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L’EDITORIALE. Le 50 famiglie dei dipendenti della Rsa ridotte alla fame, le cooperative fittizie da sempre tollerate e l’effetto collaterale sul “lavoratore stracciato” dell’interdittiva antimafia

21 Febbraio 2023 - 19:46

A diversi giorni dall’inizio della protesta di quelli che sono stati i dipendenti delle coop di Capriglione e poi della gemella Filipendo di Gennaro Bortone, entrambe colpite da provvedimento antimafia, è opportuno che CasertaCe, il quale si sforza sempre di compiere analisi non selettive, non un tanto al chilo, evidenzi che l’intervento del Governo e della Prefettura non costituisce la base del problema, ma solo l’aggravamento dello stesso.

di Gianluigi Guarino

Se questa regione, questa provincia, questo Sud, fossero dei posti, non diciamo seri – non aspiriamo certo a tanto – ma appena passabili, non accadrebbe che il 90% delle società, costituite come cooperative, grandi, medie o piccole che siano, in realtà cooperative non sono, visto e considerato che i lavoratori, i quali ne fanno parte, non hanno mai contato nulla e il loro status di socio, del tutto fittizio, non è mai servito ad ispirare delle effettive scelte imprenditoriali, anche solo consistenti nella elaborazione e nell’approvazione assembleare di definite linee di indirizzo.

Non è questione di numeri. Le cooperative alla Pasquale Capriglione, alla Gennaro Bortone, cioè le cooperative che hanno operato sotto il cappello di Nestore e sotto quello di Filipendo, non sono tali. Sono, invece, cooperative fittizie, visto che il potere reale, quello totale, che investe sia le linee di indirizzo, che la gestione amministrativa e operativa, sono sempre in mano ad un dominus, ad un controllore di fatto delle quote, senza il quale gli apparenti soci cooperatori possono vedersi tagliati i viveri in ogni momento.

Sapete a cosa servono le cooperative nelle nostre zone? Non a mettere insieme le energie orizzontalmente disposte di lavoratori che si fanno artefici del proprio destino, ma solamente per ottenere finanziamenti, per le agevolazioni fiscali, per poter partecipare ad avvisi pubblici e a gare, utilizzando, come elemento premiale dei punteggi ottenuti, la titolarità di questa iniziativa imprenditoriale, di questa particolare ragione sociale.

Dunque, queste cooperative potremmo definirle farlocche, double face: da una parte ingabbiano i lavoratori, presentandoli falsamente come imprenditori in quota parte di loro stessi, dall’altra parte fottono lo Stato, in quanto la titolarità a partecipare e a vincere certe gare, ad ottenere finanziamenti pubblici o agevolazioni fiscali, deriva da uno status che è, di fatto, fittizio perché, se andate a leggere il Codice civile e poi pensate che a nessuno passa nemmeno per l’anticamera del cervello di definire queste entità societarie una cosa diversa rispetto alla definizione di “l’impresa di Capriglione”, “l’azienda di Gennaro Bortone”, oppure ancora “le cooperative riferibili a Luigi Lagravanese“, oppure semplicemente “riferibili a…”, espressione che di per sé, si configura come una contraddizione cardinale, fondamentale, rispetto a quello che la legge prevede in termini di definizione, in termini di vita e di funzionamento di una vera entità cooperativa.

Nella maggior parte dei casi, tutto procede come preordinato e previsto dal dominus o dagli imprenditori di riferimento che si celano – peraltro fino a un certo punto – dietro alla ragione sociale di una cooperativa. Poi, possono capitare – raramente, ma capitano – fatti in grado di far precipitare la situazione; fatti come quelli capitati ultimamente alla Rsa di Caserta, una struttura dell’Asl al centro di una pesantissima indagine della Dda, e ti accorgi cosa significa essere una cooperativa quando ti capita l’accidente di subire un’interdittiva antimafia.

Perché una cosa è essere dipendenti di una società di persone o di capitale, titolare dell’erogazione di un servizio pubblico, frutto di una gara d’appalto o, comunque, di un affidamento ricevuto da una potestà amministrativa, altra cosa è essere socio cooperatore e, allo stesso tempo, lavoratore.

