L’INCHIESTA. PARTE I. La vera storia del cimitero di S.MARIA A VICO. Tra intrighi, tentate estorsioni e case pignorate
27 Agosto 2024 - 13:08
Incuriositi da un’intercettazione di cui abbiamo scritto lo scorso novembre, abbiamo voluto approfondire la storia del cimitero, partendo da un project financing anti litteram di cui sono stati protagonisti il sindaco Andrea Pirozzi, l’ex dirigente Gennaro Isoletti e l’imprenditore Giuseppe Pascarella. L’arresto di Pasquale Crisci e dello stesso Pascarella? C’entra in parte
SANTA MARIA A VICO (gianluigi guarino) – Da quando, negli ultimi giorni del novembre scorso, abbiamo incrociato alcune intercettazioni che raccontano di un rapporto nettamente collusivo tra il sindaco di Santa Maria a Vico, Andrea Pirozzi, il suo assessore ai Lavori Pubblici Marcantonio Ferrara, e l’imprenditore Giuseppe Pascarella, gestore di servizi cimiteriali al comune caudino, da un lato abbiamo capito che la corruzione elettorale, anzi la corruzione tout court, è il tratto distintivo della relazione tra politica e impresa assistita in questa città, dall’altro lato ci si è ingarbugliata un po’ la testa perché quelle intercettazioni, captate dagli investigatori della guardia
Una storia lunga e complessa. Ad esempio, non riuscivamo a collegare l’inchiesta giudiziaria della DDA di Napoli che ha portato all’arresto tra gli altri dell’allora consigliere comunale Pasquale Crisci e dello stesso Pascarella, con il contenuto delle conversazioni tra il sindaco, l’assessore e l’imprenditore in questione.
Ed effettivamente abbiamo scoperto, studiando il corso degli eventi, che non c’entrano nulla. O meglio, c’entrano se si riescono a concatenare gli eventi che dal 2004 in poi hanno connotato la storia del cimitero di Santa Maria a Vico.
UN PROJECT FINANCING “PRIMITIVO”
Andrea Pirozzi ne è stato sempre o quasi sempre il protagonista, perché nel 2004 era già assessore ai Lavori Pubblici del sindaco Giuseppe Nuzzo, imparentato con quel Domenico Nuzzo detto Mimmariello, conclamato camorrista del luogo e in carcere da diverso tempo, in quanto ritenuto centro nevralgico della cosiddetta criminalità organizzata.
Nel 2004 lo strumento del project financing era un illustre sconosciuto. Si contavano sulle dita di una sola mano i politici che lo conoscevano, mentre qualche imprenditore particolarmente sveglio ne aveva già colto le potenzialità.
Probabilmente, Andrea Pirozzi aveva parlato con qualcuno di loro. Non è escluso che ne avesse parlato con Giacomo Caterino, al tempo giovane politico di San Cipriano d’Aversa e appartenente ad una famiglia di imprenditori destinata poi ad essere travolta anche nelle vicende giudiziarie relative al clan dei Casalesi, diciamocela tutta, di rimbalzo rispetto a quelle che riguardavano Nicola Ferraro, questo sì un super imprenditore che nel 2005 aveva deciso di spiccare il volo, di fare il grande salto, quello che avrebbe portato all’elezione a consigliere regionale che, poi, rappresentò l’inizio della sua fine politica e imprenditoriale, al di là dei colpi di coda che sono fatti anche di attualità dei nostri giorni, come dimostra l’indagine della DDA sulle presunte operazioni imprenditoriali attivate ed animate da Nicola Ferraro sia nel settore dei rifiuti, sia in quello dei grandi appalti delle pulizie bandite dalle Asl, a partire da quella di Caserta.
Quando parliamo di progetto di finanza, collocando questo strumento nel 2004, dobbiamo rifarci ad una normativa diversa rispetto ad oggi, fondata soprattutto sul combinato tra la penultima versione del codice degli Appalti, quella del decreto legislativo 50 del 2016, e l’ultimissima versione, e il decreto legislativo numero 36 del 2023.
Non entriamo nel merito della legislazione di vent’anni fa, altrimenti ci dilungheremmo troppo. Diciamo solo che l’amministrazione Nuzzo-Pirozzi propone quattro idee progettuali: la costruzione della nuova caserma dei carabinieri, quella dell’area mercato, quella del nuovo municipio e, infine, un progetto di ampliamento strutturale del cimitero.
LA FAMIGLIA CATERINO DI SAN CIPRIANO E L’UDEUR DI NICOLA FERRARO
Dei quattro progetti ne parte solo uno. A proporre l’iniziativa è proprio l’azienda di Paolo e Giacomo Caterino, quest’ultimo, ripetiamo, in rampa di lancia visto che quest’ultimo nel 2005 sarebbe stato eletto nella lista di Alleanza Nazionale, candidato presidente Nicola Cosentino, in consiglio provinciale dove, però, non resiste più di tanto in minoranza, transitando nell’Udeur, partito che Clemente Mastella affida a Nicola Ferraro e solo formalmente a Sandro De Franciscis.
Un binomio che diventa vincente alle elezioni e che sconfigge Nicola Cosentino. Giacomo Caterino passa con Ferraro e diventa a sua volta un esponente Udeur.
Il progetto iniziale presentato da Giacomo Caterino prevede la costruzione di 600 nuovi loculi e di 15 cappelle.
robabilmente, in quel momento, se non ci fosse stata l’unica battuta a vuoto di Andrea Pirozzi a Santa Maria a Vico, tutto si sarebbe svolto in maniera spedita, con un Giacomo Caterino che correva con il vento in poppa, sia dal punto di vista imprenditoriale, sia dal punto di vista delle coperture politiche, e con Pirozzi non in grado di prevaricare con le sue richieste sbilenche e differenti rispetto a ciò che era scritto nel progetto iniziale.
Paradossalmente, però, è proprio un altro esponente dell’Udeur, ossia l’eccentrico e pirotecnico Adriano Telese, a creare i primi problemi.
Telese era arrivato secondo dietro Nicola Ferraro alle elezioni regionali del 2005. Mastella lo teneva in grande considerazione. E lui, dopo l’addio di De Franciscis all’Udeur, avrebbe voluto essere ristorato assumendo il ruolo di segretario provinciale. Richiesta inutile, visto che Nicola Ferraro e i suoi puntarono i piedi e tennero il controllo di quella carica assunta dallo stesso Ferraro.
Telese, che alle elezioni regionali era andato piuttosto bene, soprattutto nel suo comune, si presentò a sindaco e batté la coalizione in cui Andrea Pirozzi era protagonista. E Telese vedeva come fumo negli occhi Nicola Ferraro e quello che riteneva il suo mondo.
CAMBIA IL SINDACO E PER GIACOMO CATERINO INIZIANO I PROBLEMI
Ferraro lo aveva battuto alle elezioni, non gli aveva permesso di diventare segretario provinciale dell’Udeur, va da sé che Caterino inizia ad avere problemi relazionali con il sindaco, con il quale è facile interloquire se si conosce la scienza della psicologia. Telese al tempo aveva una stima sconfinata per se stesso. Gli bastava dunque stravolgere il progetto del cimitero che recava la firma morale e materiale di Andrea Pirozzi.
Caterino è nel calderone e si adegua. I loculi diminuiscono e da 600 passano a 436, mentre le cappelle aumentano a dismisura: da 15 passano addirittura a 100.
L’imprenditore riesce a salvare il salvabile per se stesso e per il suo coefficiente di rischio, inserendo una clausola nel nuovo progetto definitivo che indotto a redigere: cinquanta cappella le costruirà a prescindere, dalla 50esima in poi solo se gli arriveranno delle richieste precise da parte di acquirenti.
Intanto, tutta questa manfrina fa scorrere l’orologio del tempo. Adriano Telese, travolto soprattutto da se stesso, implode e cade. Arrivano i commissari prefettizi, si accorgono che i documenti sono in ordine e sul finire del 2009 approvano il progetto esecutivo con il direttore dei lavori che consegna il cantiere all’impresa nel novembre di quell’anno. A gennaio 2010, Giacomo Caterino può in ogni momento portare le cazzuole in un cesto e può mettere anche mano.
Si va alle elezioni amministrative. Caterino è un po’ distratto perché decide di presentarsi a sindaco di San Cipriano d’Aversa contro il suo amico-nemico Enrico Martinelli, mentre a Santa Maria a Vico vince Alfonso Piscitelli, l’attuale consigliere regionale di Fratelli d’Italia, ma soprattutto vince Andrea Pirozzi, che torna saldamente al timone dell’assessorato ai Lavori Pubblici.
