MARCIANISE ALLE ELEZIONI. Azz, la volta scorsa “se ne dovevano andare”, stavolta per Velardi i vari Zinzi, Abbate & Co. #DEVONOSCOMPARIRE. Un nostro punto sulla situazione

22 Luglio 2020 - 19:27

MARCIANISE – Lo slogan che Antonello Velardi utilizzò nella scorsa campagna elettorale fu il seguente: #senedevonoandare.

Lui, uomo della legalità, auspicava che i vari Abbate, Zinzi e compagnia abbandonassero la scena politica locale.

A quello slogan i marcianisani credettero e lo votarono corposamente al ballottaggio dove, arrivando da favorito, grazie alla percentuale raccolta al primo turno, non lontana dal 50%, regolò, abbastanza agevolmente, proprio Abbate, acuendo e rafforzando, nelle due settimane di campagna supplementare, l’argomento che potremmo definire dell’antitesi: io sono il nuovo, la modernità, l’uomo capace di proiettare Marcianise nel futuro, anche grazie alle tante relazioni che mi sono costruito con “Il Mattino”, lui – cioè Abbate – rappresenta la faccia della vecchia politica, che, appunto, “se ne deve andare”.

Qualche fan di Velardi ha fatto circolare l’idea guida per la campagna elettorale, che inizierà di qui a un mese: #DEVONOSCOMPARIRE.

Beh, qui siamo ad uno stadio diverso.

Volendola mettere in termini più nobili, si potrebbe pensare ad un’assemblea di tutto il popolo marcianisano, che munito della tavoletta di creta, dell’ostrakon, vota in massa e dunque delibera l’esilio a tempo indeterminato dei vari Abbate, Zinzi, eccetera, che dovrebbero materialmente lasciare la città, così come succedeva nella Atene del V Secolo quando il popolo e quelle tavolette di creta decretavano l’ostracismo nei confronti di un cittadino reprobo o che si era macchiato di colpe gravi.

Se la mettiamo, invece, in termini meno nobili, e volendo applicare i parametri per i quali Velardi ha ottenuto da un Tar, che con l’ordine pubblico non c’entra nulla, la scorta che un prefetto e i comandanti delle forze dell’ordine casertane gli avevano tolto, esisterebbero le condizioni affinché Zinzi e Abbate e tutti quelli che “devono scomparire” chiedano la scorta.

Perché se un candidato che il sindaco già l’ha fatto, se un candidato che da sindaco è stato indagato per un reato grave insieme a tutta la sua giunta nella vicenda Interporto e per il quale un procuratore della Repubblica aggiunto, oggi autorevole componente del Csm, ha chiesto il divieto di dimora a Marcianise proprio per evitare che continuasse a fare il sindaco; se uno che ha drenato dalle casse della città, cioè dalle tasche dei cittadini, più di 200mila euro in rimborsi tutt’altro che limpidi finiti a “Il Mattino” e sui quali si è anche appuntata l’attenzione, seppur flebile, della magistratura inquirente; se uno reo confesso di abuso edilizio in attesa di sanatoria e comunque indagato anche per questo reato; se uno….e potremmo continuare per ore, auspica che i suoi avversari politici debbano “scomparire”, forza, immaginiamo tutti cosa sarebbe successo a parti rovesciate, cioè se ad Abbate o a Zinzi fosse venuto in testa di augurare una smaterializzazione molecolare di Antonello Velardi.

Battute a parte, è uno slogan minaccioso, che potrebbe essere male interpretato da qualche supporter di Antonello Velardi e che dunque speriamo non venga adottato.

Intanto, si attende la chiusura delle varie partite che si stanno giocando nelle altre aree politiche: il Pd, soprattutto la parte vicina a Stefano Graziano, cioè quella di Guerriero e Gaglione, non è che si dimostri molto motivata in vista delle elezioni comunali.

Chi ne fa parte pensa, pressoché esclusivamente, alle necessità che il citato Graziano ha per confermare il suo seggio in consiglio regionale.

Dunque, abbiamo l’impressione che faranno di tutto per creare casino e mettere i bastoni tra le ruote alla coalizione, affinché questa non si formi in maniera compatta e non rappresenti un competitor temibile per Velardi, con il quale sotto sotto Graziano dialoga con la speranza di raccattare qualche voto.

