Ristoratore di MADDALONI truffa un suo fornitore per oltre 10.000 euro

7 Gennaio 2021 - 12:07

MADDALONI – Condannato al pagamento delle spese processuali, di duemila euro a favore della cassa delle ammende e con ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. E’ questo l’esito del procedimento giudiziario intrapreso da R.F., proprietario di un ristorante di Maddaloni. Questi aveva già incassato una pena per truffa, commessa nel maggio 2013, nei confronti di un suo fornitore di carni M.M. (costituitosi parte civile) al quale doveva risarcire anche il danno. Secondo le accuse R.F., titolare del locale e della relativa srl, aveva chiesto ed ottenuto da M.M. tre forniture di carni trasmettendo, per il pagamento, “prima una ricevuta di un bonifico mai eseguito, poi un assegno privo di provvista, ottenendo un profitto ingiusto pari ad oltre 10.000 euro“, come si legge nel dispositivo dei giudici romani.

Il titolare del ristorante tramite il suo avvocato difensore – continuano gli ermellini – ha presentato ricorso in cassazione per questi motivi: Sostiene che l’affermazione
della colpevolezza è stata desunta dall’essere egli titolare della società destinataria della merce, senza che vi sia alcuna prova che la abbia effettivamente ordinata e che la abbia lui personalmente ricevuta, tanto più che l’ordine è stato effettuato attraverso una mail ordinaria e non con una pec, e che il deposito della società a lui intestata si trova in MADDALONI alla via Libertà n. 4xx,

e non al n. 5xx, sì che l’imputato potrebbe essere stato a sua volta truffato da chi avrebbe trattato a nome della società a lui intestata: d’altronde la persona offesa non aveva mai avuto modo di conoscere il soggetto col quale aveva concordato le forniture.

Ma la Suprema Corte ha “smontato” il ricorso perchè le fatture erano effettivamente intestate alla società che gestiva il ristorante nonostante per gli ordinativi sia stato usato un altro nome, diverso da quello del ricorrente in Cassazione; perchè le carni erano state consegnate e mai contestate; perchè il numero civico era stato considerato ininfluente e perchè la truffa consumata da ignoti ed ipotizzata dal proprietario del ristorante “è stata avanzata esclusivamente dal difensore, ma non direttamente dall’imputato, che avrebbe avuto tutto l’interesse a illustrare di persona circostanze di fatto a sostegno di essa, nel contraddittorio con la persona offesa. Egli invece è rimasto assente per l’intero giudizio, nei due gradi del merito.