OSPEDALE DI CASERTA. IL Dg Gubitosa spedisce i suoi ispettori nei reparti. Ma chi controlla il controllore?

5 Maggio 2021 - 18:30

Non sappiamo se la nostra è la dimostrazione teorico-pratica. Sappiamo invece che è un’argomentazione, opinabile finché si vuole ma dettasgliatissima sui veri motivi del degrado igienico e delle incredibili carenze relative anche a servizi fondamentali

 

 

CASERTA (g.g.) – Vien da dire: chi controlla il controllore? Giusta è l’iniziativa di controllare tutti i reparti dell’ospedale civile di Caserta in modo da tutelarne gli standard di pulizia e di igiene nell’accezione che questa parola ha nel mondo della medicina (in cui, non a caso, esiste anche una specializzazione post-universitaria che ti dà il titolo di medico igienista).

Per cui, in prima battuta, non si può non plaudire alla decisione, assunta dal direttore generale, di ordinare una vasta azione di controllo reparto per reparto, attraverso una sorta di commissione ispettiva capitanata da Mario Mensorio, direttore dell’Opsos (ex presidio ospedaliero), e dalla caposala Caterina Cusano, uscita pulita dall’indagine della Procura della Repubblica imperniata su Carmine Iovine, ma, aggiungiamo noi, non dalle brutte figure che certi comportamenti evidenziati da quella ordinanza le fanno fatto fare, almeno e per quel che conta, ai nostri occhi.

Dato a Gubitosa quel che è di Gubitosa, occorre un attimo ragionare sulla consistenza dell’iniziativa ispettiva per quello che dovrebbe essere il suo unico obiettivo: raggiungere buoni standard di qualità nell’assistenza ai pazienti, a partire da una decente abitabilità dei luoghi fisici di ricovero.

Un’ispezione può essere l’unico strumento per realizzare il citato obiettivo?
A nostro avviso, non può esserlo.
È utile solo se si tratta di una ispezione conoscitiva, ricognitiva, attraverso la quale l’azienda ospedaliera acquisisce una serie di informazioni, audendo il personale e ispezionando i luoghi fisici sulle pesanti carenze, ormai datate, di cui soffrono tutti, chi più chi meno, i reparti dell’ospedale.
Assodato questo, gli standard di operatività del personale, la cifra della sua produttività, diventano un anello della catena.
Ma un solo anello, non tutta la catena.

A quanto ci risulta, invece, le ispezioni sono meramente inquisitorie.
Ma ci risulta anche che il personale, un po’ in ogni parte dell’ospedale, gliene stia cantando quattro ai poveri ispettori di Gubitosa.
Dai carrelli porta-farmaci per terapie fino ai monitor dei pc guasti, che rendono ovviamente inservibile anche gli hard disk e i vari programmi. Tra questi ci sono anche i monitor per visualizzare i cosiddetti parametri vitali ai pazienti.
È, infatti, conquista degli anni ’50 la monitorizzazione h24 dei valori della pressione sanguigna, del battito, della frequenza cardiaca, del livello di ossigenazione.
Negli anni ’50 sicuramente funzionavano più monitor di quanti non ne funzionino oggi nell’ospedale di Caserta.
Ritornando ai carrelli, non si può nemmeno rifugiarsi nella proverbiale arte di arrangiarsi, perché molti di questi sono arrugginiti. Che dite, è buono portare un carrello arrugginito a mezzo metro da un carrello di degenza?

Vogliamo parlare poi dei mobiletti per custodire i farmaci? Le sedie rotte, i sanitari delle toilette disastrati, le porte sventrate, e potremmo continuare per ore.
Vabbé, queste sono carenze gravi, ma almeno gli standard di pulizia, immaginiamo abbia potuto dire Gubitosa, devono essere garantiti.

E lo vede che, come si suol dire, ce lo tira dalla bocca?
Lo vede che lei, pur essendo una brava persona, non dimostra di essere granché all’altezza nemmeno nella funzione, che pure ha svolto in passato, di direttore amministrativo, figuriamoci se può svolgere quella di direttore generale?

Fino a qualche tempo fa, il personale somministrato dalla ex Gesap, oggi Tim Service, contava su un numero di circa 120 addetti alle pulizie.
Ognuno di questi svolgeva un turno di lavoro di 6 ore, precisamente dalle 6 del mattino a mezzogiorno.