Eh già, perché i 50 di Filipendo, che da giorni e giorni protestano per aver perso il loro posto di lavoro, non sono dipendenti, ma soci lavoratori della cooperativa. Chi pensate che riceva ulteriore danno, o meglio la beffa oltre al danno, nel momento in cui ricorrono casi non consueti, come l’emissione di una interdittiva antimafia? Quella operazione iniziale, compiuta dal dominus, cioè dal Capriglione, dal Bortone o dal Lagravanese della situazione, ovviamente sempre finalizzata a fregare i lavoratori, cautelandosi rispetto ad un vincolo di dipendenza, di subordinazione aziendale, dal quale possono nascere i fastidi sotto forma di rivendicazioni e anche di vertenze di lavoro, innesca una vera e propria reazione a catena. I lavoratori, già danneggiati dalla necessità, dall’essere costretti a diventare soci (di cartapesta) di una cooperativa solo fittizia, incrociano la beffa quando si schiantano letteralmente contro gli scogli dell’interdittiva antimafia.

In caso di emissione di un provvedimento di questo genere a carico di una società di capitali accade, infatti, come abbiamo più volte visto e scritto negli ultimi anni, che lo status di dipendente impermeabilizzi la posizione del lavoratore subordinato, che potrà accedere all’utilizzo delle norme sul cosiddetto passaggio di cantiere, il quale consentirà a lui e ai suoi colleghi, di qualsiasi rango professionale, operai, operatori ecologici, funzionari, quadri o dirigenti che siano, di conservare il proprio posto di lavoro transitando nei ranghi dell’impresa che, provvisoriamente o in forza di un’altra gara di appalto, va ad avvicendare quella colpita da interdittiva antimafia.

Nel caso di questi povericristi di Filipendo, dovete sapere, cari lettori, che per la legge loro assorbono ognuno una frazione di interdittiva antimafia. Avendo questa colpito la denominazione, la costituzione, la vita di una persona giuridica, le sue conseguenze non potranno essere scansate da ognuna delle sue componenti interne, compresa l’assemblea con tutti quanti i suoi elementi costitutivi frazionali, cioè i lavoratori, i quali, ribadiamo il concetto ancora una volta perché questo sia compreso bene, in realtà sono dipendenti, ma con il trucco, di un raggiro largamente tollerato, delle cooperative fittizie alla meridionalemaniera, lo prendono a quel servizio, non una, bensì due volte.

Questo è veramente un posto di m… Lo scriviamo da anni che qui esiste uno Stato parallelo, un ordinamento materiale, questo sì vigente e attivo, a differenza dello Stato e dell’ordinamento formali, esistenti solo sulla carta. Una condizione di fatto che avvolge tutto e tutti e che non accenna ad arretrare di un solo metro, lasciando un minimo di spazio ad una legalità vissuta, concreta e non solo enunciata. Quando parliamo di tolleranza, non temiamo certo di scadere nella demagogia, visto che c’è sempre a portata di mano un esempio concreto, lampante, lapalissiano per poter sostenere questa tesi. Nel caso che stiamo trattando, ad esempio, se a suo tempo, chi di dovere avesse fatto un accertamento sulla autenticità di questa cooperativa, di questa Filipendo e, prim’ancora delle cooperative che hanno agito indisturbate per anni sotto al cappello del consorzio Nestore, avrebbe smascherato il misfatto, incasellando, in questo modo, i lavoratori in una zona di verità, cioè nel novero delle persone legate ad un’impresa da un rapporto di lavoro subordinato, com’è nella realtà di fatti falsati dal trucco e dal raggiro delle coop farlocche, non saremmo qui a raccontare quest’altra storia surreale, metafisica, quest’altro caso in cui il malaffare produce effetti a cascata sempre a scapito dei più deboli.

Era meglio un tempo, quando c’erano i cosiddetti “signori”, i latifondisti e i braccianti sfruttati. Quei “signori” erano, il più delle volte, anch’essi delle canaglie ma, quanto meno, la maggior parte di loro sapeva leggere, scrivere e far di conto. Dunque, quel notabilato su cui si formò, alla fine del Diciannovesimo secolo, il primo conflitto tra liberali e socialisti possedeva un minimo di fondamento socio-culturale. Oggi, in una sorta di irreversibile piano inclinato, la parte dei signori la interpretano i vari Capriglione, Bortone, Lagravanese e chi più ne ha più ne metta.

Ma voi, amici lettori di Casertace, li avete mai sentiti parlare a questi qua? Ai tempi di Neanderthal, al confronto, solcavano il pianeta dei fini dicitori.