Si attende un’assemblea del partito. Vedremo cosa ne uscirà fuori e se il nome di Dario Abbate, ancora oggi in grado di mettere in campo un po’ di liste civiche, sarà scelto dopo che l’avvocato del lavoro ha ribadito la sua disponibilità a scendere in campo collegando questa decisione solo e solamente a quella di Antonello Velardi di candidarsi a sua volta. Se quest’ultimo avesse rinunciato, Abbate avrebbe ritenuto terminato un ciclo politico in cui non sarebbe stato più democraticamente essenziale tutto ciò che lui da leader dell’opposizione ha fatti, proponendo alla città un’alternativa nei confronti dell’allora sindaco.

Filippo Fecondo, che per Abbate non voterà mai, e chi come noi ha lavorato alla campagna elettorale del 2013 sa bene anche il perché, conferma la candidatura di Telia Frattolillo, mettendo a sua disposizione un paio di liste civiche. Non sappiamo se una di queste sarà contrassegnata dal simbolo di Italia Viva, mentre sappiamo che la Frattolillo è rimasta più a sinistra del partito di Renzi, al quale, a quanto ci risulta, non ha aderito.

Chiaro l’intento di Fecondo di tenere unito il gruppo dei suoi storici sostenitori.

Impegnarli in una campagna elettorale per le comunali significherà tenerli compattamente applicati anche e, forse, soprattutto alla campagna per le regionali che vede la partecipazione diretta dell’ex sindaco di Marcianise proprio nella lista del nuovo partito di Renzi.

Insomma, nelle case dei marcianisani verrà consegnato un doppio santino con Fecondo e Frattolillo “vicini vicini” per dirla alla Striscia la Notizia in una gag storica.

Insomma, come è sempre stato.

Capitolo centrodestra: si cerca una quadra difficile tra i tanti pretendenti, tra i quali anche qualche old option qual è, ad esempio, quella dell’ex sindaco Antonio Tartaglione, ma anche, tutto sommato, quella di Pietro De Martino, portatore di una tradizione politica che può stare tranquillamente nel perimetro di un contributo all’affermazione di una coalizione, può stare ben difficilmente, secondo noi, dentro a questo perimetro come punto di riferimento, in pratica candidato sindaco, perché questo evocherebbe quelle suggestioni sul vecchio della politica che Velardi utilizza ancora e che potrebbero attecchire sulle anime più semplici e meno avvedute.

Dario Abbate non è un nome nuovo. Per carità, affermare il contrario significherebbe esporsi al ridicolo, però c’è una differenza rispetto all’opzione De Martino: Dario Abbate ha continuato a far politica, e lo ha fatto testardamente nel Pd, partito che credeva, beato lui, potesse esprimere gli ideali di sinistra, e nel Pd è rimasto pure quando questo partito lo ha preso a pesci in faccia, organizzando un vergognoso colpo di mano, rinnegando i suoi statuti, per dare a Velardi la palma di candidato sindaco per volontà di Renzi, Graziano e al tempo anche di Filippo Fecondo.

Ci è rimasto anche se non aveva nessun vantaggio nel rimanerci, al contrario, e per tre anni e mezzo, seduta dopo seduta, lottando praticamente da solo nei banchi dell’opposizione, dove non c’è niente da sgraffignare, da inciarmare, se uno l’opposizione la fa sul serio, ha accettato di effettuare una lunga traversata nel deserto, sottoponendosi a vere e proprie maratone oratorie e sviluppando almeno cento manifesti nei quali ha fatto conoscere sempre a chi li leggeva il pensiero dell’area politica che lui rappresentava in consiglio.

Chi scrive non ha mai fatto sconti a Dario Abbate. Quando ha svolto la funzione di segretario provinciale del Pd ne ha prese di mazzate, eccome.

E le prenderebbe ancora qualora, diventando sindaco, lo facesse come lo ha fatto Velardi. Però negare l’esistenza di un pieno titolo politico a essere il maggiore sfidante democratico di quest’ultimo, considerare l’opzione di Abbate alla stregua di quella di un De Martino, è mera professione di disonestà intellettuale.

Il quarto candidato sindaco dovrebbe essere Alessandro Tartaglione, che rappresenterebbe Leu.