Nicola Schiavone, Iavarazzo e Raffaele Bidognetti. I tre super pentiti spiegano il clan nel processo sui Casalesi in Veneto

18 Dicembre 2022 - 17:18

CASAL DI PRINCIPE – Veneto e Casal di Principe. Una connessione che esisteva, anche senza la creazione di una vera e propria cellula del clan dei Casalesi.

Questo il concetto espresso da Nicola Schiavone, il figlio Francesco Schiavone Sandokan, nel processo relativo al potere del clan in Veneto e in tutto il Nord Est. 

Ho fatto affari con persone del Nord: Emilia Romagna, Toscana, Lazio“, dice il rampollo di famiglia, divenuto collaboratore di giustizia.

La testimonianza continua: “C’erano territori dove investivamo e ricevevamo denaro e altri dove operavamo come clan, quindi attraverso sub-appalti e gioco d’azzardo, per poi riciclare denaro. Conosco Eraclea (il centro criminale in Veneto). In passato potevo contare su appoggi in Veneto ma non me ne sono mai servito, non conosco Luciano Donadio (uomo chiave dell’inchiesta) personalmente, né Raffaele Bonanno ha mai consegnato soldi a me in persona. Ma la gente parlava con i referenti sul territorio, non direttamente con me, quindi con i cugini Bianco, Augusto e Cesare“.

Ricordiamo che questi ultimi due soggetti non sono imputati in questo processo. 

Nicola Schiavone ha anche spiegato ai giudici come il clan funzionasse oltre confine, fuori dal territorio casertano.

Avevamo due diversi tipi di cellule esterne: dirette, che mandavamo noi, e indirette, composte da immigrati al nord che facevano riferimento a noi, ma senza avere obblighi mensili: quando noi andavamo a nord si dovevano mettere a disposizione, in cambio della possibilità di sfruttare il nostro nome.

Se un nostro gruppo referente mette qualcuno fuori regione non è obbligato a dirmelo fino a quando non si creano problemi e non c’è bisogno dell’intervento del capo. Tra i casalesi c’è sempre stata questa libertà, nessuno era obbligato a dire nulla: io sapevo che chiamando i Bianco loro si sarebbero attivati, per il resto noi capi non dobbiamo per forza sapere tutto, non c’era un rapporto di dipendenza diretta“.

Nell’udienza hanno parlato anche Mario Iavarazzo e Raffaele Bidognetti, altri due soggetti importantissimi nella storia recente del clan dei Casalesi. Raffaele Buonanno, imputato centrale nel procedimento, non è interno al clan, questa, in buona sostanza, la dichiarazione dei due.