L’OMICIDIO DI ROMINA DEL GAUDIO. Ci sono 3 indagati. Trema l’alta borghesia aversana. I troppi buchi dell’indagine

5 Maggio 2019 - 12:12

AVERSA – Inutile negarlo: Caserta è stata una provincia che negli anni ’90 e nei primi anni 2000 ha impegnato i suoi investigatori più capaci nell’attività di indagine e di repressione dei fenomeni legati alla criminalità organizzata.

Noi che c’eravamo e siamo stati spesso testimoni e narratori di certi delitti, sappiamo che certe indagini sono state fatte decisamente male. C’è una tradizione di delitti irrisolti e anche di processi indiziari che faticosamente sono stati istruiti e che solo per la determinazione delle famiglie delle vittime e di qualche avvocato, Raffaele Crisileo per citarne uno, ha portato alla individuazione del colpevole e alla condanna definitiva dello stesso.

E’ capitato, per esempio, dopo un’assoluzione di primo grado, per la morte di Enrico Di Monaco, per il cui delitto Salvatore Busico, che sembrava averla fatta franca anche a causa di indagini superficialmente svolte, sta scontando ora l’ergastolo, definitivamente sancito dalla Corte di Cassazione.

Il caso più recente è quello rappresentato dall’omicidio di Katia Tondi, per il quale, con poche prove e molti discutibili indizi, è imputato il marito.

C’è una data simbolo di questa sfortunata attitudine degli investigatori casertani, quella del novembre 1990, quando una ragazza della “buona borghesia” aversana, Cinzia Santulli, fu massacrata con decine di coltellate. Quel delitto portò alla sbarra un imputato che, incredibilmente, prima fu assolto in primo e secondo grado, salvo poi, nel 2002, essere condannato emblematicamente a 1 centesimo di risarcimento danni dal giudice civile.

Che giustizia è stata questa? Quale pena deve provare una famiglia che ancora oggi non riesce a stabilire, perché i tribunali non glielo hanno consentito, se quella persona sia o meno implicata nella morte della loro figlia.

Ebbene, quel delitto di 29 anni fa torna dentro alle cronache di oggi perché forse è connesso ad un’altra vicenda di giustizia negata, quella ancor più nota perché forse più recente, di Romina Del Gaudio, la promotrice di contratti telefonici wind che nel giugno 2004 scomparve dopo essere stata avvistata per l’ultima volta nei pressi di Parco Pozzi ad Aversa.

4 mesi dopo poche ossa e i suoi poveri resti furono ritrovati in un bosco prospiciente alla Reggia di Carditello.

In quei giorni, chi scrive si occupò di questa scomparsa e del delitto che nell’autunno successivo fu sancito dal ritrovamento di quelle ossa, da direttore dell’allora Corriere di Caserta, che sulla cronaca nera puntava come suo autentico core business.

Ma anche noi che lavoravamo in quel giornale eravamo più attenti alla camorra che alla cosiddetta delinquenza ordinaria.

Disattenti, sì, ma non al punto di non accorgerci di un particolare che non apprendemmo in quei giorni.

Se fosse saltata fuori la storia della tessera dell’abbonamento ad una piscina intestato ad un uomo e trovata vicino a quelle ossa avremmo sicuramente scritto qualcosa, dando per scontato che l’uomo in questione sarebbe entrato quantomeno nel novero dei testimoni da ascoltare.

E invece solo a gennaio scorso, in un articolo pubblicato da Casertace a firma di Lidia De Angelis, si è parlato per la prima volta di questa tessera.

Oggi, a mesi di distanza da quella pubblicazione, apprendiamo la notizia ufficiale della riapertura del caso dell’omicidio di Romina Del Gaudio, con tanto di fascicolo aperto dalla Procura della repubblica di Santa Maria Capua Vetere, la stessa che l’aveva chiuso ritenendo gli elementi raccolti dalle indagini insufficienti per arrivare alla verità.

Se ne sta occupando uno dei pubblici ministeri più esperti e importanti: Gerardina Cozzolino, la stessa, per intenderci, che ha realizzato l’intera indagine sulla tangentopoli di San Felice a Cancello, ottenendo poi, alla fine del processo di primo grado, dure condanne per gli imputati principali, a partire da quella inflitta all’ex sindaco Pasquale De Lucia.

La Pm sta lavorando su una serie di informazioni contenute in un ampio dossier messo insieme in anni di lavoro da un abile investigatore privato, ingaggiato dallo zio della ragazza, Ciro Gallo, mai rassegnatosi di fronte alla dura realtà di un omicidio senza colpevoli, di una famiglia senza pace perché privata di una figlia e anche di un atto di giustizia doveroso che uno Stato serio dovrebbe sempre garantire ai suoi cittadini.

Al momento, come atto dovuto, la Cozzolino ha iscritto 3 nomi nel registro degli indagati. Tra loro dovrebbe esserci quella connessione di cui scrivevamo all’inizio tra il delitto di Cinzia Santulli e quello di Romina Del Gaudio. Sempre nell’identità degli indagati abiterebbe un’altra circostanza importante e non emersa dalle indagini: una Mercedes Classe A ferma proprio davanti alla panchina su cui Romina sedeva pochi minuti prima di scomparire.

Il detective privato ha fatto i nomi e cognomi delle due persone che erano a bordo dell’auto. Attenzione, non perché si tratta di un discendente di Sherlock Holmes, ma perché semplicemente ha considerato importante ciò che gli inquirenti ufficiali, a suo tempo, non considerarono importante nel momento in cui, con una modalità di azione sconcertante, non dettero valore investigativo alla segnalazione di una passante, a nostro avviso una vera e propria super testimone, la quale scrisse di una violenta discussione tra i due occupanti dell’auto e, sempre nelle lettere che dice di aver spedito agli inquirenti, segnalò anche di aver colto la parola “papà”, maturando dunque l’idea che in quell’auto ci fossero un genitore e suo figlio.

La passante è tornata a scrivere alla trasmissione “Chi l’ha visto”. Oltre a contenere la descrizione dei fatti così come l’abbiamo ora sintetizzata, la missiva è anche un atto di accusa a chi indagò su quel delitto, perché in essa viene affermato che in più occasioni la testimone segnalò alle autorità ciò che aveva visto e sentito vicino a quella panchina.

Fin qui le novità. Ovviamente rispetto a questa situazione Casertace si muoverà in proprio per costruire a modo suo, per costruire con il solito rigore ermeneutico l’identità degli attori protagonisti e complementari di questo mistero irrisolto.