TORNA IN CARICA DI PIROZZI. IL TRIDENTE D’ASSALTO
Ma qualche anno è trascorso. Giacomo Caterino non è più forte come nel 2005 e negli anni immediatamente successivi. Nicola Ferraro è travolto dalle inchieste giudiziarie e anche Caterino finisce nel calderone di Normandia II, processo nel quale, alla fine della giostra, sarà condannato a un anno e nove mesi per turbativa d’asta, ossia per il reato che compie il 90% di sindaci e imprese che lavorano con i comuni di questa provincia. Una pena per la quale in galera non ci si va, a meno che, pur essendo lieve, questa sia aggravata da quello che un tempo era l’articolo 7 della legge 203/1991, oggi inglobata nell’articolo 416 bis, comma uno del codice penale, in pratica favori alla camorra.
In questo quadro modificato, l’imprenditore di San Cipriano deve affrontare un tridente agguerritissimo: il solito Andrea Pirozzi, il dirigente dell’Ufficio Tecnico Gennaro Isoletti e – ed ecco qui che irrompe sulla scena – dall’imprenditore Giuseppe Pascarella, detto a’ livell, ossia quello dell’intercettazione. Abbiamo dovuto scrivere un bel po’ per trovare il primo collante tra questa e la storia del cimitero.
Ciò che si capisce subito è che Andrea Pirozzi si muove da coordinatore del sistema, mentre Isoletti e Pascarella fanno lega e sembrano nati per perseguire lo stesso destino.
È anche il tempo in cui salta fuori la storia di un affidamento con gara semplificata, quelle famose a cinque offerte, che Isoletti deve aggiudicare. Un episodio in cui Pascarella viene segnalato mentre entra proprio nell’Ufficio Tecnico con cinque buste in mano. In pratica cinque offerte di cui lui è in pratica sovrintendente.
Non diciamo nulla di segreto, perché tutto ciò – a quanto ci risulta – Giacomo Caterino lo ha raccontato quando è stato sentito dagli inquirenti, nel momento in cui affermiamo che nell’amministrazione comunale, ovvero Pirozzi, ci fosse una grande motivazione ad inserire Giuseppe Pascarella e l’altro imprenditore, ossia Raffaele Papa, nella gestione dei servizi.
Caterino abbozza anche perché, oltre ai problemi giudiziari che sta affrontando, afferma di essersi esposto con le banche per 600 mila euro. Un fido che, avendo raccolto poco dai loculi e dalle cappelle già costruite grazie all’apporto dell’impresa di Rivetti di Cervino-Santa Maria a Vico, comincia a far tremare l’imprenditore che ha fretta di realizzare degli utili.
ISOLETTI E I 10 MILA EURO PAGATI DA CATERINO
Ma il discorso si complica perché la trattativa con Pascarella si articola in maniera complicata e anche un po’ anomala. Nelle sue dichiarazioni Giacomo Caterino coinvolge anche Gennaro Isoletti, affermando che questi abbia avuto un ruolo attivo ma soprattutto improprio in relazione alla carica di dirigente che ricopriva. Addirittura salterebbe fuori la storia di un terreno, espropriato da Giacomo Caterino in nome e per conto del comune di Santa Maria a Vico di proprietà di Alessandro Isoletti, il fratello di Gennaro.
Caterino afferma di aver corrisposto ad Alessandro Isoletti la cifra di 10 mila euro. Gennaro Isoletti, invece, gli avrebbe detto che quel terreno, frutto evidentemente di una successione, era rimasto indiviso tra lui e il fratello.
Se questo racconto di Caterino dovesse essere corrispondente al vero, Isoletti, attivissimo nel cantiere del cimitero, avrebbe omesso di dichiarare la presenza di un suo interesse economico importante rispetto all’attività che compiva come funzionario pubblico.
Dove volesse arrivare l’ingegnere capo del comune di Santa Maria a Vico lo affidiamo alle deduzioni logiche e illogiche dei nostri lettori, in attesa di consultare de visu le dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria da Giacomo Caterino.
Insomma, il nuovo introppicamento delle procedure relative ai lavori del cimitero si sviluppa proprio nella stanza dei compassi e dei tecnigrafi del comune caudino di cui Caterino lamenta un’azione di ostruzionismo da parte di un nocciolo duro che da un lato vuole mettere al centro Giuseppe Pascarella, senza corrispondere (sempre secondo Caterino) il dovuto all’imprenditore, promotore del project financing, dall’altra parte le esigenze personali del dirigente.
FINE PRIMA PARTE