MONDRAGONE. Dopo la condanna del padre, Michele Conte mantiene la promessa: si è dimesso dalla carica di consigliere comunale
2 Febbraio 2019 - 14:07
Mondragone (g. g)- La comunicazione è stringatissima e non contiene alcuna parola che possa essere oggetto di interpretazione.
Anche l’espressione “per motivi strettamente personali” non ha alcuna necessità di essere spiegata.
I motivi strettamente personali sono quelli che riportano alla dura sentenza di condanna ad 8 anni e 6 mesi di reclusione, incassata ieri da Ugo Alfredo Conte, ex sindaco di Mondragone e padre di Michele Conte, con cui condivide anche la professione di medico.
Primo punto: va dato atto a Michele Conte di aver mantenuto un impegno preso in tempi, come si dice, non sospetti.
Diversi mesi fa, in una lettera spedita a Casertace, affermò, infatti, che se il padre fosse stato condannato, lui avrebbe rassegnato le dimissioni dalla carica di consigliere comunale. Lo ha fatto e non sarebbe serio da parte nostra cominciare a far processi alle intenzioni valutando il tempo storico di quella affermazione, rispetto alle dinamiche di un processo che, attraverso la sentenza di ieri, ha diametralmente ribaltato le attese della vigilia, definite da una requisitoria del pubblico ministero che, in cassoni pedissequo consenso da parte dei giudici, avrebbe comportato una condanna più lieve visto che il pm aveva chiesto l’assoluzione per il reato più grave di estorsione, portandosi con se anche l’aggravante dell’art.7, che rappresenta lo strumento giuridico per evitare una prescrizione che a quel punto avrebbe gratificato anche Conte, non subito ma tra qualche mese, allineando la sua posizione a quella degli altri imputati di questo processo, per i quali il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione è stato sancito già nella sentenza di 24 ore fa.
Occorre dunque avere rispetto per la decisione di Michele Conte, concentrandoci per il momento solamente sul filo che lega il suo impegno assunto a suo tempo al coerente mantenimento dello stesso in sede di sentenza pronunciata.
quando Michele conte ci scrisse quella lettera, noi obiettammo, partendo da una posizione liberale, che, a nostro avviso, sarebbe stato affatto necessario che un professionista adulto e vaccinato di più di 30 anni di età, lasciasse il consiglio comunale per la condanna di un’altra persona quand’anche nelle vene della medesima scorresse lo stesso sangue.
Ponemmo tale questione, però, chiedendo a conte di assumere una centralità, un protagonismo politico che, unitamente al fatto di essere una persona con un lavoro proprio, non doveva farsi carico delle questioni giudiziarie del padre.
Quel protagonismo serviva, però, ad acquistare sul piano politico una distinzione identitaria che potesse spazzare ogni idea di un condizionamento da parte del genitore.
Conte, però, evidentemente più appassionato del suo lavoro che della politica, continuò ad essere una presenza soffice, defilata, a differenza di un padre che ha continuato a gironzolare attorno e dentro agli uffici del comune.
Per cui, si è trattato di un processo lineare, di cui al giovane ortopedico di Mondragone va dato atto come una sorta di onore delle armi.
Le decadute politiche, poi, sono un’altra cosa. Ci sarà tempo e modo per affrontarle e per rifletterci. Ma oggi, non è ancora venuto il tempo.