S.MARIA C.V. Il Palazzo Caporaso dove Merola vuole fare il super bar apre un cantiere con un permesso a costruire sospetto in quanto bocciato dal Tar e dal Consiglio di Stato

26 Luglio 2023 - 12:39

In sintesi, vi raccontiamo una storia legata all’inaugurazione, avvenuta ieri, della piazzetta Malatesta

S.MARIA C.V. (G.G.) – Si chiama Palazzo Caporaso e rappresenta, con ogni probabilità, la vera sostanza, il fatto più importante legato all’inaugurazione della piazzetta Malatesta realizzata ieri in pompa magna dall’amministrazione comunale nel cuore del popoloso rione Ventrone.

Palazzo Caporaso è una edificazione risalente, anche in questo caso con ogni probabilità – effettueremo ricerche storiche più precise – al 19esimo secolo. Si affaccia all’angolo tra Corso Aldo Moro e Corso De Carolis.

Trattasi, a quanto ci risulta, di un bene sotto vincolo della Soprintendenza per il quale poi, tutto sommato, non è fondamentale esercitarsi con le codifiche urbanistiche relative alle cosiddette zone A e B relativamente agli interventi effettuabili sulla sua volumetria.

La proprietà, partendo dalla famiglia Caporaso, è passata all’imprenditore Merola il quale, da un bel po’ di tempo, aspira ad utilizzarlo come location per un bar organizzato anche come luogo di intrattenimento.

Il rapporto tra Merola, il suo diritto di proprietà, i limiti di legge entro i quali questo si può esplicare e l’amministrazione comunale di S.Maria C.V., che di questi limiti è garante, sono molto complicati.

A guardar bene la foto del cartello che ieri si vedeva con chiarezza proprio in aderenza al cancello aperto dallo stesso Merola, le opere del cantiere in attività sarebbero frutto del permesso a costruire n.123 del 2009.

E ciò ha determinato in noi una reminiscenza, dato che essendoci occupati come nessun altro, già a partire dai primissimi anni di questo secolo, delle cose del comune di S.Maria C.V., ci siamo ricordati che il palazzo Caporaso era stato al centro di un contenzioso in cui erano intervenuti anche gli organismi della giurisdizione amministrativa, cioè Tar e Consiglio di Stato.

Siccome la questione è un po’ complessa, cercheremo di illustrarvela in un paio di articoli.

Oggi ci limitiamo a dire che nell’anno 2009 Merola ottenne effettivamente un permesso a costruire rispetto ad un immobile che aveva subito, negli anni successivi al 2003, quello del condono edilizio nazionale, modifiche discutibilissime, a partire da quelle costituite da una veranda in ferro, un vero e proprio pugno nell’occhio.

Quel permesso concesso, evidentemente, in maniera frettolosa, dall’amministrazione di Giancarlo Giudicianni, ritornò all’attenzione dell’ufficio tecnico due anni dopo, probabilmente quando il suo successore Biagio Di Muro si era già insediato o comunque quando Giudicianni non c’era più e al suo posto c’era un commissario.

Questo accadde quando Merola presentò una Scia per iniziare i lavori.

A quella Scia il comune non rispose immediatamente, ma solo perché, alla luce delle evidenti modifiche successive al 2003, si avviava a revocare il permesso a costruire concesso due anni prima sula traccia di un condono del tutto infondato.

Se ci permettiamo di sposare la tesi dell’amministrazione comunale in carica del 2011 è perché sia il Tar che il Consiglio di Stato dettero torto a Merola, il quale presentò un ricorso rispetto al silenzio del Comune rispetto alla Scia presentata e, siccome nelle more gli era stata notificata anche la revoca del permesso a costruire del 2009, anche dei motivi aggiuntivi che lo portarono a chiedere un pronunciamento positivo del Tar sia sulla questione del silenzio sulla Scia sia su quella della revoca del permesso.

Il Tar gli dette torto e così accadde anche nella sentenza definitiva del Consiglio di Stato. Di quel permesso del 2009 rimaneva intatto solo ed esclusivamente il diritto di costruire un sottotetto abitabile, mentre gli veniva bocciato l’allargamento di un locale commerciale, edificato dopo il condono nazionale del 2003, e tutte le altre opere. Conseguentemente, anche il cancello costruito ed attivato ultimamente.

Ora, come abbia potuto Merola utilizzare il titolo del permesso a costruire 123 del 2009, demolitogli all’80%, al netto del sottotetto per aprire questo cancello, ce lo potrà dire eventualmente il diretto interessato o anche l’amministrazione comunale.

D’altronde, non stiamo parlando di un nuovo permesso a costruire, che ci potrebbe indurre a pensare che magari, dal 2011 ad oggi, possano essere state modificate le norme vigenti. Ma se uno attacca il cartello che collega il cantiere ad un permesso a costruire opere, come il cancello, che il Tar e il Consiglio di Stato hanno considerato non edificabili, beh allora qualcosa di strano e che non funziona in questa storia c’è.

E quando qualcosa di strano e che non funziona aleggia su un procedimento amministrativo sapete bene, troppo bene, anche e sopra S.Maria C.V., cosa fa Casertace.