Pen drive scomparsa dal covo del boss Michele Zagaria, poliziotto condannato per truffa e peculato

27 Giugno 2023 - 17:18

Il difensore Giovanni Cantelli, con una prescrizione alle porte per entrambi i reati, prepara l’appello.

CASAPESENNA. Quattro anni e sei mesi per peculato ed un anno e 8 mesi per truffa. Oscar Vesevo, il poliziotto accusato di aver fatto sparire una pen drive dopo l’arresto del capoclan dei Casalesi Michele Zagaria, dal covo di via Mascagni a Casapesenna, è stato, dunque, condannato dai giudici del tribunale di Aversa Napoli Nord, per due capi di imputazione. Esclusa, per lui l’aggravante mafiosa.

Difeso dall’avvocato Giovanni Cantelli, che si appresta a presentare appello, con una prescrizione che è alle porte sia per la truffa che per il peculato, Vesevo si è visto infliggere, dunque, una pena complessiva di sei anni e due mesi di reclusione per i capi A e D (per 8 delle 10 truffe è stata dichiarata l’improcedibilità), con esclusione, per tutti i capi d’imputazione, dell’aggravante mafiosa. Assolto, quindi, dall’accusa di corruzione – per la presunta richiesta di 50mila euro in cambio della pen drive che avrebbe contenuto i segreti del boss – e assolto, anche, dal reato di accesso abusivo ai dati informatici.

L’agente, che ha sempre respinto con forza l’accusa di aver fatto sparire potenziali prove dal covo del padrino di Casapesenna, finì sotto processo a seguito della testimonianza, resa ad inizio 2021, da Rosaria

Massa, la quale riferì che il giorno della cattura di Zagaria vide Vesevo prendere la pen drive.

Per il difensore del poliziotto, la Massa non è mai stata attendibile. La donna, secondo Giovanni Cantelli, non avrebbe mai potuto vedere Vesevo prendere quella pen drive, poiché la moglie di Vincenzo Inquieto, nipote di Zagaria e ritenuta colei che si occupava di comprare i viveri per il boss, sarebbe stata costantemente scortata da agenti, ovvero gli stessi agenti che non avrebbero visto Vesevo prendere la pen drive.