OSPEDALE DI AVERSA. Morì per una diagnosi sbagliata. I figli risarciti di 285 mila euro

31 Ottobre 2018 - 18:30

AVERSA (luigi vincenzo repola) – Se siete amanti della tv verità e delle inchieste televisive, non avete potuto evitare di guardare il servizio del giornalista de “Le Iene” Gaetano Pecoraro sull’Asl di Caserta e sulle condizioni di sporcizia e degrado che da quasi un ventennio il dottor Nazario di Cicco denuncia. Una testimonianza che gli è costato il lavoro, prima del reintegro e del riscarmineto deciso dal tribunale (reintegro con mansioni diverse dal passato).

Se avete visto quel servizio, forse, non vi sembrerà così assurda la storia della signora Maria D.A., recatasi all’ospedale di Aversa con un dolore toracico e mai più tornata a casa.

Il29 giugno 2012, a causa di una diagnosi errata dei la signora Maria morì. Da quel giorno i figli Giuseppe, Francesco e Domenico hanno iniziato la loro battaglia per conoscere la verità sulla morte della madre, arrivando a citare in giudizio l’Asl casertana per il decesso della loro congiunta.

I pareri di diversi medici hanno dato ragione alla famiglia della signora Maria che riteneva la morte della loro madre fosse stata causata da un errore umano.

I cinque dottori, nelle conclusioni delle relazioni, convengono nel rilevare il “…mancato rispetto delle linee guida in caso di dolore toracico. Comportamento omissivo. Diagnosi errata che altrimenti avrebbe consentito la sopravvivenza in termini di elevata probabilità, anche prossima alla certezza“.

Alla fine, l’Asl di Caserta, proprio in seguito di queste relazioni medico-legali, ha deciso di liquidare la somma di 285 mila euro, come risarcimento dell’errore compiuto dal medico dell’ospedale di Aversa ( 150 mila euro dall’Asl e 135 mila euro dall’AMTRUST, compagnia assicurativa dell’azienda sanitaria casertana).

Cento cinquanta mila euro che avrebbero potuto essere virati per migliorare le attrezzature dell’ospedale di Aversa ma che, invece, sono serviti per andare a riscarcire, giustamente, una famiglia distrutta da un “comportamento omissivo“, forse ancora peggio di una diagnosi sbagliata.

Chiediamo quindi ai dirigenti dell’ASL: e se Di Cicco avesse ragione?