S.MARIA C.V. La panchina rossa dell’Ordine degli Avvocati contiene una frase firmata Shakespeare, che non è di Shakespeare. TUTTI I DETTAGLI ESEGETICI

26 Novembre 2019 - 18:55

Per tutte le violenze consumate su di Lei,
per tutte le umiliazioni che ha subito,
per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata,
per la libertà che le avete negato,
per la bocca che le avete tappato,
per le ali che le avete tagliato,
per tutto questo:
in piedi, Signori, davanti ad una Donna.

E non bastasse questo, inchinatevi ogni volta che vi guarda l’anima,
perché Lei la sa vedere,
perché Lei sa farla cantare.
In piedi, Signori, ogni volta che vi accarezza una mano,
ogni volta che vi asciuga le lacrime come foste i suoi figli,
e quando vi aspetta, anche se Lei vorrebbe correre.

In piedi, sempre in piedi, miei Signori,
quando entra nella stanza e suona l’amore
e quando vi nasconde il dolore e la solitudine
e il bisogno terribile di essere amata.
Non provate ad allungare la vostra mano per aiutarla
quando Lei crolla sotto il peso del mondo

Non ha bisogno della vostra compassione.

Ha bisogno che voi vi sediate in terra vicino a Lei
e che aspettiate che il cuore calmi il battito, che la paura scompaia,
che tutto il mondo riprenda a girare tranquillo.
E sarà sempre Lei ad alzarsi per prima
e a darvi la mano per tirarvi su
in modo da avvicinarvi al cielo,
in quel cielo alto dove la sua anima vive
e da dove,
Signori,
non la strapperete mai.

 

 

SANTA MARIA CAPUA VETERE (g.g.) – “Ipazia, chi era costei?”. Amiamo scherzare, anzi cazzeggiare, con la parafrasi della celeberrima frase pronunciata, meglio sarebbe ancora fatta pronunciare da Alessandro Manzoni a Don Abbondio dei Promessi sposi, in merito all’identità, sconosciuta al pavido sacerdote del filosofo greco Carneide. Perché qui la cosa bisogna pigliarla un po’ a scherzare dato che riguarda il conformismo che trionfa nelle nuove ricorrenze laiche e che diventa ancor più evidente, quasi grottesco, quando si esprime pubblicamente su questioni di enorme importanza, storici, enciclopedici, quasi eterni, qual è, ad esempio, la piaga della violenza sulle donne. Della serie: in molti, per spararsi la celeberrima “posa”, si mettono a fare i fenomeni, improvvisandosi esegeti e conoscitori della grande letteratura. Nell’epoca di Google, l’esercizio di questa attività è diventato, però, rischiosissimo. “Avanti Google“, infatti, le frasi dovevi trovarle sul libro, sul Bignami che bene o male ti dava garanzie sulle fonti. Oggi, in quel caravanserraglio di tutto e il contrario di tutto rappresentato dalla rete, la decisione non è certo una caratteristica quando si vuole scegliere una frase tratta da un’opera letteraria di un poeta o di uno scrittore.

Quelli della commissione Pari Opportunità dell’Ordine degli avvocati di Santa Maria Capua Vetere se la sono, come si suol dire, andata a cercare. In tutti i sensi, in maniera figurata ma anche in maniera letterale. Hanno scelto una frase, sicuramente bella, sicuramente ispirata da una non comune sensibilità e l’hanno appiccicata contro la panchina rossa inaugurata ieri davanti al tribunale sammaritano.

La notizia non è nostra, ma tratta da Il Mattino che, ultimamente utilizza molto il sistema, sempre deprecabile, degli articoli non firmati che, tecnicamente e giuridicamente, vanno ascritti al direttore responsabile, almeno che questi, dinanzi agli organi di polizia giudiziaria non verbalizzi una dichiarazione con la quale indichi il nome dell’estensore. Ma ciò capita quando ci sono querele di mezzo e non è questo il caso.

Quella frase, il cui testo integrale pubblichiamo in testa all’articolo viene associata al nome sublime di quello che forse è il più grande scrittore-drammaturgo ogni epoca: William Shakespeare. Il Mattino, che ovviamente di mestiere fa Il Mattino e che se fosse un giornale normale e se avesse i mezzi che ha avuto e che ancora ha, non avrebbe permesso a nessuno di mettere in piedi imprese concorrenti, non aggiunge, in pratica, altro al di là dell’affermazione che questa non è farina del pensiero e della scrittura del Bardo.

Siccome a noi piace occuparci di queste cose, possiamo dirvi che al 90% la frase – e per stabilirlo occorre trottare un bel po’ nella rete – è una traduzione di una cosa scritta e pronunciata della matematica e astronoma neoplatonica Ipazia. La terminologia, infatti, è contemporanea e dunque siamo propensi a ritenere che si tratti di una traduzione non letterale realizzata dagli autori del testo “Ipazia. Vita e sogni di una scienziata del IV secolo”, editore La Lepre, di Adriano Petta e Antonio Colavito, uscito nel 2013 con prefazione della matematica e astronoma più note nel XX° secolo, Margherita Hack. Abbiamo scritto 90% perché non abbiamo letto ancora direttamente la pagina del libro contenente la frase, quando lo faremo, il 90 diventerà 100, oppure 0.

Il discorso di Shakespeare è venuto (forse) fuori perché una compagnia teatrale che reca proprio il nome della scienziata greca, ha messo in scena negli anni scorsi una libera, anzi liberissima, interpretazione del Don Chischiotte di Miguel Cervantes. L’interpretatore, il regista e attore William Jean Bertozzo, ha preso il personaggio e la trasformato completamente e del don Chischiotte è rimasto solamente il nome. Durante la rappresentazione, questi, come si suol dire, spazia. E come se spazia, da Gianni Rodari, scrittore di favole per bambini a cui molto si ispirò il cantautore Sergio Endrigo, a Claudio Baglioni, passando anche per William Shakspeare. Siccome questa è una frase usata molto sia l’8 marzo, sia il 25 novembre, può darsi che nel bordello di Google si sia formata una convinzione che Bertozzo avesse recitato un verso di Shakespeare, magari adattandolo alla lingua di oggi, quando in realtà il Bardo in quel lavoro per altre frasi, mentre questa appartiene all’astronoma Ipazia, il che, essendo la compagnia teatrale intitolata proprio a lei, fornisce grande verosimiglianza a questa ricostruzione che, ripetiamo, è al 90%, in attesa della prova regina.