e confezionati quegli slogan tanto creativi, quanto stravaganti.
Tutto quello che si sta muovendo nelle proteste di questi giorni, è frutto di una manipolazione a cui gli studenti si sottopongono volentieri, perchè ha fatto piacere a tutti noi, risparmiare qualche giorno di lezione, facendo cose più divertenti, e che coinvolge, abilmente, anche i loro genitori, ai quali vengono propinate le boiate pazzesche sullamputazione della continuità didattica, allo scopo di gasarli, di riempirli di adrenalina intorno ad una rivendicazione che non appartiene, neppure in minima parte, alla sfera delle loro necessità, alla sfera dei loro doveri di mamme e di papà, giustamente tesi a far in modo che i propri figli siano correttamente educati e scolarizzati. Il piano di dimensionamento, questo qui, come quelli del passato non incide, non scalfisce, neppure da lontano, i format didattici che rimarranno invariati.
Insomma, è una questione di potere tra presidi. Roba che appartiene a quei costumi che menzionavo all’inizio di questo articolo, quell’individualismo patologico, spesso rabbioso che conduce anche persone che dovrebbero avere in testa una bussola costantemente orientata solo nella direzione degli interessi dei loro studenti, ad utilizzare i medesimi, a strumentalizzarli per la propria comodità personale.
Poi, se c’è qualcuno che mi dice e mi dimostra che questo piano di dimensionamento rovini o complichi l’esistenza di un solo alunno della De Amicis, di un solo alunno della Leonardo da Vinci, di un solo alunno del Giannone (ma me lo deve dimostrare ed è tutt’altro che facile), io sono pronto a fare ammenda e a ritrattare le valutazioni espresse in questo articolo.
QUI SOTTO IL PIANO DI DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO