MONDRAGONE. Talis pater, ovvero buon sangue non mente: Francesco Tiberio La Torre comandava con i De Crescenzo. Metodi aziendali per organizzare lo spaccio in città di 4 droghe diverse

31 Ottobre 2018 - 18:29

MONDRAGONE – Un nome, una tradizione. Papà Augusto non aveva nella droga il suo core business. Ma si sa, i tempi cambiano e oggi la droga che nel codice di un malinteso onore dei criminali di camorra rappresentava un male da tener lontano dai territori controllati, oggi diventa la pressochè unica fonte di reddito dei nuovi criminali e dei nuovi piccoli camorristi che però minacciano di crescere.

Un nome, Francesco Tiberio La Torre, ormai non nuovo alle cronache giudiziarie; una tradizione, Augusto La Torre, capoclan che, tra bagni di sangue e scaltra abilità ha tenuto le redini della criminalità organizzata mondragonese per diversi anni.

E se Augusto era capo, certo Tiberio non poteva essere un soldato semplice. Per cui, dopo i problemi dei mesi scorsi, ce lo ritroviamo oggi al vertice dell’organizzazione che ha controllato lo spaccio a Mondragone nel periodo che va da agosto 2015 a maggio 2016. Su questo, i magistrati della dda che hanno chiesto ed ottenuto l’emissione di 14 ordinanze di custodia cautelare in carcere, di un obbligo di dimora (CLICCA QUI PER LEGGERE),

non avendo lo stesso riscontro per altri 4 indagati (Giovanni Grasso, 20 anni, Mondragone, Orlando Caterino, 44 anni, Mondragone, Maurizio Montano, 35 anni, Mondragone, Nvila Lika, 41 anni, Mondragone) che restano a piede libero.

Francesco Tiberio La Torre comandava il gruppo insieme a Salvatore e Vincenzo De Crescenzo, altre vecchie conoscenze della criminalità locale che avevamo incrociato un paio di estati fa nell’ordinanza costruita sulla collaborazione su Antonio De Lucia e di sua moglie, che per un periodo, durante le varie fasi di assestamento e soprattutto alle retate susseguitesi a Mondragone negli anni, avevano a loro volta coordinato le azioni criminali, in quel caso, non solo la droga, ma anche le estorsioni.

Una troika al potere, dunque. I due De Crescenzo e Francesco Tiberio La Torre si incontravano e pianificavano. Ognuno aveva il suo compito. C’erano gli esperti in fornitura di stupefacenti, Michele Degli Schiavi, Frederick Loka e Francesco Balestrieri; c’erano i soldati specializzati nella vendita diretta o nella distribuzione ad altri mini pusher delle varie droghe, cioè dell’hashish, della cocaina, del crack e della marijuana.

Attenzione, droga non venduta così, alla rinfusa, disordinatamente. Ma con un sistema, con una definita ripartizione, quasi a compartimenti stagni, delle diverse sezioni di vendita, il cui discrimine non era tanto costituito dalle zone territoriali, quanto dalla sostanza specifica. Dunque, c’era la filiera dell’hashish che si muoveva abbastanza autonomamente. Altrettanto quella della marijuana, della cocaina e del crack.

Nel capo 1 che è sempre quello esplicativo del reato fondamentale, quasi sempre associativo, contestato agli indagati, eseguita ieri mattina, ci sono i nomi di tutti gli arrestati. Viene omissato quello di uno degli indagati che al tempo, cioè in questo lasso già indicato che va da metà del 2015 a metà 2016, era minorenne. Si tratta, di Giovanni Grasso.

Tra gli indagati per associazione per delinquere c’è anche Nivila Lika, una 41enne albanese che però rimane a piede libero probabilmente per un rigetto della richiesta di applicazione della misura cautelare. Gli altri nomi sono quelli di cui già ieri abbiamo riferito le intere generalità e che comunque potete leggere nello stralcio qui sotto che riproduce esattamente le contestazioni del capo 1.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA