OMICIDIO DI MONDRAGONE. La pistola che ha ucciso era della vittima. I cinque profili FB con Zagaria, Setola e John Gotti. La foto con Carlo Di Meo e quella parola che gira
28 Aprile 2025 - 19:45

Nel 2018 Di Meo, effigiato con la vittima Luigi Magrino in una presunta trasferta a Bolzano, era stato arrestato per reati ambientali insieme al figlio di Augusto La Torre. Lo stesso Di Meo, nell’occasione, era stato difeso da Giovanni Zannini
MONDRAGONE – I primi riscontri delle indagini dell’omicidio avvenuto stamattina a Mondragone per mano dell’imprenditore Giancarlo Pagliaro, titolare del noto mobilificio Franchino Arredamenti aperto lungo la Domiziana e con un nome collegato all’identità del suocero di Pagliaro, hanno permesso di stabilire che la pistola con cui Pagliaro ha fatto fuoco era di proprietà di Luigi Magrino
Ciò apre degli scenari nuovi in quanto bisogna capire perché quell’arma sia finita nelle mani di Pagliaro, se c’è stata una colluttazione o se Pagliaro sia uscito dall’auto della vittima.
Per quanto riguarda il profilo di Magrino, emerge una psicologia complessa. A suo nome sono stati aperti ben cinque profili sul social Facebook. Ciò è avvenuto perché Magrino intendeva accoppiare la sua faccia a quella di notissimi personaggi della criminalità. In uno si vede la foto di Michele Zagaria, in un secondo quella di Peppe Setola – ed è tutto dire – in un terzo sorprendentemente quella di Nicola Cosentino, in un quarto quella del mitico gangster e capomafia John Gotti, mentre nel quinto c’è il suo volto.
Ma al di là di questo, ci ha colpiti una fotografia, quella che pubblichiamo in testa a questo articolo, in cui Magrino posa insieme a Carlo Di Meo. Stando a quello che scrive, quale didascalia della foto, ma il fatto va verificato, lo scatto sarebbe stato effettuato a Bolzano. Ma Carlo Di Meo, tra tutti i personaggi un po’ simbolici che mostrano un’impronta apologetica di Magrino per la grande criminalità, è quello che ha una valenza pratica più significativa.
Anni fa è stato infatti arrestato nel 2018 insieme a Francesco Tiberio La Torre, figlio del super boss Augusto La Torre per reati ambientali, legati ad una grande discarica abusiva gestita proprio da Carlo Di Meo in cui venivano sversati rifiuti non pericolosi. Il tutto in un terreno di proprietà della mondragonese Rita Ortese. Un procedimento in cui Carlo Di Meo è stato difeso da Giovanni Zannini, che al tempo era già consigliere regionale da tre anni (clicca e leggi il nostro articolo del tempo).
Per quanto riguarda le indagini, si lavora anche sui giorni che hanno preceduto il fatto di sangue. Qualche cliente del negozio di Pagliaro ha anche raccontato in giro di uno stato di grande frustrazione e di telefonate dai toni molto molto concitati. Se questo può aver avuto un senso, una connessione con ciò che è avvenuto oggi, si vedrà. Anche se a Mondragone gira di bocca in bocca una parola sola: usura.