MANETTE&POLITICA. Ecco perché Luigi Bosco non è stato arrestato e (quasi) scagionato e perché, invece, è stato arrestato Giuseppe Peppe Guida

9 Settembre 2025 - 20:10

Abbiamo deciso, modificando i nostri approcci soliti alle ordinanze, e facendolo per un motivo ben preciso che spieghiamo all’inizio dell’articolo di focalizzare la nostra attenzione sui ragionamenti del gip del tribunale di Napoli, Marrone, relativi all’ex consigliere regionale di Casapulla e l’attuale sindaco e non più coordinatore provinciale

CASERTA (g.g.) Quando di fronte si ha un’ordinanza, quandanche anche di non grandissime dimensioni, come quella che ha portato all’arresto in carcere, stamattina, di Nicola Ferraro e dell’imprenditore dei rifiuti Aniello Ilario e ancora agli arresti domiciliari di altri indagati, di solito preferiamo partire sempre dalla base del racconto ossia dai capi d’imputazione provvisori raccontati in ragione della loro numerazione crescente così come li ha messi in ordine il giudice per le indagini preliminari che l’ordinanza ha firmato.

Stavolta no. No perché siamo di fronte a una vicenda che CasertaCe ha già vivisezionato sin dal 2023, sin dalla esposizione e dal commento dei decreti di perquisizione che la Dda di Napoli ordinò a carico di una 30ina di indagati.

Successivamente a partire dal 20 maggio scorso altri racconti dettagliatissimi abbiamo pubblicato relativamente alla richiesta di applicazione di misure cautelari per 22 dei 254 indagati presentata dalla stessa Dda al gip Marrone del tribunale di Napoli. In quell’occasione tutti i capi d’imputazione provvisoria, anzi trattandosi di una richiesta, le ragioni dell’iscrizione di diversi soggetti nel registro degli indagati, sono stati ampiamente sviscerati da CasertaCe.

Riteniamo, dunque, inutile dopo essere partiti stamattina col primo lancio della notizia degli arresti già alle 07:09, di tornare su questi contenuti specifici solo perché adesso non sono più solamente ipotesi di reato ma anche capi d’imputazione provvisoria secondo un gip.

Cerchiamo invece di focalizzare la nostra attenzione sulle situazioni riguardanti i nomi più altitonanti che, per Caserta, sono quelli dei politici Luigi Bosco e Giuseppe, Peppe Guida, sindaco di Arienzo e da qualche ora non più coordinatore provinciale di Forza Italia carica affidata alla super zanniniana di Sessa Aurunca, Amelia Forte.

Il gip Marrone si occupa diffusamente della posizione di Luigi Bosco. Il dipanarsi delle sue spiegazioni parte da un’affermazione prudente che spiega la decisione di non arrestare l’ex consigliere regionale di Casapulla in quanto “il quadro indiziario è incerto” e arriva fino ad una valutazione ancora più positiva per quelle che sono le prospettive di Luigi Bosco in questa inchiesta, nella quale rimane come semplice indagato a piede libero per il reato di turbativa d’asta o turbata libertà dell’incanto, che dir si voglia, ai sensi dell’articolo 353 bis del codice penale, una formulazione questa in vigore da qualche anno e che è andata a colmare un buco esistente nelle possibili modalità di determinazione di questo particolare reato, essendo il 353 bis riguardante alla fattispecie del cosiddetto abito cucito su misura, cioè al bando di gara che già in partenza incuba tutti gli elementi per indirizzare l’aggiudicazione al soggetto già stabilito ad origine. Il concetto espresso dal gip va a sparigliare e a modificare i rapporti di forza così come questi erano stati esposti dal pm della Dda Maurizio Giordano, tra lo stesso Luigi Bosco e Giuseppe Rea detto topolino, quello per intenderci a cui furono sequestrati nell’ottobre del 2023 quasi 1milione 670mila euro nella propria abitazione di Caserta.

