ORE 19.38. ELEZIONI POLITICHE. Enrico Letta pronto a far fuori Oliviero per candidare Graziano che, per provare a raggiungere il quorum, spinge per Zannini al maggioritario dopo aver già convinto De Simone

2 Agosto 2022 - 19:48

Lo sponsor del consigliere regionale mondragonese è proprio Graziano. Non a caso, nell’ultimo anno, i due hanno stretto un vero e proprio sodalizio. Il partito di Calenda, qualora a decidere sarà l’attuale dirigente regionale Sommese, punterà su alcuni collegi realmente contendibili, quali, ad esempio, quello del Vomero e quello di Pozzuoli.

 

 

 

CASERTA (g.g.)  Più passano le ore, più aumenta il nostro lavoro sul campo, vissuto nell’interrogare dieci, venti, cinquanta, anche cento fonti e più possiamo avvicinarci, sempre con un quoziente di approssimazione, alla realtà dei fatti.

Allora, se abbiamo compreso bene, Stefano Graziano è convinto che il suo amico Enrico Letta farà fuori Gennaro Oliviero e Umberto Del Basso De Caro e gli metterà su un piatto d’argento la candidatura di capolista al proporzionale nel collegio della Camera comprendente le province di Caserta e di Benevento. E’ convinto e siccome è uno che ha tutti i difetti, compreso quello di essere ammanigliatissimo nelle stanze, ma, soprattutto nei retrobottega della politica politicante romana, non è affatto detto che abbia torto a sentirsi abbastanza sicuro del fatto suo.

Facendo quattro calcoli, se il Pd non raccoglierà almeno il 12% dei voti tra Caserta e Benevento, il seggio non scatterà. D’altronde, la volta scorsa, non scattò in prima battuta con il 10 e passa per cento. Stando sotto, dunque, alla quota del 12, il capolista di Caserta e Benevento potrà solamente sperare in quell’autentica lotteria rappresentata dall’assegnazione degli ultimi seggi utili attraverso il sistema dei resti in un collegio unico nazionale. In quel calderone finiranno tutti i voti riportati dal simbolo del Pd nelle due province suddette. Ma ci finiranno anche tutti quelli riportati dal simbolo di Calenda e anche tutti quelli raccolti dal simbolo presentato ieri da Luigi

Di Maio, al quale però, Enrico Letta ha dovuto prestare il sempre generoso quanto inossidabile Bruno Tabacci che, associando lo stemma del suo Centro Democratico a quello del ministro degli Esteri ancora in carica, consentirà a quest’ultimo di evitare quella che, in caso contrario, sarebbe stata l’obbligatoria e, allo stesso tempo, quasi impossibile raccolta di diverse migliaia di firme che, di converso, i partiti che hanno espresso un gruppo parlamentare o che stanno dentro insieme ad altri a un cartello che esprime un gruppo parlamentare, non devono raccogliere.

Se Calenda e Di Maio supereranno la soglia di sbarramento del 3%, cosa largamente probabile, soprattutto per quanto riguarda il primo, nel calderone del collegio unico nazionale, nel pentolone dei resti, i voti di Azione saranno ammessi al riparto e così anche quelli di Di Maio e Tabacci, qualora, come riteniamo un po’ meno probabile, anche loro dovessero superare la soglia di sbarramento. Ciò significherebbe che rispetto all’elezione del 2018, sarebbe più complicato per il Pd fare incetta degli ultimi seggi.

Quattro anni e mezzo or sono, infatti, il Partito democratico fu l’unico della sua coalizione a superare la soglia del 3%. Dunque, i recuperi con i resti arrisero tutti ai candidati dem. E fu attraverso questo sistema, con uno scarto rispetto alla soglia minima utile di poco meno di 2000 voti, che Piero De Luca, così come abbiamo già scritto nei giorni scorsi, riuscì, da capolista nel collegio proporzionale di Caserta, ad ottenere in extremis e per il rotto della cuffia, soprattutto grazie al risultato sopra la media provinciale ottenuto nei comuni in cui Gennaro Oliviero era candidato al maggioritario, un seggio in quel di Montecitorio.

Graziano, dunque, deve puntare a raggiungere il 12 o il 13% tra Caserta e Benevento. Può pregare i suoi santi protettori, ammesso e non concesso che ne abbia, che il voto di opinione vada a premiare il Pd più di quanto non lo premiò nel 2018. Ma se i dem dovessero muoversi sulle percentuali delle ultime elezioni, raggiungere il 12% costituirà un’impresa ai limiti dell’impossibile. Ciò in considerazione del fatto che, per fare posto a Stefano Graziano, significherà che Enrico Letta ha fatto fuori, come scrivevamo all’inizio, sia Gennaro Oliviero che Umberto Del Basso De Caro. Ecco perché il furbo teverolese ha lavorato sulla candidatura di Tommaso De Simone al maggioritario, Senato o Camera che sia; ecco perché Stefano Graziano (Dio li fa e poi li accoppia) è colui che sta operando molto di più di quanto non lo stiano facendo i vertici regionali del partito di Calenda, leggasi Sommese, per garantire a Giovanni Zannini la candidatura, anch’essa collocata in un collegio maggioritario casertano.

Il ragionamento è il seguente: se io faccio un accordo con Zannini, lui dice che si candida in quota Azione, ma in realtà trascina me e, dunque, il Pd nel momento in cui lui va a fare i voti nei comuni del suo collegio, le mie prospettive potrebbero essere più incoraggianti. Stesso discorso per Tommaso De Simone. Graziano punta sul fatto che si tratti del presidente della Camera di Commercio, carica che, per giunta, lui esercita da moltissimi anni.  In sostanza, Zannini e De Simone devono diventare funzionali alla necessità di Stefano Graziano di arrivare a quel 12, 13% che gli garantirebbe sicuramente l’elezione. E poco importa se non riusciranno, come è altamente probabile, stante il cammino in autonomia di Cinquestelle e di Matteo Renzi, al quale nelle ultime ore sembra volersi aggiungere anche Clemente Mastella, a essere a loro volta eletti. D’altronde, Graziano non ha mai pensato seriamente in termini ecumenici. Sa che Zannini ha maturato un’autostima ai limiti del surreale, al punto da ritenere di essere in grado di sovvertire ogni pronostico; sa che De Simone, non essendo un politico di professione, fa fatica ad assorbire tutti i meccanismi elettorali, tutte le proposizioni principali, ma, soprattutto quelle subordinate, e cerca di utilizzarli con funzioni gregariali.

Il problema è che, a quanto ci risulta, i ragionamenti che i vertici regionali del partito di Calenda stanno facendo, sono concretamente rivolti a chiedere e a ottenere candidature in collegi fortemente contendibili. E a questo cluster, già noto nelle segreterie nazionali dei partiti, appartengono quelli del Vomero, quelli di Pozzuoli e saranno queste le opzioni che Sommese porterà a Calenda. In poche parole, se ragioniamo attraverso la lente di osservazione di Zannini, questi è convinto, forte delle garanzie dategli da Graziano, di poter avere la candidatura in quota Calenda, facendo votare, però, poi, sottobanco per il Pd al proporzionale. Se, invece, guardiamo allo scenario con la lente del segretario regionale di Azione, Sommese, le possibilità di una candidatura di Zannini, diventano molto più remote.