Oggi, gestione Gubitosa, non ci sbilanciamo sul numero degli addetti perché non abbiamo dati precisi, mentre ci sbilanciamo eccome sull’orario di lavoro, ridottosi da 6 a 4 ore.
Dall’intervallo 6-12 all’intervallo 6-10.
Da direttore amministrativo lei dovrebbe sapere come, in termini di micro-econometria, incida la grandezza del “monte ore”.
L’azienda ospedaliera, e non vogliamo entrare dentro al discorso delle motivazioni, ha letteralmente cancellato 240 ore per unità temporale, cioè relativamente ad una prestazione di lavoro per ognuno degli addetti impegnati.
Queste 240 ore potrebbero accumularsi in una sola giornata di lavoro se, nell’arco dei turni giornalieri, tutti i 120 entrano in servizio.
Ma se non sono 240 ore, sarà qualcosa in meno.
240 ore in un giorno sono 7.200 ore nei mesi di 30 giorni, 7.440 ore nei mesi di 31 mentre, per precisione, perché Gubitosa merita la nostra più attenta pignoleria, le ore sottratte alla causa della pulizia dei reparti nel mese di febbraio sono 6.720, con un incremento a 6.960 nell’anno bisestile.
Per cui, ragionando sul 2021, abbiamo 28.800 ore mancanti per i 4 mesi di 30 giorni; 52.080 per i 7 mesi con 31 giorni; 6.720 per il mese di febbraio.

Complessivamente fanno 87.840 ore perse in un anno.
Lei, Gubitosa, essendo un ragioniere dovrebbe saper far di conto e non dovrebbe portare a Napoli solamente le cifre dei tagli che, nel settore delle pulizie, sono stati molto pesanti, passando da circa 4 milioni di euro all’anno, ad una somma addirittura inferiore ai 2 milioni di euro all’anno.
Dovrebbe portare queste cifre a Napoli, ma accompagnandole con quelle relative al monte ore.

E attenzione, perché in questo caso le quasi 100mila ore tagliate in un anno non si ripercuotono solo sul salario dei lavoratori somministrati, che prima lavoravano 6 ore e oggi 4, ma anche e soprattutto, e oseremmo dire ancor più nefastamente, sugli standard di pulizia.
Perché con 100mila ore in meno lavorate in un anno, potrà mai l’ospedale esprimere una qualità di igiene uguale a quella precedente?
Se il discorso può essere, in pura teoria, remotamente possibile facendo leva sul fattore della produttività per unità marginale, è anche vero che l’ossatura degli addetti alle pulizie è quella di prima.
Ed avendo subito una decurtazione dei propri salari, quella produttività che potrebbe compensare in qualche modo il divario venutosi a creare nella espressione microenomica tra input e output, non solo non aumenta, ma è destinata a ridursi, visto e considerato che una persona, un precario, che riusciva a guadagnare 1100 euro, oggi, guadagnandone non per propria colpa, 900, diventa demotivato e dunque il danno, già ingente, diventa devastate se dentro al conto ci si inserisce, come doveroso che sia (come sa fare anche uno studente di 4° ragioneria) la cifra della produttività.

Ecco perché abbiamo detto che l’ispezione va bene se è conoscitiva e se è finalizzata a redigere un rapporto scientificamente serio con il quale aprire un confronto con la Regione Campania per cominciare a fare veramente i seri, per arrivare a un punto in cui ogni risorsa apprestata possa rendere conosciuto il numero della sua produzione, cioè la produttività.

Vedrà, Gubitosa, che quella pianta organica prevista nel Piano Ospedaliero Regionale, probabilmente non basterà neppure.
Ora, se lei ha capito che tutte queste carenze, enormi, preoccupanti per il futuro del massimo nosocomio della provincia di Caserta, vadano affrontate con un metodo serio, scientifico, dato che la scienza economica ci ha fornito degli strumenti per ragionare e valutare, allora noi potremo anche rivedere certi giudizi che abbiamo dato su di lei.
Al contrario, se ritiene che abbia un’utilità e che declini delle sue ragioni esclusive il fatto che mandi gente a controllare l’incontrollabile, allora in questa sorta di narrazione circolare, torniamo esattamente all’incipit dell’articolo: non sono i reparti che vanno controllati, ma il controllore.

Ma chi controlla il controllore?