La tesi del pm era la seguente: Bosco e Rea costituivano gli strumenti utilizzati da Nicola Ferraro per intervenire sull’allora direttore generale dell’Asl di Caserta, Amedeo Blasotti, affinchè questi orientasse le gare d’appalto nella direzione desiderata dallo stesso Ferraro. La Dda assegnava a Bosco un ruolo cruciale quello del politico influente che determinava una sorta di manovra a tenaglia con l’imprenditore bancomat dell’organizzazione ossia Giuseppe Rea.

Il gip smonta questa configurazione della Dda e afferma che Giuseppe Rea non aveva assolutamente bisogno di Luigi Bosco per conferire, diciamo così alla pari, con Amedeo Blasotti tant è vero che nel giorno in cui Rea a Bosco salgono negli uffici della direzione generale dell’Asl situati a Caserta tra via Unità Italiana e Corso Trieste Rea entra nell’ufficio del dg e prega Bosco di rimanere fuori. In poche parole non vuole che sia presente perché lui e Blasotti hanno stabilito evidentemente un canale dialettico di cui Bosco non deve sapere e ciò significa che nella relazione con il vertice dell’Asl Bosco, secondo il gip, ha avuto un ruolo subalterno

Tutta la partita dell’accusa si gioca sull’appalto lucroso per la sanificazione contro la legionella. Com’è noto la prima aggiudicazione viene revocata da Blasotti nel momento in cui Ferraro sponsorizza le ragioni degli imprenditori Barbara e Roberto Fiocco di Roma.

Il secondo bando però viene scritto con l’obiettivo di far vincere un’altra impresa, la A&G dell’imprenditore Martino di Casal di Principe. L’articolo 353 bis ci sta tutto nel momento in cui in questo bando viene previsto tra i requisiti fondamentali quello di possedere una sede secondaria della propria impresa, da almeno due anni, a Caserta o in provincia. Ora, se non è un vestito su misura questo, diteci qual è. In poche parole l’Asl gioca in maniera furba. C’è un cambio di direzione. Le carte dell’inchiesta non ci dicono se anche Nicola Ferraro viene sorpreso dalla mossa del direttore generale il quale ovviamente affermerà sempre che il bando lo ha scritto un dirigente non lui, ma che oggi non viene colpito dal divieto di dimora a Caserta solo perché dall’8 agosto Blasotti non è più il capo dell’Asl

In tutto questo tourbillon il ruolo di Bosco non appare mai decisivo, decisorio. Qualche volta si mette in scia a Giuseppe Rea che è un suo amico ma il gip sembra convinto che tutto questo avvenisse solo per perseguire l’obiettivo di ottenere qualche voto in più alle successive elezioni europee del 2024 a cui Bosco aveva già deciso di partecipare.

