OSPEDALE CASERTA. I numeri, non le chiacchiere: ragionier Gubitosa, lei sta violando l’Atto aziendale vigente. Tra infermieri, OSS e tecnici una cifra record del 36% di carenza di organico

4 Marzo 2021 - 17:51

I 120 operatori, tra infermieri e OSS, nell’ultimo anno non compensano neppure la cifra di coloro che sono andati in pensione oppure collocandosi in altre graduatorie, scappando a gambe levate da quello che considerano una sorta di lager

CASERTA (g.g.) – Gaetano Gubitosa, direttore generale dell’Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano, è l’ennesimo prototipo di un meccanismo, di un metodo di selezione di alti dirigenti posti a presidio dei servizi più importanti che il settore pubblico eroga. Con tutto il rispetto per la sua persona e anche per il suo curriculum, non ci sembra di scorgere all’interno di questo titoli che possano giustificare la scelta di metterlo a capo di una delle aziende ospedaliere più importanti della Campania che continua, ormai immeritatamente, a fregiarsi del titolo di struttura sanitaria di “rilievo nazionale e alta specializzazione.

Perché uno, al limite del limite, può anche non essere un laureato in medicina, anzi, è meglio dire un medico, per svolgere il compito di direttore generale di un’Asl o di un’Aorn, ma deve possedere un contenuto curriculare di primissimo ordine, sia per quanto riguarda una formazione teorica, sia per quanto riguarda l’aspetto empirico, cioè i trascorsi di esperienza all’interno di una struttura sanitaria, trattando, beninteso, precisiamo e sottolineiamo, questioni

di tipo sanitario, magari anche di rango inferiore. Gubitosa non può sfoggiare né il primo, né il secondo di questi requisiti. Con rispetto parlando, non ci sembra che abbia conquistato un master in Management delle strutture sanitarie pubbliche alla Bocconi, alla Luiss o alla Normale di Pisa, o ancora a Bologna, alla Sapienza. Né si può considerare la sua esperienza da direttore amministrativo, vissuta con Mario Ferrante da Dg, una struttura curriculare di tipo empirico, concreto, pratico. Perché qui ci dimentichiamo che se proprio la politica politicante che la regione Campania ha sempre sviluppato sulla sanità, lo fa con De Luca, ma l’ha fatto anche in passato con Caldoro, Bassolino, Rastelli eccetera, rende ineluttabile il reclutamento di ronzini. Quantomeno, dato che stiamo parlando di un ospedale e non, per dirla alla De Andrè, di un consorzio alimentare, allora, mestierante per mestierante, ronzino per ronzino, almeno ci metti un medico. Ma allora i direttori sanitari che ci stanno a fare? E qui il discorso andrebbe sviluppato relativamente alla particolare abitudine, tipica dei ronzini, di accentrare ogni funzione, a partire proprio da quelle su cui si possiede il minimo di competenza o addirittura non se ne possiede alcuna.

I nostri lettori hanno sicuramente notato che da quando è dg il buon Gubitosa da Montemiletto, in pratica quasi un mio conterraneo, considerando che si tratta di un comune in provincia di Avellino vicinissimo a San Giorgio del Sannio, quindi alla provincia di Benevento, noi abbiamo scritto di meno rispetto alle cose del “Sant’Anna e San Sebastiano”. Abbiamo fatto nostro l’insegnamento dell’Ecclesiaste: c’è un tempo per ogni cosa. Oggi, di fronte ad una gestione, che non è furba, che non è disonesta intellettualmente, non è (fino a prova contraria) disonesta intellettualmente, ma è incredibilmente, disarmantemente inefficiente, inefficace, banale, stupidamente ragionieristica (la gestione), ci cadono veramente le braccia e non ci viene neppure l’estro che di solito attiviamo quando a capo dell’ospedale di Caserta ci sono soggetti che sprizzano cazzimma da ogni poro. Gubitosa non è un uomo di cazzimma, semplicemente c’entra con la gestione di un grande ospedale, come c’entrano i proverbiali cavoli con la merenda. Non è un vero manager per curriculum e non essendo neppure un medico gestisce l’ospedale come l’ufficio ragioneria di un supermercato.

Il problema è che Gubitosa congiunge la sua presenza al periodo più brutto, più pericoloso di questo secolo e anche di parte di quello precedente della sanità nazionale e dunque anche locale. Per cui, avere un ragioniere un po’ fantozziano in tante delle sue espressioni esplicative non è affatto divertente, ma anzi diviene autenticamente pericoloso, se non definitivamente esiziale.

Gubitosa è uno che ubbidisce allapolitica, come la magna pars dei suoi colleghi, per cui sta lì a tutelare, a presidiare le bugie, le ipocrisie e la mala gestione della stessa. In un Paese serio, in una regione seria, se un governatore, una giunta regionale approvano un Atto aziendale, cioè il supremo strumento di programmazione e regolamentazione di ogni linea strategica principale e secondaria di un’Asl o di un’Aorn, non ci ficcano dentro una montagna di cazzate. Se un governatore e una giunta scrivono che nell’ospedale devono operare 789 infermieri, affinché i servizi resi ai pazienti, ai malati, ai cittadini risultino sufficientemente efficaci, non è possibile che a tre anni di distanza dall’approvazione di quel Piano, gli infermieri-dipendenti dell’Aorn siano 585.

