MARCIANISE. Ecco perché il dirigente del Comune sta consentendo al sindaco Velardi di reiterare il reato di abuso edilizio con l’uso della mansarda illegale

29 Aprile 2021 - 21:31

Interveniamo ancora sulla questione perché abbiamo lavorato ulteriormente sui documenti. Riteniamo anche l’idea che siano trascorsi 60 giorni dal
momento della presentazione della richiesta del permesso in sanatoria ed entriamo nel merito della normativa vigente dalla quale si capisce che
l’unica via è quella che Velardi ha utilizzato con i marcianisani a cui ha abbattuto la casa. Domani scriveremo ancora in proposito

MARCIANISE – Nella consiliatura precedente, la prima dell’era Velardi, il tema della lotta all’abusivismo fu sbandierato costantemente come una
apprezzatura di propaganda utilizzata per comunicare ai cittadini quella che Velardi definiva una chiara evidenza della matrice
legalitaria della sua amministrazione.

In questa seconda consiliatura, l’argomento è invece totalmente scomparso dalla scena. Sembrano lontani un secolo i tempi in cui, con un codazzo di
smartphone in funzione in modalità video, il Napoleone di Marcianise muoveva implacabilmente con le sue ruspe contro gli immobili di biechi
abusivi che poi, fermo restando il dato di fatto dell’illegalità compiuta, erano quasi sempre dei poveri cristi, una sorta di umanità pasoliniana
la cui vita era segnata ed è segnata da elementi di struttura antropologico-sociale letteralmente insuperabili.

Qualcuno sostiene che l’argomento dell’abusivismo edilizio, sia scomparso dall’agenda narrativa del sindaco dal momento in cui la Procura della
Repubblica di Santa Maria Capua Vetere lo ha indagato, va aggiunto, ancora una volta, in questo caso per l’abuso edilizio compiuto proprio al tempo in cui non ricopriva questa carica in un’area della casa in cui abita ancora oggi in via Kennedy. In sintesi, Antonello Velardi ha abitato per
anni e anni anche all’interno di una mansarda arredata di tutto punto, ma che mansarda non era per gli ordinamenti nazionale, regionale e comunale,
visto che il titolo di origine, cioè il permesso a costruire, consisteva

esclusivamente nella edificazione di un sottotetto cosa ben diversa
da una mansarda.

Noi non sappiamo se di abusivismo edilizio non si parla più a Marcianise per questo motivo. Ma possiamo affermare, senza tema di smentita, che la
circostanza sia quantomeno verosimile.

Siamo impegnati da più mesi su questo fronte. La differenza tra noi e il sindaco consiste nel fatto che l’abusivismo edilizio rappresenta una
piaga, una violazione furbetta e furbastra della legge a prescindere dall’identità di chi se ne macchi. Per capirci, è la grande metafora della
celeberrima poesia di Totò, “A livella”, applicabilissima anche in questo particolare settore e nel contesto territoriale e ambientale in cui la
piaga si sviluppa anche nei confini del comune di Marcianise. Lavorando duramente su atti e norme, Casertace ha sostenuto negli ultimi mesi che il
permesso a costruire in sanatoria, che vale come una confessione piena dell’abuso compiuto, non può essere attribuito per una questione regolata
dall’articolo 36 della legge regionale n 19 del 2009. In poche parole, non avendo trovato fino ad oggi nessun elemento documentale in
quell’autentica babilonia di un ufficio Urbanistico in cui è successo letteralmente di tutto, abbiamo asserito che i 60 giorni, rappresentativi
del termine invalicabile che il Comune ha per rispondere all’istanza di sanatoria, fossero stati superati e dunque qualsiasi forma di intervento da
parte dell’ufficio Urbanistica era diventato assolutamente inefficace.

Sostanzialmente, avevamo risolto il problema a monte in base ad una chiara, perentoria, indiscutibile prescrizione così come questa è stata
formulata nel citato articolo 36.

Nella giornata odierna siccome il nostro obiettivo non è certo quello di dar colpe a Velardi a prescindere, ma di accertare i fatti in modo da informare correttamente i tanti lettori che ci seguono anche da Marcianise, abbiamo appurato che un atto erogato dall’amministrazione comunale attraverso il suo ufficio Urbanistica, è, invece, intervenuto. Intanto siamo oggi in grado di comunicarvi ufficialmente la data precisa in cui Velardi attraverso l’architetto Pietro Bernardo, ha presentato la sua richiesta di sanatoria: 20 maggio 2020. E siamo in grado anche di informare sulla esistenza di un atto a firma dell’allora dirigente Fiorenzo De Cicco con il quale veniva attivata la cosiddetta procedura di diniego. La notifica di quell’atto al richiedente, cioè a Velardi, cancella l’ipotesi di un diniego operante automaticamente allo scadere del 60esimo giorno di silenzio. Per inteso, lo cancella a condizione che il citato provvedimento del dirigente sia stato scritto e protocollato entro e non oltre il 19 luglio 2020, cioè entro i 60 giorni previsti dalla legge affinché non scatti il silenzio-diniego.

Cercheremo di stabilirla questa data. Ma diamo per buona l’ipotesi che De Cicco abbia attivato la procedura prima della scadenza del 60esimo
giorno. Da allora, Velardi ha mandato qualche documento integrativo a De Cicco per corroborare la richiesta di permesso in sanatoria.
Documentazione del tutto insufficiente. Una valutazione, questa, che il dirigente si avviava a mettere nero su bianco, non per fare un dispetto a Velardi, ma per evitare di passare un guaio con la Magistratura con tanto di notifica dell’atto di diniego in quanto la documentazione
depositata dal richiedente risultava del tutto insufficiente. Da allora, niente altro è successo. La vicenda però si è evoluta perché a quanto ci
risulta (chimeremo il diretto interessato a confermarlo), l’ingegnere Giaccio è stato compulsato affinché desse il via libera alla
sanatoria. Ovviamente, come abbiamo scritto, Giaccio avendo capito dov’era capitato, si è dimesso ed è scappato letteralmente a gambe levate. Allora, diamo per buono che il termine di 60 giorni per il silenzio diniego sia stato neutralizzato ed entriamo nel merito. Cosa chiede Velardi? Chiede di applicare un altro articolo della citata legge regionale 19 del 2009.

Chi si occupa di queste materie, sa che la Regione Campania, da diversi anni, proroga quello che è tutto sommato una
illegalità. Grazie a questa proroga chi ha un sottotetto può trasformarlo in area abitativa. Ma deve trattarsi di un sottotetto ineccepibile cioè
di un’area che ha fatto il mestiere di sottotetto, ospitando al massimo un deposito. Non esiste assolutamente la possibilità che un sottotetto nel
quale è stato compiuto immediatamente un abuso, che sottotetto non è stato mai in quanto dal primo giorno è diventato mansarda, possa accedere ad
una procedura di sanatoria. Occorrerebbe un condono edilizio tombale. Ma l’ultima volta che è successo correva l’anno 1996. Mentre quello del 2003 fu impallinato dalla Corte Costituzionale.  Non vi vogliamo tediare con la citazione dettagliata di articoli e commi. Vi diciamo
solamente una cosa: la legge dispone con chiarezza che l’edificio in cui è ubicato il sottotetto deve essere stato realizzato legittimamente ovvero,
ancorché realizzato abusivamente, deve essere stato preventivamente sanato. Facciamo finta anche che quel sottotetto di Velardi non sia stato costruito come scrivemmo a suo tempo pure in difformità con il permesso a costruire e con la norma sulle distanze rispetto alle proprietà altrui.
Abboniamo anche questa cosa così come abbiamo fatto dando per certo il rispetto del termine dei 60 giorni. Per cui, per finta facciamo entrare il sottotetto di Velardi nella previsione di quelli costruiti legittimamente. Perché, fu costruito con una forma che poteva anche essere quella di sottotetto.
Subito dopo si è creato uno stato di fatto in cui quel sottotetto non è tale diventando immediatamente una mansarda abitata. Per cui si è passati da una condizione di legittimità che per altro non esiste, sempre per finta naturalmente, visto che le difformità sulle dimensioni sono state acclarate, ad uno status di abusivismo. Se tu fai un sottotetto e ci vai ad abitare, stai compiendo un abuso. E non c’è nessun condono edilizio che ti possa salvare dalla piena responsabilità e dagli effetti che questa comporta. La possibilità di una diversa utilizzazione di quello spazio
avrebbe dovuto essere pre-ven-ti-va-men-te sanato, mentre il sindaco lì dentro c’ha abitato 20 anni e continua ad abitarci. Perché in tutto questo
casino succede che se l’ingegnere Anacleto Fuschetti neo dirigente dell’area urbanistica farà orecchie da mercante e non si pronuncerà, determinerà una condizione di vera reiterazione del reato come questo è ipotizzato dalla Procura della Repubblica. Qualora Fuschetti dovesse attribuire il permesso, violerebbe in maniera clamorosa una previsione normativa che consente solo in un caso, attraverso l’obbrobrio delle proroghe della Regione, di trasformare un sottotetto, che però è tale e non è una mansarda già abitata, in area di residenza.

Speriamo di esserci ben spiegati.