C’è un altro episodio a discapito del politico di Casapulla. Si tratta della famosa riunione, di cui CasertaCe ha più volte scritto, in un bar lungo la statale Appia a pochi metri di distanza dal casello di Caserta Nord. Li Nicola Ferraro porta con se il suo faccendiere di fiducia capuano ossia Antonio Moraca, anche lui scampato all’adozione di misure cautelari a suo carico così come era stato, invece, chiesto dalla Dda, e Giuseppe Rea. Quando Bosco è stato ascoltato dal gip, in sede di interrogatorio di garanzia, ha dichiarato, mostrando i messaggi Whatsapp, che lui a quel bar aveva stabilito di incontrare a mezzogiorno in punto Raffaele Basso. Tra le altre cose il traffico lo aveva rallentato e per questo motivo, con un altro messaggio, aveva preannunciato 5 minuti di ritardo. Quando Bosco arriva in quel locale non ci sono più né Ferraro né Moraca e né Giuseppe Rea che lo hanno lasciato pochi minuti prima. Integriamo con un nostro concetto il ragionamento: se il ritardo di Bosco è stato effettivamente di 5 minuti non ci sarebbe stato alcun motivo per il quale il terzetto non dovesse indugiare per qualche minuto ancora per incrociare il politico. Se lo spazio temporale di ritardo di Bosco è stato così esiguo allora la mossa di Ferraro, Moraca e Rea di andare via rende più che probabile l’idea che il gip si è fatto che in realtà non esistesse alcun appuntamento preso tra l’ex consigliere regionale e la triade di cui sopra. Il pubblico ministero ha puntato molto, anche relativamente all’accusa formulata nei confronti di Bosco, sulle dichiarazioni dell’indagato Domenico Romano che, ammettendo le proprie responsabilità, è diventato un vero e proprio collaboratore di giustizia. Romano ha affermato che Bosco gli fosse stato presentato da Nicola Ferraro. E’ un particolare che induce, invece, il gip Marrone a considerare quest’affermazione poco credibile. Nella rubrica del telefonino del politico, sequestrato il 4 ottobre del 2023, compare il nome di Mimmo Dusmann. In poche parole ciò significherebbe che Domenico Romano sarebbe stato sempre considerato da Bosco un dirigente della multinazionale tedesca delle pulizie e delle sanificazioni rappresentata in Campania da Paolo Onofrio e sarebbe stato proprio Paolo Onofrio, secondo il racconto reso da Bosco al giudice, a presentargli Domenico Romano come suo collaboratore

 I MOTIVI DELL’ARRESTO DI PEPPE GUIDA

Il gip Marrone spiega perché, al contrario di quello che ha deciso di fare con Bosco, ha applicato la misura cautelare dei domiciliari al sindaco di Arienzo, Peppe Guida. Intanto perché considera solido l’impianto accusatorio e dunque le manovre realizzate da Nicola Ferraro affinchè, sulla piazza di Arienzo, la CZeta di Aniello Ilario sostituisse la Econova nella titolarità della raccolta dei rifiuti solidi urbani. Il gip non crede al racconto di Guida il quale, in sede di interrogatorio, afferma che Nicola Ferraro fosse un semplice conoscente. D’altronde le fotografie scattate dai carabinieri mentre il sindaco si reca nella super villa che Nicola Ferraro ha proprio ad Arienzo, e la familiarità con cui i due parlano in strada, davanti al Comune nei quali uffici lavora, dopo essere stata assunta, la moglie di Nicola Ferraro, raccontano di un rapporto solido, intenso. Ferraro aveva promesso 4mila voti alle elezioni provinciale e, attenzione, questo lo spighiamo noi. Non sono 4mila voti effettivi ma rappresentano una cifra frutto della somma dei grandi elettori, cioè dei consiglieri comunali, gli unici chiamati a votare sia per l’elezione del presidente della provincia sia per quella del consiglio provinciale. Si tratta dei cosiddetti voti ponderati cioè basati su un numero di abitanti del Comune che il tal consigliere comunale rappresenta come elettorato attivo. Ma questa promessa di Ferraro vale per Guida anche l’accusa di corruzione. In effetti l’appalto all’Econova viene revocato e il successivo viene aggiudicato proprio a CZeta com’era nei desideri di Nicola Ferraro.

Comunque, come si legge chiaramente dall’ordinanza, Peppe Guida non sarebbe stato con goni probabilità arrestato se si fosse dimesso dalla carica di sindaco. Continuando ad esercitarla sussiste, secondo il gip Marrone, l’esigenza cautelare relativa alla possibilità di poter reiterare il reato.

D’altronde un altro indagato, Luigi Grimaldi, di Frattamaggiore ha evitato l’arresto, il giudice lo dice in maniera molto chiara, in quanto si è dimesso dalla carica di consigliere comunale di Napoli. E lo stesso discorso, come già detto, vale per Blasotti per il quale non essendo più direttore dell’Asl di Caserta non c’è più pericolo di reiterazione del reato.