TRIBUNALE Decisione choc: “La detenuta ha patito la carenza dell’acqua potabile per 1602 giorni”. Scarcerata

7 Luglio 2022 - 15:51

Chissà se quegli allegroni del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, stanziati a Roma in via Arenula nel ministero della Giustizia, avranno letto questa notizia: sono cose indegne anche di un paese in via di sviluppo. La buonanima, ma davvero buonanima, di Marco Pannella ci ha speso, invano, una vita intera vissuta in nome della civiltà e del progresso, grandi sconosciuti nel bel Paese.

 

SANTA MARIA CAPUA VETERE La notizia avrebbe avuto un rilievo molto relativo, almeno per Casertace che, con molta serietà, centellina le news provenienti da altre province della Campania, dato che noi non abbiamo certo bisogno di “accappiare” click né con gli strilli da offrire in pasto all’umanità in perenne ricerca dell’identità che vaga in facebook, né attraverso investimenti economici  per acquistare priorità su parole chiave, nei motori di ricerca, a partire da Google, attraverso il sistema che gli addetti ai lavori conoscono come Sem. Siccome Emilia Sibillo, la persona che è stata scarcerata oggi dal penitenziario di Santa Maria C.V., è della provincia di Napoli ed è la moglie del boss Giuseppe Buonerba, questa vicenda non l’avremmo probabilmente selezionata neppure nella nostra sezione della cronaca regionale che, come detto, utilizziamo con grande parsimonia.

Il discorso è che la motivazione, espressa dal tribunale di sorveglianza di Santa Maria C.V. e grazie alla quale la donna è stata scarcerata, è molto interessante in quanto affronta una piaga antica e mai risolta di quella struttura carceraria: la scarsezza di acqua, la scarsezza dell’approvvigionamento idrico che, come potete ben intuire, in un carcere è veramente questione di sopravvivenza.

Figuriamoci in questi giorni di siccità cosa starà succedendo. La nostra non è né una deduzione, men che meno una congettura. Scrive, il magistrato della Sorveglianza: “Per 1602 giorni la detenuta ha patito la carenza dell’acqua potabile”. Significa che per 4 anni e 4 mesi Emilia Sibillo ha vissuto una condizione carceraria vessatoria e, per qualche aspetto non irrilevante, anche inumana, perché stiamo parlando di acqua e non delle razioni di vino Tavernello che vengono consegnate ai detenuti sperando che le bevano a vista e non le accumulino. Acqua che serve a lavarsi bene, che serve a nutrirsi. Ora, non è che il problema dell’acqua che a questo punto viene messo nero su bianco in un provvedimento ufficiale dell’autorità giudiziaria sia stata carente solo nella cella della Sibillo. Dovremmo, però, conoscere il testo dell’istanza da essa presentata, attraverso i suo avvocati, al giudice della sorveglianza per capire se contiene delle specificità non estendibili allo status degli altri detenuti o se, invece, come apparirebbe pure logico, se questa decisione potrà aprire la strada ad altri ricorsi, formulati sempre sul problema dell’approvvigionamento idrico.