Ora, si può essere d’accordo o non d’accordo con la dotazione organica dell’Atto aziendale, ma il dibattito, se si deve fare, va compiuto ed esaurito al tempo dei lavori preparatori. Quando l’Atto aziendale viene approvato con tanto di delibera della giunta regionale questo diventa norma, quand’anche secondaria. E la norma va applicata.

E se questo non viene i responsabili, il presidente di Regione e il dg pro tempore Gubitosa vanno a casa, senza sé e senza ma. Ciò perché tu non puoi violare le previsioni di un Atto aziendale senza che intervenga una revoca dello stesso o di parte del medesimo.

Qualcuno, per caso, ricorda che nella parte in cui viene scritto che gli infermieri debbano essere 789, che gli operatori socio sanitari in servizio devono essere 231 e i tecnici di laboratorio 55, sia stata abrogata o anche solo emendata? No, non è stata né abrogata, né emendata. E solo in un posto di merda come il nostro, in cui vige il principio dell’inapplicazione del diritto, può capitare che ciò si consumi senza che nessuno se ne assuma la responsabilità, senza che nessuno ne paghi le conseguenze.

Al contrario, allegramente (si fa per dire), il buon ragionier Gubitosa da un lato continua in maniera sconcertante a fondere, ad unire e a ridurre la dotazione di reparti fondamentali quali sono senza dubbio le chirurgie, allo scopo di aumentare i posti letto covid, dall’altro lato elude la norma vincolante dell’Atto aziendale, visto e considerato che gli infermieri oggi sono 585 e, per giunta, tendono a ridursi e non ad aumentare, gli OSS sono poco più di 70 sui 231 previsti dal piano aziendale (sì, avete letto bene), mentre i tecnici di Radiologia sono 33, su 55 previsti.

Ricapitolando, il cosiddetto Comparto dell’ospedale civile di Caserta dovrebbe, per norma e per diritto, essere formato da 1.069 dipendenti distribuiti tra infermieri, OSS e tecnici di Radiologia, ma in realtà in servizio ce ne sono 688. In pratica, all’ospedale del capoluogo si registra una carenza di organico leggermente inferiore al 36%, più di un terzo del totale previsto. Sarebbe uno scandalo in tempi normali, figuriamoci cos’è adesso in tempi di covid. Il ragionier Gubitosa risponde alla necessità di questa biblica emergenza, accorpando i reparti. Ma non perché manchino i posti letto per i potenziali sintomatici covid, ma per cercare di far quadrare quello che non può quadrare, se non attraverso turni massacranti, mortificazioni materiali e morali, disorganizzazione totale, cioè una dotazione organica che con una carenza del 36%… A pensarci bene, dottor Gubitosa, neanche come ragioniere allora è buono.

Se poi lei non è in condizioni di praticare l’Atto aziendale o di percorrere la strada obbligata verso la sua applicazione, facendo semplicemente i concorsi per adeguare il numero di dipendenti del comparto a ciò che è scritto nel citato Piano e nella pianta organica, ne deve spiegare pubblicamente le ragioni. Si deve mettere lei, con Vincenzo De Luca, che magari lo invita ad uno dei suoi one-man-show del venerdì, e spiegate perché avete approvato un atto aziendale e poi ne violate vergognosamente i contenuti.

Poi dite che noi siamo amici del Nursing Up. La verità è che da più di dieci anni scriviamo di questo sindacato, perché al di là del fatto che ogni sigla prova a fare i propri interessi ed accrescere la propria platea di iscritti, questo è l’unico gruppo di rappresentanza che abbiamo visto combattere per la difesa di diritti di carattere generale e non solo riguardante i propri iscritti.

La ricostituzione di un livello di legalità accettabile nell’organico del Comparto costituirebbe un successo per tutte le sigle sindacali che, dunque, dovrebbero senza indugio affiancare in questo momento il Nursing Up, un sindacato che, nonostante gli attacchi e i tentativi di sabotaggio, vede crescere – non a caso – il numero dei suoi iscritti, con buona pace anche di chi gufa alle sue spalle. Quella di NU è una battaglia selettiva, di retroguardia, a difesa di interessi di bottega, riguarda, invece, i fondamentali di quella che dovrebbe essere la funzione di un sindacato che vuole definirsi tale. Quindi, non possiamo che esprimere un plauso al Nursing Up, che in questi giorni sta protestando vivamente e formalmente, per ottenere semplicemente quello che è dovuto, ripetiamo, quello che è dovuto alla dignità dei lavoratori.

E attenzione, queste dotazioni organiche sono state stabilite in un tempo nel quale neanche si sapeva cosa fosse il covid. Per cui sono approssimate per difetto.

Quando, infatti, in tanti ospedali del Nord è stato chiesto ed è stato ottenuto durante il 2020 un incremento dei dipendenti dell’area medica e del Comparto, ciò è avvenuto in aggiunta a piante organiche complete o migliori di quella dell’ospedale di Caserta. Perché, onestamente, riteniamo che un 36% di carenze non si registrava da nessuna parte prima del covid.

Ci sarebbe da scrivere ancora molto e lo faremo nei prossimi giorni. Magari partendo dall’ulteriore mortificazione a cui sono sottoposti i dipendenti del Comparto. Infermieri, Oss e tecnici che, oltre ad essere costretti a turni massacranti i quali non sempre riescono a fornire ai reparti un livello efficienza quantomeno passabile, sono pure vessati dal punto di vista economico. Si chiamano indennità e a breve ne tratteremo diffusamente.